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Il Corpo di Napoli sfregiato dall’incuria

di Danilo De Luca

Inurbandosi per via San Biagio dei Librai, antica stradina che ha accolto i natali del filosofo Giambattista Vico, si giunge a Largo Corpo di Napoli, prosecuzione della contigua piazzetta Nilo. Quest’area ospitava, in epoca paleoromana, la vivace comunità egiziana, che si estendeva sino al Grande Cardine di Mezzocannone, e da essa assunse il nome di Vicus Alexandrinus.
I mercanti egizi, con l’intento di accattivarsi la generosa prodigalità del dio Nilo, necessaria al sostentamento del regno d’Egitto e soprattutto del suo commercio, eressero una statua in suo onore. La figura ritrae l’imponente divinità distesa sul fianco sinistro, seminuda, circondata da putti che simboleggiano gli affluenti del fiume, mentre con la mano destra sostiene una cornucopia, emblema della fertilità. La divinità si poggia su una piccola sfinge, orgogliosa esaltazione della fusione riuscita di due grandi culture, quella egiziana e quella greca.
L’aggressività del tempo danneggiò la statua, privandola del capo; così un cronista del XIII secolo, fuorviato dalla presenza dei putti, sostenne addirittura che la figura rappresentasse una donna con i figli, donde nasce il toponimo “Corpo di Napoli”. L’incuria sommerse la scultura fino al suo ritrovamento nel 1476. La statua fu restaurata e collocata nel Largo Corpo di Napoli nel 1647. La testa, ora, ha una linea barocca, con una barba fiammeggiante, mentre l’originale doveva avere una testa con acconciatura egizia e finta barba tubolare. Poggia sopra un basamento a sezione regolare che reca sul fronte una lapide con iscrizione latina apposta nel 1734, che narra le vicissitudini dell’opera.
Un’altra interpretazione attribuirebbe il toponimo “Corpo di Napoli” al sito, che è al centro della città di Napoli: i napoletani sogliono infatti metterla in relazione alla statua del Sebeto, sita a “capo Partenope”.
Oggigiorno la sfinge, ridotta ad un’accozzaglia di macerie, compare oramai solo nelle cartoline d’epoche più felici, mentre l’iscrizione è a stento leggibile. La statua del Nilo, testimonianza di una città millenaria, come gli altri tesori di Napoli, riversa in un irriguardoso degrado che l’ha resa anonima, quasi riluttante agli sguardi dei turisti. La città, che si appresta a celebrare il Forum Universale delle Culture nel 2013, dimostra, purtroppo, di non aver alcun riguardo per la propria.