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“Il domatore di farfalle. Dialogo sull’immaginazione” – Capitolo 9

di Riccardo Pulcini

“La fantasia pone il Mondo futuro, o nell’altezza o nella profondità,
o nella metempsicosi nei confronti di noi stessi.
Noi sogniamo viaggi per l’universo: ma l’universo non è forse i noi?
Noi non conosciamo gli abissi del nostro spirito.
La via segreta conduce all’interno.”
(Novalis, “Polline”)

Archibald: Amico mio, tu o sei un poeta o un folle.
Richard: Le due cose vanno di pari passo, nella maggioranza dei casi, Archie caro.
Archibald: Alla maniera di Caravaggio, insomma.
Richard: Propriamente, μου φιλος.
Archibald: Preziosismi manieristici che non ti si addicono mio caro amico!
Richard: In questi tempi lo stile è tutto.
Archibald: Lo stile, in realtà, mi sembra cosa del tutto sconosciuta a questa società.
Richard: E lo è infatti. Perché credi che me ne interesserei altrimenti?
Archibald: L’ironia di qualità oggigiorno è cosa più che rara a trovarsi. Siamo pieni di buffoni baldanzosi che pensano che ridere sia cosa di poco conto, che sia cosa frivola e superficiale. Saper ridere è cosa divina.
Richard: Sorridere, è cosa ancora più divina.
Archibald: Chi è capace di sorridere è libero.
Richard: Hai ragione mio caro amico, te ne do atto.
Archibald: Dovresti darmene sempre!
Richard: Ti farei sembrare uno sciocco così.
Archibald: Uno sciocco che ha ragione.
Richard: Ma pur sempre uno sciocco.
Archibald: E quand’anche fosse? Sempre meglio che essere uno sciocco che non ha mai ragione.
Richard: Da uno sciocco che non ha mai ragione, nessuno si aspetta niente. Da uno sciocco che ha sempre ragione tutti si aspettano sempre qualcosa che non arriverà mai.
Archibald: Cioè?
Richard: Che abbia torto.
Archibald: Ah! Questa tua maledetta ironia! Un giorno di questi mi manderai ai pazzi! Ne sono sicuro.
Richard: Non vedo l’ora davvero, amico mio.
Archibald: Perché mai?
Richard: Diventeresti finalmente una persona interessante.
Archibald: Ah, i pazzi sarebbero persone interessanti?
Richard: E’ da un po’ che te lo ripeto Archie caro, dovresti averlo capito a quest’ora, suppongo. Ma probabilmente suppongo male. Supporre qualcosa è assai rischioso. Divertente, ma rischioso.
Archibald: Divertente?
Richard: Decisamente. Presumere qualcosa è da sciocchi, ma ci vuole genio vero per avere ragione della supposizione.
Archibald: I geni sarebbero sciocchi, quindi?
Richard: Quelli veri sì.
Archibald: Perché?
Richard: Perché essere un vero genio, di questi tempi, significa condannarsi ad una eterna incomprensione. Ad una solitudine di pensiero. Il genio che vuole essere genio ha bisogno innanzitutto dell’ambiente per sviluppare la propria personalità, di ispirazioni giuste e compagnie il più possibile sbagliate. Deve essere libero di estendere la sua volontà fin dove crede. Libero di evolvere il suo pensiero e la sua immaginazione incessantemente.
Archibald: Come tuo solito, tutto questo dovrebbe avvenire in contrasto con qualunque etica sociale o morale.
Richard: Evidentemente sì.
Archibald: Ma il vero genio non ha mai una morale? Neanche una personale?
Richard: La sua unica morale personale è la sua volontà. La sua volontà è la sua immaginazione. E la sua immaginazione è la sua Arte.
Archibald: Quindi la sua unica morale, è l’Arte.
Richard: Bravo.
Archibald:  Ma fare la cosa giusta, ogni tanto, non esiste?
Richard: No. Le cose giuste non sono artistiche. Gli errori sì. È per questo che dico che bisogna conoscere persone di tutti i tipi, compresi i pazzi e i folli. Sbagliare è esteticamente bello. Dà un che di estatico a colui che sbaglia.
Archibald: Già.
Richard: A cosa pensi caro Archie? Sembri assorto nel bel mezzo di pensieri contorti o quantomeno irrisolti. Cosa assai pericolosa.
Archibald: In effetti, stavo pensando a una cosa.
Richard: Ebbene, dimmi.
Archibald: Vedi, amico mio, riassumendo un po’ la quantità incredibile di concetti, spiegazioni e delucidazioni che mi hai fornito sulle tue strane idee, si potrebbe affermare, in sintesi, che ciò che veramente risulta importante per un artista, è lo sviluppo della sua volontà, l’espansione della sua personalità, il prendere l’Arte come unica possibile morale e, più d’ogni altra cosa, incrementare la maturazione della sua immaginazione. Tutto questo, naturalmente non in virtù di una morale. Ma mi chiedo se avvenga invece in virtù di una bontà d’animo.
Richard: Che intendi per bontà d’animo? E’ un concetto personalissimo, capirai.
Archibald: La capacità di conoscere la differenza tra bene e male. E lo scegliere tendenzialmente ciò che è bene e non ciò che è male. Un artista, insomma, per essere un bravo artista, deve essere buono? Questo mi chiedo.
Richard: Vedi amico mio, ogni artista ha il compito intrinseco di adempiere all’obbligo di sfruttare la sua immaginazione ed accrescerla esponenzialmente. Ed è suo dovere fare tutto ciò che serve per evolvere se stesso e la sua Arte. Se ciò che gli sollecita l’animo, che gli accende lo spirito è mentire, ingannare e mistificare, allora questo è ciò che deve fare. L’Arte trascende la bontà. Una cosa è l’essere etico, e un’altra l’essere buono. Eppure non dovrebbe esserti difficile comprendere ciò che dico. La Storia in fondo è piena di personaggi illustri che sono stati reietti dell’umanità, ma geni agli occhi degli dei dell’Arte. Charles Baudelaire è stato una delle menti più straordinarie degli ultimi secoli, eppure oggigiorno non potremmo affermare in base ai suoi trascorsi sociali che fosse una persona buona ed eticamente corretta, figurati ai suoi tempi. Tracannava vino e assenzio costantemente, fino a bersi persino se stesso, fino a bersi la sua stessa anima. Ma questo era ciò che gli aumentava le facoltà dello spirito. Friedrich Nietzsche era un malato folle e asociale. Charles Bukowski un disadattato cronico e misantropo. Ma siamo pieni di esempi anche dell’antichità. Questi uomini, questi individui, questi artisti sono stati veri e propri emarginati, dei rifiuti della società, ma sono stati straordinari, sono stati immensi. Ed è per questo che noi oggi a distanza di tanto tempo li ricordiamo, per l’essere stati immensi. E’ inevitabile. Perché ciò che veramente conta non è tanto se essi siano stati gentili ed educati con il prossimo, se siano stati amorevoli e cordiali con i propri familiari, quanto la loro Arte. Il modo in cui essi sono pervenuti alla loro Arte è un fatto che appartiene a loro e al loro Dio, e ad essi soltanto. Ma a noi che importa? Noi vogliamo solo ammirare e godere di cose belle, vogliamo solo sentire ciò che essi sentivano. Sentire. Un artista non è anche in fondo colui che sente le cose in maniera diversa, o quantomeno, ci fa credere di sentire le cose in maniera diversa? Immensità, mio caro Archie, la categoria dell’artista è l’immensità. E alla fine ciò che è immenso verrà ricordato, e la sua memoria perpetuata nei secoli a venire.
Archibald: C’è differenza, quindi, tra l’essere buoni e l’essere etici. Sarà forse che la bontà è spontanea o voluta, mentre l’eticità è imposta?
Richard: Un uomo etico è colui che ha deciso di vivere in base alle leggi della società in cui vive. Socrate è stato il più grande esempio di uomo etico. Un uomo buono, è un folle che va contro l’etica della società di oggi. La società di oggi ci obbliga ad essere esattamente l’opposto di buoni. Un uomo buono è un folle che ha deciso che la sua volontà vale più della sua eticità.
Archibald: Non ti capisco, amico mio. Prima dicevi che l’essere buoni non è caratteristica propria di un artista e ora mi dici, invece, che chi è buono è un uomo che nobilita la sua volontà.
Richard: Archie caro, io non ho mai detto che essere buoni è sbagliato. Ho semplicemente detto che non è fondamentale per un artista.
Archibald: E per chi non è artista è fondamentale essere buono?
Richard: Siamo tutti artisti di qualcosa, amico mio.
Archibald: Già, dimenticavo, gli uomini sono entità estetiche.
Richard: Ebbene sì.
Archibald: Mi chiedo però, quanto riesca a penetrare il tempo l’immensità di un artista. Vedi, Richard caro, noi oggi ci ricordiamo di tutte quelle grandi personalità che prima hai citato. Ciò vuol dire che essi hanno sconfitto il tempo con la loro arte?
Richard: Non sono loro ad aver sconfitto il tempo, è la loro arte ad averlo fatto. E’ ciò che hanno fatto che noi oggi ricordiamo, non la loro personalità o il loro carattere. Se così fosse, l’Arte in sé sarebbe simile ad una telenovela spagnola di quart’ordine. Dio me ne scampi. La personalità è importante nel presente, non nel futuro. E’ importante ora, perché è ora che noi possiamo fare ciò che vogliamo fare, e in questo modo estendere la memoria delle nostre azioni all’infinito.

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