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Ragioni e torti nell’Italia dell’eterno ritorno del mero e del vano

C_2_fotogallery_1021158__ImageGallery__imageGalleryItem_14_imagedi Mattia Papa

Il leader a 5 Stelle Beppe Grillo è tornato. Ovviamente no, non era mai andato via veramente. Ma di questo se ne sono accorti tutti. È tornato, e con il solito canovaccio contro il Pd e “l’incandidabile nano”. Il Grillo parlante – l’uomo che più di chiunque altro ha rappresentato e rappresenta tuttora l’insoddisfazione della popolazione italiana – ha ripreso la parola dopo diversi giorni di silenzio: durante il comizio finale della chiusura della campagna elettorale del candidato Cinque Stelle a sindaco di Roma, Marcello De Vito, il comico genovese si è scagliato contro Berlusconi, Bersani e tutta quella parte della popolazione che non fa spazio ai giovani curandosi solo della propria paura di cambiamento. “Quando sono stato a Brescia – ha detto Grillo – vedevo davanti pensionati che avevano davanti un anziano come loro. E’ per questo che Berlusconi viene votato. Un pensionato ha una vita tranquilla ed ha paura del cambiamento. Ma dietro di loro c’erano migliaia di giovani a cui hanno segato la vita. È la dimostrazione che il Paese è spaccato in due”. Ma il comico non poteva concludere soltanto così, lasciando fuori dalle critiche il “PDmenoL”: “Bastava votare Rodotà presidente e il nano andava in galera. Bastava votare Prodi. Ma loro, il Pd, non volevano”. Riferendosi poi all’ex segretario del Pierluigi Bersani: “Quando è venuto a elemosinare voti gli ho detto di dare indietro anche lui 48 milioni di euro, ma ha detto no. Gli ho proposto la legge sull’incandidabilità di Berlusconi, e niente. Bastava votare Rodotà e quello ora stava dentro”.
Come dargli torto? Il Paese è tornato vittima di Silvio Berlusconi, i giornali sono affollati dagli articoli dei suoi processi, la legge elettorale riceverà – al massimo – poche rifiniture; l’IMU è stato sospeso, Ruby afferma di “non ricordare” d’aver detto quello che c’è scritto nei verbali della Procura poiché la “memoria può fallire” e quindi tutti i verbali sono pieni di “cavolate”. Tutto perfetto. Per Berlusconi, s’intende.
Eppure, come non contestare lo stesso Grillo? I candidati 5S sono mesi che incassano lo stipendio da parlamentari e, a ben vedere, chissà che non stiano facendo voti alla Madonna per fare in modo che il governo Letta non sia sfiduciato giusto il tempo di continuare ad incassare in un mese quasi quello che guadagnavano in un anno. Dopo la carta Stefano Rodotà (e anche prima), quale strategia politica hanno saputo mettere in pratica, quali compromessi (perché di questo è perlopiù fatta la politica, il guru Casaleggio indubbiamente lo sa) hanno cercato pur di non far fare scacco matto – citando Grillo – al “nano”? E poi, ci vuole davvero cattivo gusto per continuare ad infierire sul corpo di un morto come quello del Pd e di Bersani, che per quante colpe possa avere, ha avuto il peggior partito di centrosinistra alle spalle nella storia del Paese in queste elezioni. Delle colpe del Pd è inutile discutere: il loro, non essendoci abituati, è stato un peccato di vanità.
ROMA MAYOR CAMPAIGNLa verità è che in Italia non vi è più alcun tipo di ragionamento politico: tutto ruota intorno alle questioni private di Berlusconi e questo non può far altro che fargli piacere. Tante volte è stato consigliato ai media e ai giornalisti da intellettuali di ogni sorta, paese e fazione di non accentuare il potere mediatico del Cavaliere favoreggiandolo anche con un’opposizione cieca e irascibile, facente solo il suo gioco.
In Italia di politica non si può parlare se non in tv e nei palazzi addetti. In tutte le altre strutture pubbliche, istituzioni e sedi varie ed eventuali, il discorso è proibito. Come se a votare, poi, non ci dovessero andare gli italiani che in quelle stesse strutture ci lavorano o ci studiano.
Invece di comprendere che la politica è ovunque, si cade nello sconforto per impotenza. Eppure in una repubblica democratica, la cosa pubblica è di tutti e quindi si è liberi di parlarne ovunque ed è un dovere, anzi, esserne ben informati (il che non significa dedicare pagine su pagine ai processi di Berlusconi). Democrazia? Quale democrazia? Quella sulla carta (o Carta, come si preferisce).
Il potere resta nelle mani di pochi, guarda caso gli stessi che poi riescono a farsi eleggere così da poter anche legiferare e mantenere il proprio potere, poi ereditato dai figli, dai nipoti e così via nei secoli dei secoli. Sembra più un’oligarchia, che una democrazia. Un’oligarchia delle peggiori, oltretutto, poiché acriticamente accettata dalla maggior parte dei cittadini (le elezioni di febbraio e gli odierni sondaggi nazionali parlano ben chiaro) manovrati come marionette grazie ad un do ut des di bassa lega (come ad esempio la restituzione dell’IMU) e buoni anestetici tipicamente capitalistici, i quali congelano la facoltà critica. Ci si riferisce ovviamente a tutta quella serie di vestiti griffati, cellulari hi-tech e oggettistica di contorno che ci fa sentire così ben accetti in società, senza passare per accettare se stessi ovviamente. Talvolta anche senza conoscersi. Una società che, per quanto se ne dica, è malsanamente, volgarmente e bassamente borghese: della peggior specie.
Immanuel Kant una volta disse che: “Da un legno così storto come quello di cui è fatto l’uomo non si può fare nulla di completamente diritto”. Chiedersi se il pensatore di Königsberg si aspettasse quanto oggi avviene in Italia e, anche se sottobanco, nel resto del mondo, è legittimo. E la sua risposta sarebbe stata indubbiamente positiva, poiché consapevole che gli uomini “non si comportano nel loro insieme in modo semplicemente istintivo, come gli animali, ma neppure secondo un piano prestabilito, come cittadini razionali del mondo”. Anzi: “non ho bisogno di pensare, se soltanto posso pagare: altri già si incaricheranno per me di questa fastidiosa occupazione”. Agli uomini piace vivere nel loro stato di minorità.
Nel frattempo Mazzarri è passato all’Inter e Benitez al Napoli. E questo conta, d’altronde.