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Nazik al Mala’ika, la donna che rivoluzionò l’Iraq con la poesia

Nazik al Mala’ika (1922-2007)

Nazik al Mala’ika (1922-2007)

di Lisa Davide

Nel mondo arabo degl’anni ’40 del secolo scorso, per una donna non era molto semplice, un po’ come oggi, accedere all’istruzione, scegliere un lavoro, un marito. Tuttavia ci sono state delle donne speciali che hanno intuito il carattere inumano, inutilmente spietato, illegittimamente consuetudinario della condizione femminile in Medio Oriente. Certamente, come diceva Aristotele, una rondine non fa primavera, ma può far comprendere che la primavera esiste anche per chi non l’ha mai vissuta. Nazik Al-Mala’ika, nata a Baghdad il 23 agosto 1922, è stata una delle donne speciali di cui prima si è detto. E dobbiamo insistere con il definirla una donna speciale, prima di dire che è stata una poetessa straordinaria, perché è questo l’insegnamento più importante della poetica di Al-Mala’ika: se si vuole combattere un morbo, come il modo in cui vivono le donne mediorientali, bisogna combatterla con tutti i mezzi possibili. Per questo, una volta scelto di stare dalla parte della rivoluzione della condizione femminile in Iraq, la poetessa di Baghdad si è impegnata grandemente sia sul fronte della legalità, diventando un ottimo avvocato in difesa dei soprusi sulle donne, sia sul fronte della cultura studiando all’università della capitale irachena dove si laureò nel 1944. Ottenne, inoltre, una laurea in musica nel 1949 e una in letteratura nel 1959 presso l’Università del Wisconsin. Lavorò come insegnante di arabo,ma conosceva benissimo anche altre lingue come l’Inglese, il Tedesco, il Francese e il Latino e sfruttò sin da giovane questa abilità per tradurre grandi opere della letteratura internazionale e scrivere come critica letteraria degl’importanti trattati come“Issues of Contemporary Poetry” e “Psychology of Poetry”.  La sua prima raccolta poetica, “L’amante della notte” (A’shiqat Al-Layl ), apparve nel 1947, mostrando chiaramente quali sarebbero stati i tratti dello stile e delle tematiche che avrebbero reso i suoi versi riconoscibili ed inconfondibili. Al-Mala’ika prediligeva uno stile semplice dal punto di vista terminologico e retorico, ne risultava una sintassi non molto complessa ma resa asciutta e dura dai temi trattati. Ricorrono sovente immagini sulla morte, la voglia di ribellarsi alla politica irachena che affligge le donne e sono presenti continui rinvii alla notte che incarna la solitudine. E proprio tramite la scelta di un linguaggio piuttosto semplice ma raffinato come la poesia, la Al-Mala’ika è riuscita a far comprendere alle donne irachene la forza e l’importanza della comunicazione nella loro condizione esistenziale.

äÇÒß ÇáãáÇÆßÉ.jpgNon dimentichiamo che per rendere la poesia un mondo più accessibile anche alle donne che meno avevo usufruito dell’istruzione degl’insegnanti, la poetessa irachena operò una grande rivoluzione nella poesia araba, quella dell’introduzione del verso libero. Nello scegliere il verso libero piuttosto che quello sciolto, Nazik Al-Mala’ika intese conservare alcune strutture della rigida metrica araba, innovare un tradizione, facendo comprendere che così avrebbero dovuto fare anche le sue conterranee: per migliorare la propria vita, bisogna comprendere e ripartire dalla propria storia. La stessa vita di Al-Mala’ika può essere considerata un esempio di tutto ciò; basti pensare che entrambi i genitori aspiravano ad essere poeti, ma mentre il padre poté essere tale, la madre non riuscì a realizzare il suo sogno. E Al-Mala’ika ha desiderato così partire dalle vicende della madre cercando, attraverso se stessa, di poter essere una donna libera di esprimersi e di scegliere. La poesia che esprimerà meglio il suo dissenso verso la passività politica nei confronti di un miglioramento della condizione femminile sarà sicuramente “Orazione funebre per una donna insignificante” , nella quale la poetessa dirà addirittura che “La notizia si è dissolta nei vicoli | senza che il suo eco si diffondesse | e si è rifugiata nell’oblio di alcune fosse | la luna ha pianto questa tragedia”. Si tratta della stessa posizione ideologica confermata anche in un saggio del 1954 intitolato “Donne fra due estremi: passività e scelta etica”, uno dei vari saggi pubblicati dalla scrittrice su questo tema. Tuttavia l’opera che ha suscitato più scalpore fu “Schegge e cenere”(1949), opera poetica contenente una singolare prefazione nella quale si trovava una spiegazione del metro introdotto dall’Al-Mala’ika, per la nuova poesia araba. Nonostante i dissensi e gli scontri accademici che seguirono questa eccezionale pubblicazione, la poetessa riuscì a far valere la sua dignità di donna e poetessa, dando grande seguito al verso libero e dimostrando ancora una volta che la libertà di essere se stesse non è una vuota utopia ma un segno di grande maturità intellettuale, politica, sociale.

La poetessa araba nel 1961 sposò Abdel-Hadi Mahbouba, professore e suo collega nel College di Baghdad, con il quale collaborò alla fondazione dell’Università di Basra (Iraq). Dal 1970 visse in Kuwait, dove rimase fino a quando Saddam Hussein salì al potere nel 1990. Trasferitasi al Cairo, morì il 20 giugno 2007 per le complicazioni del morbo di Parkinson che da tempo indebolì la sua salute.

“Orazione funebre per una donna insignificante

Ci ha lasciati senza un pallore di gota o un fremito di labbra
le porte non hanno sentito nessuno narrare della sua morte
nessuna tenda alle finestre stillante dolore
si è levata per seguire il suo feretro sino a che non scompaia dalla vista
a eccezione delle poche persone che si sono commosse al suo ricordo.
La notizia si è dissolta nei vicoli senza che il suo eco si diffondesse
e si è rifugiata nell’oblio di alcune fosse
la luna ha pianto questa tragedia.

La notte non se n’è curata e si è trasformata in giorno
Quindi è giunta la luce con le grida del lattaio, il digiuno,
il miagolio di un gatto affamato tutto pelle ed ossa,
le liti dei commercianti, l’amarezza, la lotta,
i bambini che lanciano pietre da un lato all’altro della strada,
le acque sporche nei canali e i venti che giocano da soli con le porte delle terrazze
in un oblio pressoché totale.