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“Killer Joe”, geniale commedia pulp sul cuore marcio dell’America

di Marco Chiappetta

TRAMA: Debitore della mala, lo spacciatore Chris Smith (Emile Hirsch) propone al padre Ansel (Thomas Haden Church), ora sposato con la sboccata Sharla (Gina Gershon), di risolvere i propri guai finanziari facendo fuori sua madre, ereditandone la cospicua assicurazione sulla vita. D’accordo, contattano il sicario Killer Joe Cooper (Matthew McConaughey), poliziotto correttissimo e pervertito, che come anticipo del pagamento pretende le grazie dell’innocente e virginale sorella di Chris, Dottie (Juno Temple). L’omicidio è compiuto ma è solo il prologo di una nuova fatale estasi di violenza e perversione.
GIUDIZIO: Sullo sfondo della più mediocre, brutale, squallida provincia americana, quella del Texas tra strip-club, sale da biliardo e roulotte, William Friedkin (“Il braccio violento della legge”, “L’esorcista”) realizza un altro saggio del male – la sua stupidità, la sua psicologia – dirigendo, perlopiù negli spazi interni e con dialoghi che non tradiscono la radice teatrale (la piéce di Tracy Letts, che l’ha anche adattata per lo schermo), una galleria di personaggi talmente meschini, orribili e immorali, da diventare comici: così come il film, all’apparenza un tradizionale noir, assume sempre più i connotati di una commedia surreale e nerissima, dove il senso morale e civico è ribaltato, ciò che è amorale è normalmente accettato, la violenza, l’odio, la rabbia sono accolte e istigate: come animali, feroci e istintivi, si scannano tra di loro, homo homini lupus, senza ragione né amore, perché il loro universo di case in lamiera, motel, gang, “tanta gente stupida in tanti spazi aperti”, non conosce la legge del branco, ma quella del più forte, loschi mezzi per loschi obiettivi, il delitto, la violenza, la morte solo per il denaro; la famiglia non conta, è solo un mezzo di scambio, una valuta da tutti accettata. Nessuno si ribella, nessuno muove un dito per cambiare le cose, per cambiarsi: non c’è sentimento, pentimento, riflessione, moralità, solidarietà, umanità. Perciò la geniale e sconvolgente violenza del film e dei loschi personaggi che lo popolano alla lunga fanno sorridere e ridere: eppure sono reali, plausibili, proprio perché crudeli e gratuiti e infinitamente stupidi com’è il vero male. Gran ritmo, dialoghi efficacissimi, caratterizzazione dei personaggi strepitosa grazie a un cast superbo – in cui si distingue il ritrovato e sottovalutato Matthew McConaughey, mai così in parte –, e una regia cinica, divertita e dinamica, ne fanno un grande film di nicchia, semplice, folle e stralunato. Memorabile, ma da non svelare qui, la scena cult della coscia di pollo. Presentato a Venezia un anno fa tra clamori e applausi, è uscito solo ora nelle sale, in sordina, per i pochi che rifuggono dal mellifluo mainstream dell’altro invadentissimo cinema americano.
VOTO: 4/5