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“The Rover”: cartolina post-apocalittica dall’Australia

The-Rover-posterdi Marco Chiappetta

TRAMA: Dieci anni dopo la fine del capitalismo, Eric (Guy Pearce), vagabondo silenzioso e violento, si lancia all’inseguimento della sua automobile, rubatagli da tre banditi, insieme allo sciroccato fratello di uno di questi, Rey (Robert Pattinson), lasciato per strada moribondo dopo una rapina e deciso a ritrovarli per vendicarsi. Lungo il tragitto, attraverso un’Australia deserta e apocalittica, questi due vagabondi solitari, legati dalla disperazione e dal comune desiderio di vendetta, scoprono la propria perdizione e quella dell’umanità, assistendovi inermi e anzi partecipando attivamente a un’orgia di violenza che non risparmia nessuno.
GIUDIZIO: Presentato fuori concorso a Cannes, il secondo film di David Michôd, già apprezzato per il memorabile “Animal Kingdom”, ripropone il suo sguardo nichilista, ultraviolento e distopico su un mondo alla rovina, governato dal caos, senza leggi se non quella primordiale del cane-mangia-cane, senza umanità, ragione, sentimento. Situata cronologicamente in un futuro prossimo e post-apocalittico, che serve da alibi per ogni esagerazione e ogni guizzo di grottesco, il film parla piuttosto della società di oggi, la società di sempre, della razza umana, che è animale, istintiva, brusca, rabbiosa, e lo fa con austerità, freddezza, cinismo, spietata lucidità, giustezza. Pur se spesso lo stile estetizzante della violenza, minimalista e iperrealista, tende a prendere il sopravvento sui personaggi e sullo sviluppo della trama, il film di Michôd è visivamente irresistibile, emotivamente conturbante, indiscutibile per meticolosità della messinscena e acutezza della riflessione. Pessimista, disturbante, non di rado ironico e divertito nel suo festival di brutalità, si colloca sulla scia di certo western moderno e post-moderno (Sam Peckinpah, fratelli Coen), restando comunque intimamente legato a uno stile, a un’identità australiana, a una visione del mondo personalissima che fa del suo autore una volta di più un cineasta da tenere d’occhio. Background paesaggistico (fotografia di Natasha Braier) e sonoro (musica protagonista di Antony Partos) davvero notevole, e ottima complicità tra i protagonisti, un eccellente Guy Pearce e un Robert Pattinson sulla strada della maturità. Geniale dualità del titolo, “rover” in inglese vuol dire ‘vagabondo’ ma è anche il nome generico che si dà ai cani (come ‘Fido’).
VOTO: 3,5/5