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Sanremo 2013: vince Mengoni, EELST premiati dalla giuria. Un festival non all’altezza del suo compito

Marco Mengoni, vincitore Sanremo 2013

Marco Mengoni, vincitore Sanremo 2013

di Brando Improta

Si è conclusa ieri sera la sessantatreesima edizione del Festival di Sanremo, il festival della canzone italiana.
Un’edizione votata al ringiovanimento, alle novità nella formulazione delle regole di gara, ma che è stata forse una delle più fiacche degli ultimi anni.

La conduzione di Fabio Fazio e Luciana Littizzetto ha rasentato l’irritante: il primo, al suo terzo festival, molto meno brillante dei tempi in cui era al timone di “Quelli che il calcio”; la seconda estremamente logorroica, dalla parlantina insostenibile per uno spettacolo di oltre quattro ore.
Certo, il tandem in alcune occasioni: la Littizzetto ha dimostrato di saper essere donna intelligente durante il monologo della terza serata, Fazio molto umile nei confronti degli ospiti. Ma, in generale, la coppia sembra più adatta al palinsesto della terza rete Rai, perché l’ammiraglia ha un pubblico più vasto, regole più rigide, e le varie battutine affettuose scambiate dai due conduttori alla lunga stancano, facendo sorridere ben poca gente.

Ma la grande novità di quest’anno è stata la scelta di far concorrere ogni cantante con due brani. Nelle prime due serate, infatti, i quattordici campioni in gara si sono esibiti in due canzoni, lasciando al pubblico da casa e alla sala stampa il compito di scegliere quale dei due pezzi avrebbe gareggiato per la finale. Eppure, il problema di questo format non sta tanto nell’idea di partenza, quanto nel fatto che nessuno dei campioni in gara abbia portato due brani incisivi, ma solo uno, con l’altro facilmente eliminabile e rapidamente dimenticabile.
Anche la modalità del televoto forse non si è rivelata adatta: il pubblico, costretto a scegliere fra due canzoni appena ascoltate, spesso non si è dimostrato all’altezza del compito, facendo passare il brano sicuramente meno incisivo fra i due proposti (come nel caso di Maria Nazionale o Malika Ayane).
Dopo cinque serate del festival, inoltre, la memoria del pubblico riservata alle canzoni scartate è piuttosto scarsa.

Elio e le Storie Tese sul palco dell'Ariston durante la serata finale

Elio e le Storie Tese sul palco dell’Ariston durante la serata finale

Venendo ai campioni in gara: una volta il parametro per ammettere alcuni artisti nella principale categoria del festival era quello di aver consegnato alla storia della musica almeno tre album. Oggi, questa regola è evidentemente in disuso se si guardano a tutti i cantanti ammessi senza una vera e propria “gavetta” alle spalle: Marco Mengoni, Annalisa, Chiara Galiazzo, i Modà, Simona Molinari.
Qual è la giustificazione per aver accettato nella sezione dei Big tutte queste nuove leve della musica? Sicuramente quella di aver venduto, pur nel breve spazio di appena uno o due album, molte copie e di avere uno stuolo di adoranti ai loro piedi. Alcuni di essi sono stati lanciati dai Talent Show, altri proprio da Sanremo.
Cosa deve aver pensato Simone Cristicchi (anch’egli in gara), che nel 2006 fu costretto a presentarsi fra i Giovani nonostante avesse pubblicato un album di grande successo? Ma soprattutto cosa avranno pensato artisti del calibro di Gino Paoli, Alex Britti, Anna Oxa, Tosca, Francesco Nuti, Ornella Vanoni per essere stati scartati in favore dei “nuovi campioni”? Sicuramente qualcuno potrebbe dire che è il valore della canzone ad essere scelto e non l’artista che lo propone, ma a sentire i brani in gara davvero pare impossibile credere che fossero i migliori.
La cosa diventa ancora più incredibile se si pensa che Antonio Maggio, vincitore della categoria Giovani, è il vincitore della prima edizione di X-Factor (all’epoca nel gruppo Aram Quartet). Insomma, sembra una vera e propria invasione di giovani dal fattore X in più – ancora non chiaro ai più.

Asaf Avidan

Asaf Avidan

Rara soddisfazione di questo Sanremo sono stati gli ospiti: c’è stata infatti la possibilità di vedere all’opera veri mostri sacri della musica internazionale come Caetano Veloso, Andrea Bocelli, Stefano Bollani, Asaf Avidan, Anthony and the Johnsons e James Senese. Poi c’è stato Maurizio Crozza, che (senza entrare nel merito della contestazione ricevuta) è apparso poco a suo agio sul palco dell’Ariston, riproponendo imitazioni già viste tante volte su La7, venendo superato in comicità e simpatia sia da un esplosivo Claudio Bisio che da una breve apparizione di Neri Marcorè.
Sorvolando sulle presenze esornative delle varie Bar Rafaeli e Bianca Balti, plauso speciale va riservato ad un Beppe Fiorello capace di una performance teatrale e canora di grande impatto, all’inizio della seconda serata.

Infine, arriva il momento delle votazioni, ma il pubblico da casa ha già scelto il suo beniamino. Vince infatti scelto Marco Mengoni, con una canzone che riprende titolo e ritornello di una vecchia hit di Max Pezzali (possibile che nessuno se ne sia accorto?). E così, tutte le orecchie che mal tollerano il falsetto e gli urletti, che oggi fanno tanto cool, è rimasto il contentino di vedere la geniale canzone di Elio e le Storie Tese che ha ricevuto il Premio della Critica Mia Martini e il Premio al miglior arrangiamento.
E dire che non mancavano canzoni di notevole livello: in gara c’erano Daniele Silvestri con una bel brano di denuncia, il jazz melodico di Raphael Gualazzi e i brani spiritosi di Max Gazzè e Simone Cristicchi. Ma è evidente che il pubblico televisivo, assuefatto dai talent e dai reality, non ha potuto fare a meno di premiare i loro beniamini, meteore destinate a incidere molto poco nella storia del festival (qualcuno ricorda i passati vincitori Marco Carta e Valerio Scanu?). Più “sincera”, forse, la top five della Giuria di Qualità presieduta da Nicola Piovani che vede al primo posto Elio e le Storie Tese e a seguire Malika Ayane, Raphael Gualazzi, Daniele Silvestri e Max Gazzè.

Eppure, questo Sanremo numero 63 ha fatto grandi ascolti, migliori del precedente e, nel caso della seconda serata, i migliori dall’edizione del 2000, condotta dallo stesso Fabio Fazio.
Come a dire: la quantità c’è stata. A quando la qualità (riconosciuta e premiata)?