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La ricerca della prospettiva giusta: gli scatti di Steve McCurry

Porbandar, Gujarat, India, 1983

Porbandar, Gujarat, India, 1983

di Gabriella Valente

Era la stagione delle piogge quel 1983, in India, quando uno di quelli che oggi consideriamo tra i più grandi fotoreporter di tutti i tempi trovò, in quei fiumi in piena, colmi di cadaveri, il punto di vista perfetto da cui osservare e immortalare quella realtà indiana: “Ho cominciato a lavorare con una barca per muovermi nelle strade inondate, ma è impossibile fare belle foto da quel punto di vista. Poi ho provato a scattare dai tetti, ma le inquadrature erano sbagliate. Alla fine ho capito che l’unico modo per lavorare era entrare in quel fiume marrone con le mie scarpe da tennis. In quel momento ho capito che solo così si trovano le foto”.
Quest’affermazione già basta a comprendere a cosa equivalga la fotografia per Steve McCurry. La fotografia è il rischio a cui si è disposti pur di assumere il giusto punto di vista sulla realtà. Assumere quel rischio richiede coraggio e determinazione. Non basta, per il fotografo, guardare la realtà dalla sponda di quel fiume, bisogna divenirne parte tuffandosi.

E McCurry, statunitense nato a Philadelphia nel 1950, si tuffò, fin dall’inizio della sua carriera, nella realtà, quando nel 1979, anticipando l’arrivo dei russi, immortalò gli scontri tra mujaheddin, guadagnandosi la Robert Capa Gold Metal.

1983. È in questi anni che le foto di McCurry mostrano quanto ci si debba sporcare le mani (e non solo) per riuscire a cogliere la perfezione in un attimo.

Cosa c’è dietro un attimo perfetto?

Weligama, Sri Lanka, 1995

Weligama, Sri Lanka, 1995

Gli attimi perfetti catturati da Steve McCurry nascondono un lavoro meticoloso sul posto. Innanzitutto uno studio attento e scrupoloso della luce, che può durare anche giorni: solo allora il fotografo decide di scattare. L’attimo giusto si presenta a chi ha pazienza. “Prima ho studiato i luoghi e le tecniche di pesca, poi ho trovato il posto giusto e cercato un punto di vista convincente e prima di scattare ci sono tornato tre volte: nel tardo pomeriggio, al mattino presto, dopo il tramonto. La luce che ho scelto è quella delle sette del mattino di un giorno con il cielo completamente coperto”. Quando scattare non è solo un click, ma assumere posizione, cercare la giusta prospettiva sulle cose, la propria prospettiva sulle cose. Quasi come se la responsabilità di quel click gravasse sulle proprie spalle.

Bombay, India, 1993

Bombay, India, 1993

Per giorni si può aspettare il momento giusto, ma è l’istinto che dice quando scattare o quando si deve assolutamente farlo. Ci sono occasioni che non si ripresenteranno una seconda volta: “Io ero fermato ad un semaforo in un taxi, loro erano fuori. Ho scattato solo due foto in pochi secondi, perché poi il semaforo è diventato verde e l’auto è partita. Mentre cammini le cose ci sono e basta, in quei momenti non c’è bisogno di nessuna ricerca e di nessuna attesa. Cogli l’attimo e basta”.

Sguardo attento sulla realtà, studio della luce ed istinto. Questi sono gli elementi fondamentali che fanno delle foto di Steve McCurry capolavori intramontabili. Tuffarsi nella luce della realtà per viverla il più intensamente possibile: è quello che lo rende un maestro insuperato.

Goa, India, 1983

Goa, India, 1983

Peshawar, Pakistan, 1984

Peshawar, Pakistan, 1984