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Ad un anno dal Manifesto per la Cultura del Sole 24 Ore, la riflessione sulla cultura come motore di sviluppo

nienteculturanientesviluppodi Stefano Santos

Un anno fa, il 19 febbraio 2012, sul supplemento culturale “Domenica” de Il Sole 24 Ore, usciva un manifesto che si intitolava “Niente Cultura, niente sviluppo”, che invocava una rivoluzione copernicana nel rapporto tra sviluppo e cultura e che i beni culturali e l’intera sfera della conoscenza tornassero a essere determinanti per il consolidamento di una sfera pubblica democratica, per la crescita reale e per la rinascita dell’occupazione.
Al fine di perseguire questi obiettivi venivano proposti cinque punti programmatici di azione: una costituente per la cultura, a partire dall’articolo 9 della Costituzione; strategie di lungo periodo che valorizzino la cultura e la ricerca, che devono ritornare al centro dell’azione di governo e non più marginalizzati come si è fatto finora, considerati come centri di spesa improduttiva; cooperazione tra i ministeri,quelli dei Beni Culturali, dello Sviluppo, del Welfare, dell’Istruzione, degli Esteri e con la Presidenza del Consiglio, in un’assunzione di responsabilità condivise per lo sviluppo; l’arte a scuola, il merito e la cultura scientifica, e cioè il radicamento, a tutti i livelli educativi, dello studio dell’arte e della storia per rendere i giovani custodi del nostro patrimonio, che non significhi la rinuncia alla cultura scientifica, di un cultura del merito che contribuisca da un lato a contenere la fuga dei cervelli, dall’altro ad attrarre altrettanti ‘cervelli’ dall’estero; la complementarità pubblico-privato, che implica un’apertura all’intervento dei privati alla gestione del patrimonio pubblico, sostenuta da un sistema di sgravi fiscali e di equità fiscale.
Cosa sia rimasto delle proposte del documento, a un anno di distanza dalla sua elaborazione, è stata affidata alle riflessioni formulate nell’ambito dell’incontro svoltosi alla Mostra d’Oltremare, padiglione 4, nell’ambito della manifestazione Spazio alla Responsabilità, moderato da Ottavio Lucarelli, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, e che ha visto la presenza di diverse personalità del mondo culturale sia campano che nazionale. La discussione è stata introdotta da Armando Massarenti, direttore del supplemento “Domenica” de Il Sole 24 Ore e tra i principali promotori del manifesto, che ne ha preliminarmente esposto i punti e ha poi tratto diverse considerazioni, quali la tendenza dei Governi ad abbassare, a rendere secondaria la discussione sulla cultura, il dato allarmante dell’analfabetismo funzionale (dalle ricerche di Tullio De Mauro) altissimo rispetto agli altri paesi industrializzati, la penuria dell’insegnamento pratico nel sistema educativo italiano, tradizionalmente improntato al nozionismo e alla teoretica e la consequenziale incapacità di tradurre nella prassi quanto appreso nello studio. Da ciò, la necessità di insistere sulla questione della scuola e di considerare la cultura come valore intrinseco e trasversale, non solo come un potenziale mercato da cui trarre un ritorno economico.
vudusydjvnliw1jw4ewnwgqo20120422192728E’ seguito l’intervento di Lucia Nardi, responsabile delle iniziative culturali ENI, in cui ha fatto emergere diverse criticità, quali il progressivo sgretolarsi del filo tra la politica e le istanze del manifesto, formatosi nel periodo immediatamente successivo alla pubblicazione e che vide la partecipazione di tre ministri del Governo Monti (Ornaghi, Passera, Profumo), che dichiararono che sarebbero state punti all’ordine del giorno nelle riunioni del Consiglio dei Ministri, l’insufficienza di proposte e di intenti nei programmi elettorali dei partiti (PdL e M5S per la precisione), e, dal punto di vista formale, la ‘staticità’ del manifesto, per il suo essere participio passato e il suo non essere dinamico.
Ulteriori nodi di riflessioni sono giunti dal contributo di Pierpaolo Forte, presidente della fondazione DonnaRegina, il quale parte da un’interpretazione allargata dell’art. 9, che individua nella Repubblica il soggetto promotore dello sviluppo della cultura, della ricerca e della tutela della paesaggio e del patrimonio, che non si identifica con il solo Stato inteso come apparato-ordinamento, ma con la collettività tutta, intendendo che questi compiti debbano gravare sulle spalle di ognuno, aprendo così all’intervento di privati, con il superamento della pregiudiziale che debba essere necessariamente il funzionario pubblico a curare l’interesse generale.
Un video, girato da Legambiente, con protagonisti Eugenio Bennato, Neri Marcorè e Ottavia Piccolo ha anticipato nei temi la riflessione di Anna Savarese, vicepresidente della Legambiente campana, che si è incentrata sulla parte del paesaggio e la sua tutela, con la declinazione di ‘Cultura’ come Bellezza e l’unione di etica ed estetica.
Proseguendo, Vincenzo Lipardi della Fondazione IDIS – Città della Scienza, non senza preliminari notizie sullo stato di Città della Scienza, ha parlato di una Terza rivoluzione industriale, tutta imperniata su una circolazione rapida e dinamica della conoscenza che si è realizzata all’estero (i casi esemplari dei paesi scandinavi) ma non in Italia, dove tende a persistere lo iato tra cultura scientifica e umanistica, un tema che poi verrà ripreso dall’intervento finale di raccordo di Massarenti, il cui lamenta dell’eccessivo peso che hanno avuto le concezioni crociane, diffidenti verso la matematica e le scienze sperimentali, diventate preponderanti in Italia soprattutto con la riforma gentiliana del sistema educativo italiano e la centralità del liceo classico, con una sostanziale smantellamento delle strutture di ricerca osservato nei primi anni settanta e già allora visto con gran preoccupazione. L’intervento è proseguito ribadendo la priorità di politiche rivolte in questo senso a livello nazionale, pur nella generale disattenzione mostrata sia dalla politica che dalla società in generale.
A conclusione, si è posto Luigi Maria Sicca, professore di organizzazione aziendale e gestione delle risorse umane presso la Federico II, il quale, partendo dalla traduzione greca di arte, cioè tèchne (la perizia, il saper fare) ha proposto una ‘filiera integrata della scuola’, in cui vi sia unitarietà nella creazione di artisti e di cittadini. Le ultime considerazioni, già riportate, di Massarenti hanno chiuso l’incontro.