Home » Fotograficamente parlando, News, Rubriche » I luoghi della memoria: lo spazio senza tempo di Mimmo Jodice

I luoghi della memoria: lo spazio senza tempo di Mimmo Jodice

11di Gabriella Valente

Ogni individuo nella propria mente l’immagine di un luogo caro, significativo. Quel luogo, grazie all’immagine che noi custodiamo gelosamente di lui, diviene uno spazio magico, mitologico, che va al di là di qualsiasi temporalità.
A partire dal 1990, uno dei più importanti fotografi italiani, metterà al centro della propria ricerca visiva la memoria, o meglio, i luoghi della memoria: quel fotografo è Mimmo Jodice.
Nato a Napoli nel 1934, originario di una famiglia umile, Mimmo Jodice comincia a scattare a partire dal 1968, collaborando con il gallerista Lucio Amelio.
I suoi primi lavori furono da lui dedicati a temi di interesse sociale: sanità, emarginazione, manicomi, droga; oltre che alla sua città natale, Napoli.

14L’opera compiuta a partire dagli anni ‘90 , ed intitolata Mediterraneo, si concentra sul ritratto dei luoghi della cultura del Sud, dedicandosi non solo a Napoli, ma a tutti quelli che sono e saranno sempre il simbolo e la culla della civiltà occidentale. Il fotografo accompagna dunque lo spettatore in un viaggio nella classicità, un viaggio in quel tempo perduto nella memoria. Quei volti, scolpiti nel marmo, conservano una dimensione sacra, quel legame indissolubile che ci lega a loro.
Luoghi e volti della memoria, memoria di volti e luoghi perduti nel mito.
Così la fotografia, più che un mezzo documentaristico per raccontare una cultura ed una civiltà perduta, diviene lo strumento attraverso cui ci si può ritrovare, facendo rivivere il mito di quel passato nella nostra mente.
Lo spazio fisico di quei luoghi è completamente impregnato del sapore eterno di quei racconti che ognuno di noi conserva nella propria memoria, come qualcosa che gli appartiene. È la nostra cultura, sono le nostre origini. Siamo noi.
27Nelle foto di Jodice, al centro della sua riflessione, si trova il rapporto sacrale con le radici e con la tradizione. La riscoperta di noi stessi parte dalla riscoperta di questa dimensione oramai dimenticata, tenuta viva solo da miti e leggende. La comprensione del quotidiano parte da qui, dalla memoria e dal passato.
Eppure, vi è in loro qualcosa di misterioso, di incomunicabile. Velati dall’evanescenza che li caratterizza, si lasciano raccontare ma non si svelano completamente.
Essi sono un mistero a noi noto. Di loro sappiamo tutto, eppure non sappiamo niente. Sentiamo di appartenergli, anche se non riusciamo a carpire il segreto che nascondono. Ed è proprio il riconoscimento di questo legame misterioso col passato il fine ultimo di questo viaggio fotografico.
L’opera del fotografo napoletano ci conduce alla scoperta di un’ archeologia del quotidiano, di una nuova dimensione del presente, radicata nella memoria di quello che siamo stati, nel rapporto mistico col mito e coi luoghi che lo rappresentano. Comprendere questo legame, vuol dire, in ultima analisi, comprendere se stessi e ciò da cui proveniamo.

3629