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L’Italia volta la carta e si vede il villano: quando è necessario dimostrare ciò che si è

di Mattia Papa

La ridiscesa in campo di Silvio Berlusconi di diversi giorni fa sul suolo politico italiano ha creato non poco terrore tra le forze governatrici interne ed esterne al nostro Paese. Tutta l’Europa è stata attraversata da un brivido di freddo lungo la colonna vertebrale. Gli sforzi che il popolo italiano ha fatto per riacquistare la propria dignità persa in un ventennio di mascherata dittatura finita nella volgarità e banalità del suo leader, sono stati tutti vanificati in quell’unica giornata in cui il Pdl si è lustrato ai piedi del suo re incoronandolo per l’ennesima volta. Ricattato il premier con una eventuale sfiducia, il Cavaliere ha poi cercato di tenere per il guinzaglio il professor Monti lasciandogli il minimo necessario per mantenere viva la “strana maggioranza” che ha caratterizzato l’attuale governo. Soddisfatto il suo patologico bisogno di stare al centro dell’attenzione guadagnando le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo, l’ex premier ha in pochi giorni fatto vacillare quello per cui l’Italia ha stretto la cinghia per un anno meditando sui suoi stessi errori. Le dimissioni pre-annunciate di Monti dopo il voto per la legge di Stabilità hanno, però, bloccato l’escalation del padre-padrone pidiellino, riconsegnandolo – questa volta in chiave definitiva – al ridicolo circolo dei pagliacci e delle brutte figure di chi lo accerchia. A dare il colpo di grazia, la celebrazione al vertice del Ppe della funzione funebre europea del Cavaliere conclusasi con il categorico “no” ad un “dialogo” con il vassallo Alfano e il suo finalmente domato signore dopo una eventuale candidatura da parte di Monti. Una discesa in campo che sarebbe sicuramente più ben vista in Europa rispetto a quella di Berlusconi. Anzi, è preferita anche rispetto ad un governo di centrosinistra. Il problema risiede nella totale assenza di stima nel valore degli italiani – i quali potrebbero ricadere in vecchi “ardori” che l’Ue non può più permettersi e, quindi, permetterle – da parte dei leader stranieri. Di facciata le parole della Merkel (“Ho fiducia nella scelta degli italiani”) che ha poi chiuso la “bara” del Cavaliere. Un controllo spropositato dell’Europa sulla nostra politica? Per il momento possiamo solo ringraziare Bruxelles per aver risolto un problema al quale avremmo dovuto provvedere da noi insieme ai nostri politici, totalmente incapaci di un’opposizione altrettanto forte e calcolatrice. La discesa in campo di Monti sembra, quindi, un punto di svolta necessario: sconfigge Berlusconi, salva l’Italia dal default, risana l’immagine nazionale, sconfigge di nuovo Berlusconi, è ben voluto dal resto dei leader mondiali. Il leitmotiv che da mesi tormenta le forze politiche italiane e mondiali, rassicura l’estero, però inquieta l’interno dello Stivale. Il Pd infatti si è sentito non poco messo alle strette dal gioco europeista di Monti, e la ridiscesa in campo di Berlusconi lo ha spronato a manifestare la sua incapacità a mantenere acceso il dialogo politico per più di pochi giorni. E per quanto le parole di Bersani (“Verrebbe una tentazione. Di fare anche dal nostro lato un po’ di giravolte. Ma io sono esterrefatto del tentativo di Berlusconi, con una giravolta di avere le prime pagine dei giornali”) abbiano un fondo di verità, è inutile nascondersi dietro il grande risultato che sono le primarie. Certo, sono probabilmente il risultato politico migliore degli ultimi vent’anni, ma il rischio è che il Pd si adagi troppo e dimentichi che la politica è fatta di tante cose, in primo luogo della comunicazione con il proprio popolo. Ecco il rischio delle Parlamentarie: ammesso il grande apporto democratico al Paese, cosa rappresentano? Che siano forse l’unico modo del partito di Bersani di mettersi in mostra? La stampa – che certo rischia di cadere nel bigottismo denigratorio nei confronti di Berlusconi – parla se c’è qualcosa di cui parlare; e Bersani ha conquistato le pagine dei giornali solo per difendersi da accuse, mai per mantenere vivo un certo dialogo così come aveva promesso quando gridò “e anche un po’ di entusiasmo”. Insomma, è il momento di girare le carte un po’ per tutti: per Monti di decidersi se scendere in campo o meno; per Bersani di schierarsi in termini chiari – e non più con le sue solite metafore – con l’assetto Terzo Polo-Monti o con Sel (corteggiato anche dalla nuova corrente da poco battezzata “Quarto Polo” degli arancioni). È il momento di dimostrare ciò che si è, sia per il Professore, sia per il Pd che per gli italiani. Anche perché il M5S è pericolosamente appollaiato sulla cassa da morto della Seconda Repubblica, CasaPound si prepara alla raccolta firme per presentarsi come “Quinto Polo” alle nazionali. E l’Italia, dalla barzelletta dello schieramento partitico, tende pericolosamente alla formazione Poli-itica, dimenticandosi il riacquisito senso della decenza e cadendo nel baratro che solo conduce al mero senso di distruzione ideologico e populista.