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“I racconti dell’oltre”/1

noirdi Brando Improta

Cos’è un racconto dell’oltre? E’ un racconto che mischia un insieme di elementi per regalare emozioni discordanti: un po’ di tensione, paura, angoscia, ma anche un pizzico di humor e, in particolare, un finale beffardo, che va oltre quello che si poteva immaginare, nel bene o nel male.
Sono quattro le storie che state per leggere. La prima racconta di un uomo, arrivato ai quarant’anni d’età, che scopre di non essere affatto felice con la sua consorte. Decide, così, come drastica soluzione, di eliminarla, scoprendo però che non è affatto facile.

 

“Uccidere una donna”

Giovanni era un giornalista piuttosto appagato dal suo lavoro, con uno stipendio soddisfacente, una bella casa e una moglie, Cristina, con la quale era sposato da cinque anni.
L’inizio del loro matrimonio era stato baciato dall’amore e dalla felicità, Giovanni si svegliava tutte le mattine con il sorriso sul volto e andava a dormire spegnendo quel sorriso sulle labbra della sua giovane e bella moglie. Ma con il passare del tempo anche la più bella delle routine può annoiare. Giovanni si sentiva sempre più oppresso, costretto da una vita sempre uguale a sé stessa, giorno dopo giorno.
Non che Cristina fosse una moglie insopportabile, anzi. Lo accontentava sempre in tutto ed erano rari i litigi. E forse proprio per questo motivo la loro relazione era diventata monotona e priva di stimoli. Unica fonte di allegria in casa era Achille, il loro cagnolino, comprato da Cristina un anno prima e al quale Giovanni si era particolarmente affezionato, probabilmente in cerca di un qualcun altro su cui scaricare l’amore che portava dentro e non riusciva più a riversare su sua moglie.
Fu così che, guardando un thriller di Alfred Hitchcock in televisione, Giovanni si decise a eliminare Cristina dalla sua vita. All’inizio era pura fantasticheria ma poi, pensando a quanto sarebbe stato lungo, costoso e sfibrante un divorzio, Giovanni si convinse la soppressione fisica di sua moglie era l’unica chance che aveva a disposizione.

La prima volta provò a causare un incidente. A casa, una lunga scalinata portava in soffitta, luogo dove Cristina si rintanava a dipingere quasi tutte le mattine. L’ultimo scalino vacillava da tempo, ma Giovanni si dimenticava sempre di accomodarlo, così colse la palla al balzo e, con un cacciavite, dissestò ulteriormente il parquet che ricopriva lo scalino, sicuro che tornato a casa avrebbe trovato Cristina in terra, con il collo spezzato.
Purtroppo, lo stratagemma non funzionò. Tornato a casa, infatti, Giovanni scoprì che sua moglie, stanca delle continue dimenticanze di suo marito, aveva da sé aggiustato quello scalino malmesso.

La seconda volta provò col veleno. Mise una piccola dose di stricnina (difficilmente rintracciabile nel corpo umano) in una tazza di thè, e si apprestò a portarla a Cristina, una domenica in cui lei sembrava particolarmente pigra e interessata alla lettura.
Non funzionò nemmeno il thè avvelenato. La pigrizia di Cristina si trasformò infatti in sonnolenza e la donna si addormentò prima di bere la sua stricnina al limone. Non solo questo, però. Svegliatasi di soprassalto da un incubo, infatti, la rovesciò facendo finire tutto in terra. Il cagnolino Achille si recò subito lesto sul posto a leccare quel thè finito in terra, morendo poche ore dopo di crepacuore.

Furioso e addolorato per aver provocato involontariamente la morte del suo amato cane, Giovanni decise di porre fine alla vita di Cristina una volta per tutte. Assoldò un killer, mettendo insieme parte dei suoi risparmi, per una modica cifra di cinquemila euro. Il piano era così stabilito: il killer sarebbe entrato in casa fingendosi un ladro, e avrebbe sparato a Cristina, di sabato pomeriggio, quando Giovanni avrebbe potuto dire di essere al lavoro.
L’ultima settimana prima di quel fatidico sabato Giovanni la passò in febbrile attesa. Per non parlare del pomeriggio di sabato: la redazione gli sembrava particolarmente silenziosa, così silenziosa da poter sentire attentamente i suoi pensieri. Si chiese più volte se provava rimorso per Cristina, ma l’unica cosa che sentiva in quel momento era eccitazione, quel senso di euforia che si prova poco prima di assaporare la libertà.
Giovanni tornò a casa, pronto a recitare la sua parte di marito disperato, non doveva far altro che chiamare la polizia, poi urlare, attirare l’attenzione dei vicini e poi piangere, piangere a dirotto finendo per chiudersi in quello che doveva sembrare uno stato di shock assoluto.
Aprii la porta di casa con cautela, aspettandosi di trovare il cadavere della moglie con un buco nel corpo e invece, la ritrovò lì, seduta e sorridente con la cena pronta in tavola.

Il giorno successivo, domenica, mentre Cristina era fuori con delle amiche, Giovanni continuava a ripetersi cosa poteva essere andato storto, come poteva un killer professionista aver mancato il suo obiettivo. Mentre rimuginava su queste cose, la portafinestra del suo studio si spalancò ed il killer apparve davanti a lui.
“Brutto idiota!” disse Giovanni alzandosi di scatto dalla sedia “Come puoi aver sbagliato? Non era oggi che dovevi venire, era ieri! Hai sbagliato giorno!”. Il killer lo guardò sorridendo, puntò la pistola verso di lui e rispose: “Non ho sbagliato giorno. E’ che, sai…”. Una pausa e poi continuò: “Tua moglie mi ha pagato di più”.

“I racconti dell’oltre”/2

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