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Thich Nhat Hanh, poeta per la pace

Thích Nhất Hạnh

Thích Nhất Hạnh

di Lisa Davide

Una volta, Tito Livio scrisse che “una pace certa è preferibile e più sicura di una vittoria sperata”. Questa modernissima intuizione fa pensare al lavoro d’un uomo straordinario: Thích Nhất Hạnh. Nato a Nguyễn Xuân Bảo (Vietnam) l’11 ottobre 1926, ordinato monaco buddhista Zen a sedici anni, Thich ha prestato soccorso ai feriti durante la Guerra del Vietnam. Pur essendo vietnamita, egli prestò aiuti sia ai feriti statunitensi che ai suoi connazionali, fondando nel 1964 un movimento di resistenza nonviolenta “Piccoli corpi di Pace”; e questo fu il motivo per cui il proprio governo decise di esiliarlo nel 1969. I suoi viaggi per la promozione della pace, tuttavia, erano già iniziati. Nel 1967, infatti, si recò negli Stati Uniti per stringere amicizia con un altro grande simbolo della lotta alle ingiustizie sociali, Martin Luter King, il quale propose Thich come premio Nobel per la Pace.
Dal 1970 vive in Francia, dove nel 1982 ha fondato la comunità di Plum Village, composta da monaci e laici, vicino Bordeaux. Qui, l’attività di poeta è stata inarrestabile. Egli vede nella poesia un mezzo di comunicazione di ineguagliabile portata e con l’intensione che ogni persona debba avere l’opportunità di farne parte, il linguaggio è semplicissimo, poco forbito. Nel rispetto della tradizione della poesia orientale e, più particolarmente buddhista, Thich utilizza una metrica che pur essendo di sottile difficoltà, conferisce una sorprendente scorrevolezza alla lettura dei versi. Per lo più poco brevi, i componimenti non sono concentrati in un’unica o più raccolte poetiche. Essi sono spesso inseriti nelle opere in cui Hanh insegna “l’arte della consapevolezza”. I temi più ricorrenti sono il cammino per una pace consapevole, l’amore compassionevole e il pensiero libero dai “condizionamenti”.
Thich ha scritto oltre cinquanta libri, tradotti in tutto il mondo, per la promozione del Dharma (l’insegnamento di Buddha), la diffusione della pace e il dialogo tra le culture. Ogni ricavato del proprio lavoro e della comunità Plum Village è destinato alla ricostruzione del Vietnam, che porta ancora in modo evidente i segni del conflitto, sebbene terminato nell’ormai lontano 1975.
Hanh ha fatto ritorno nella propria terra solo nel 2005, tramite esplicito invito dello stato vietnamita, per tre mesi. Nel 2007 ha ripetuto quest’esperienza.

Chiamatemi con i miei veri nomi

Non dire che domani me ne andrò, perfino oggi sto arrivando di nuovo.
Guarda profondamente: ad ogni secondo arrivo, per essere un getto primaverile;
un uccellino, con piccole ali ancora fragili: sto imparando a cantare
nel mio nido nuovo;
per essere un bruco nel cuore del fiore; un gioiello che si nasconde
nella pietra.

Ancora arrivo, per ridere e per piangere, per avere paura e per sperare.
Il ritmo del mio cuore è la nascita e la morte di tutto ciò che vive.

Sono un insetto che si trasforma sulla superficie dell’acqua.
E sono l’uccello che si lancia per inghiottire l’insetto.
Sono una rana che nuota felice nella chiara acqua dello stagno.
E sono il serpente che, silenzioso, si ciba di rane.

Sono un bambino dell’Uganda, tutto pelle e ossa, le mie gambe esili come canne di bambù,
e sono anche il mercante che vende armi mortali all’Uganda.
Io sono la bimba dodicenne profuga su una piccola barca,
che si getta nell’oceano dopo essere stata violentata da un pirata.
E sono anche il pirata, il mio cuore ancora incapace di vedere e di amare.
Sono un membro del Politburo, con un enorme potere tra le mani.
E sono l’uomo che deve pagare il suo “debito di sangue” alla sua gente, morendo lentamente in un campo di lavori forzati.

La mia gioia è come la primavera, così calda che fa sbocciare fiori su tutta la terra.
Il mio dolore è come un fiume di lacrime, così vasto che riempie tutti i quattro oceani.
Per favore, chiamatemi con i miei veri nomi, perché io possa udire tutti i miei pianti e tutte le mie risa insieme,
perché possa vedere che la mia gioia e il mio dolore sono una cosa sola.
Per favore, chiamatemi con i miei veri nomi, in modo che mi possa risvegliare
e la porta del mio cuore sia lasciata aperta, la porta della compassione.