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Pulp cinese sulla Croisette: “A Touch Of Sin”, esercizio di stile di grande suggestione

220px-A_Touch_of_Sin_posterdi Marco Chiappetta

CANNES – Non tutti i film sono uguali, e certo il film cinese in competizione, “A Touch Of Sin” (titolo originale: “Tian Zhu Ding”), di Jia Zhangke, ha la sua identità precisa, figlia di una cultura altra e di un altro mondo di valori. Un film complesso, tentacolare, camaleontico, costruito a scatole cinesi, una che nasconde l’altra: c’è Dahai, minatore esasperato dalla corruzione del suo villaggio e del suo capo, che decide di passare all’azione violenta, facendo piazza pulita; San’er, operaio immigrato, che, tornato a casa per il capodanno, utilizza la sua pistola per sfogare la sua insoddisfazione contro terzi; Xiaoyu, hostess in una sauna, che scopre sulla sua pelle la violenza degli uomini e si vendica di impulso; e infine, Xiaohui, giovane che passa da un lavoro all’altro, confrontandosi con un mondo arrogante e degenerato. Ogni situazione narrativa matura da semplice digressione a sottotrama, passandosi la staffetta attraverso una linea di contatto molto sottile, o forzatamente vacua, e finisce in un non compiuto, non detto, non spiegato. Niente di nuovo in ciò, se si pensa alla struttura matrioska anarchica e ironica di “Il fantasma della libertà” (1974), di Luis Buñuel; eppure il quadro della società cinese di oggi, violenta e meschina, in progresso economico e regresso morale, traspare da questi ritratti umani con una forza stilistica impressionante, un’estetica plastica di puro pulp asiatico, che esplode in orge di sangue spettacolari e travolgenti, violenze prima subite e poi restituite con gli interessi, e quasi sempre aneddotiche, descrittive o addirittura gratuite. Il sospetto dell’esercizio di stile è alto, ma se il film richiede un’attenzione particolare che forse non è mai abbastanza, si fa comunque seguire con piacere malsano: le atrocità verso l’uomo, la donna, il bambino e l’animale, ormai un cliché dei film d’arte di quest’epoca finalmente senza censura (ancora Buñuel anticipò i tempi), sono rappresentate con una magistrale asciuttezza, rivelatrice di una poetica. Eppure l’ambizione di partenza, non appagata da quesiti che restano tali, e il suo caos non sempre tenuto a bada, sono dei freni al processo di impatto, che resta più cutaneo che perpetuo.

Il regista Jia Zhangke insieme al cast del suo "A Touch Of Sin"

Il regista Jia Zhangke insieme al cast del suo “A Touch Of Sin”