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Torna Batman, la trilogia chiude col botto

di Marco Chiappetta

TRAMA: Otto anni dopo la morte del procuratore distrettuale Harvey Dent, alias il criminale Due Facce, Batman (Christian Bale), autoaccusatosi del delitto e perciò bandito come fuorilegge da Gotham City, è scomparso dalle scene; quasi quanto Bruce Wayne, che vive da eremita nella sua villa, con la sola compagnia del fido maggiordomo Alfred (Michael Caine). A riaccendere l’energia sia nel miliardario filantropo che nel suo alter ego giustiziere, è l’arrivo di Selina Kyle (Anne Hathaway), alias Catwoman, ladra acrobata dall’agilità felina, che ruba in casa sua i cimeli della madre, e soprattutto del feroce Bane (Tom Hardy), misterioso e corpulento signore delle fogne, ex discepolo del feroce Ra’s Al Ghul (Liam Neeson, il supercattivo del primo “Batman Begins”), che trasformando un reattore nucleare della Wayne Enterprises in una bomba atomica minaccia l’intera città: il suo piano è abbattere il capitalismo e il potere delle banche, l’ipocrisia dei potenti e delle autorità, ha istituito una prigione nelle fogne e ha costruito un esercito di derelitti per mettere a punto la rivoluzione, ma forse il suo vero obiettivo è solo Batman. Con il commissario Jim Gordon (Gary Oldman), messo fuori gioco e ricoverato in ospedale, Wayne recupera costume, gadget e Bat-Mobile, affida il suo patrimonio in declino alla brillante e bella dirigente Miranda (Marion Cotillard), e ha dalla sua solo l’aiuto del giovane agente Blake (Joseph Gordon-Levitt), che sa la sua doppia identità: ma questa volta il cattivo ha davvero più di un asso nella manica.
GIUDIZIO: Degna, epica, apocalittica conclusione della trilogia di Christopher Nolan, primo a dare al genere del fumetto supereroistico, troppo spesso soffocato dalla banalità e dal conformismo del blockbuster, la valenza di un film d’autore, tratteggiando psicologia, antropologia, sociologia del crimine e di chi lo combatte con l’arguzia di un romanziere, maneggiando intrighi, sottotrame, inganni e artifici con la magia di un prestigiatore. Quasi tre ore e non sentirle, di puro spettacolo, adrenalina, emozione, colpi di scena, riflessione e cinica satira (strizzatine d’occhio alla crisi, al terrorismo e a Guantanamo): sceneggia, come sempre col fratello Jonathan, una storia intricata con un campionario enorme di personaggi, e dirige attori, scenografie, marchingegni, vite e situazioni estreme come un demiurgo, con una precisione fenomenale nei tempi e nella tensione. Riprende i fedeli collaboratori (il cupissimo direttore della fotografia Wally Pfister, premiato per “Inception”, il dinamico montatore Lee Smith e il wagneriano Hans Zimmer alle musiche), i veterani della trilogia (il sempre più bravo Christian Bale, Michael Caine, Gary Oldman e Morgan Freeman nel ruolo di Lucius Fox), un personaggio cult come Catwoman (ripreso vent’anni dopo Michelle Pfeiffer dalla fulgida Anne Hathaway), i cattivi di “Batman Begins” in brevi cameo (Liam Neeson e Cillian Murphy), e le tre stelle del suo precedente “Inception”: l’ambigua Marion Cotillard, il poliziotto Joseph Gordon-Levitt e, soprattutto, il cattivissimo Tom Hardy, che coperto da una maschera, recita solo con occhi, voce e corpo, una vera forza della natura, e un nuovo modo di concepire l’arte dell’attore. Un cattivo feroce e implacabile, tutto muscoli e forza animale, eppure più razionale e “spiegato” psicologicamente che non il precedente Joker del fu Heath Ledger, pazzo psicolabile anarcoide che agiva senza un piano, senza un progetto, senza un fine altro alla semplice crudeltà e all’amore del caos: non dava spiegazione, non aveva armi micidiali né un fisico da lottatore, ma solo carisma e genio. In questo, nell’antagonista, va letto il senso di questo grande film: inquietante, atroce, ingegnoso e avanspettacolo, ma con meno filosofia, meno realismo, de “Il cavaliere oscuro” dove il male era più vero e più vicino a noi perché, come nella realtà, era folle e senza alcun recondito motivo. Proprio come lo psicopatico James Holmes che in un cinema di Aurora, Colorado, allo spettacolo di mezzanotte si è presentato come Joker, con costume battagliero e arsenale a seguito sfogato su decine di innocenti al buio della sala, tristemente e catarticamente immedesimati a tal punto nelle carneficine del film da morire anch’essi sotto una furia di proiettili, lui vero cattivo reale, stupido e spietato nel male, che non ha niente a che vedere con un piano per folle che sia, una rivoluzione, una vendetta da fare, un fine economico o filosofico, o con bombe atomiche e improbabili golpe: non è un terrorista organizzato, è uno qualunque, col male dentro, ed è il male assoluto che non ha ragione, che non chiede e non dà spiegazioni. Il capitolo conclusivo del cavaliere oscuro è puro incubo, distopia. Bane odia Gotham, odia Batman, odia le banche, odia il capitalismo, odia le bugie della società e del potere, e vuole eliminare tutto ciò, ma dopotutto è solo una pedina, un mercenario, in un gioco di potere macchinoso e cinematografico, non è certo poi così solo nel suo piano sabotatore: insomma, distrugge con raziocinio, con organizzazione logica, è un cattivo romanzato, è scritto, è creato ad hoc, è manipolato, è un artificio, terribile e pauroso, meraviglioso per noi spettatori, ma pur sempre un artificio. Poco male, visto che il film è, come deve essere, un giocattolo esplosivo di violenza e distruzione, ma superiore sempre a qualsiasi blockbuster fracassone hollywoodiano, più profondo, più intellettuale se vogliamo ma, come per “Inception”, come spesso in Nolan, qui le premesse filosofiche riescono a convivere con il gusto per l’intrattenimento, fino a cedervi poi totalmente: è quel che Nolan sa far meglio, divertire, manipolare, elettrizzare. Con qualsiasi mezzo e qualsiasi artificio, e ci riesce. È cinema. Sequenze indimenticabili come quella iniziale tra i due aerei in cielo e soprattutto quella dell’esplosione del campo di football sono puro virtuosismo, vera scuola di cinema, e il finale poi è una sequela inarrestabile di sorprese e invenzioni davvero strepitose. È giusto e necessario che Batman finisca qua, sotto i palpiti di questa emozione. Il Batman di Nolan è un eroe malinconico, romantico e cupissimo, qui persino martire, un giustiziere umano e rabbioso, così vicino a come siamo e a come vorremmo essere, è un’icona del cinema di oggi. Un’icona noir, moderna e matura, che ha poco ora da spartire col fumetto e con la fantasia: è l’antitesi dell’America, del suo male, del suo cinismo, del suo pessimismo, la sua innocenza tradita, o la sua colpevolezza latente, avida, meschina, bugiarda, onnipotente. Batman forse è sempre un’utopia, ma tutto il resto è vero. Fuori il cinema e, purtroppo, anche dentro.
VOTO: 4/5