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“Pietà”: vendetta, dolore e disperazione nel film coreano Leone d’Oro a Venezia

di Marco Chiappetta

TRAMA: Lee Kang-do (Lee Jung-jin), giovane implacabile aguzzino al soldo di terribili strozzini, vive di mediocrità nella periferia di Seoul, mutilando o costringendo al suicidio i modesti e pietosi debitori, e non prova né repulsione né sdegno del suo orrore quotidiano, fin quando non incombe nella sua vita una donna, Jang Mi-Sun (Jo-Min Soo), che dice di essere la madre che l’ha abbandonato: dopo un iniziale violento rifiuto, Kang-do, non abituato all’amore e alla compagnia, accetta gradualmente questa persona nella sua vita e nella sua casa, fino ad amarla e a sacrificarsi per lei.
GIUDIZIO: Ispirato alla famosa scultura di Michelangelo (anche in originale il titolo è italiano), il film di Kim Ki Duk è un duro, crudelissimo, disperato spaccato umano di un microcosmo squallido, storia atroce di un carnefice sadico e delle sue vittime, ma anche di madri e figli, umiliati e offesi, colpa e redenzione, e poi di vendetta. Un quadro di umanità meschina e rabbiosa, di una società in miniatura – quella della periferia proletaria di Seoul – che vive di odio, violenza, rabbia come unica moneta. Lui non recide la vita altrui, ma gli arti e la dignità: macella, mutila, rompe, provoca dolore, al peggio istiga al suicidio. Un deus ex machina, l’incesto, tensioni edipiche e vendette, fino al sanguinario epilogo, come nella tragedia greca: ma nello scenario ignoto della Corea più malsana. Un percorso di redenzione e amore non convenzionale, non facile, e compiuto solo via catarsi: attraverso un gioco di ruoli e una farsa estrema nelle sue conclusioni, dallo stupro (incestuoso) al suicidio, dalle mutilazioni al masochismo, dai suicidi alla perdita di dignità, che rendono lei, lui, gli altri, e noi spettatori vittime e voyeur del crimine e della decadenza più totale. La violenza compiuta torna indietro come un boomerang per il nostro antieroe, altra arancia meccanica e marcia del sistema. Elegia lirica e sporca, con tanto di regia sbarazzina e grezza, di un mondo alla deriva, ossessionato dal denaro, violenta per vizio, che si affanna su corpi e vite come possessi, cambia destini come tornado, sotto l’egida di un pessimismo universale agghiacciante e senza fine. Attori bravissimi. È un film da Leone d’oro.
VOTO: 3,5/5

Il regista coreano Kim Ki-duk, vincitore del Leone d’Oro al miglior film 2012 al Festival di Venezia.