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L’apartheid immortale ed invisibile raccontato nelle poesie africane

Rosalba Ferrante

TITOLO: POETI AFRICANI ANTI-APARTHEID
AUTORI: VARI
EDITORE: EDIZIONI DELL’ARCO

“Apartheid”, lingua afrikaans, letteralmente “separazione”. Era la politica di segregazione razziale istituita nel dopoguerra dal governo di etnia bianca del Sud Africa e rimasta lì in vigore fino al 1994, anno in cui venne abolita definitivamente. In questo stesso anno si tennero infatti le prime regolari elezioni a suffragio universale e Nelson Mandela venne proclamato Presidente della Repubblica.
Ma l’apartheid non è ancora terminato. Resta in vita nel perdurare dei luoghi comuni, nel costruire inconsciamente (e consciamente) delle barriere invisibili nella vita di tutti i giorni, nell’escludere cittadini dai vari ambiti del vivere civile solo perché “diversi”. Questo, dunque, è ciò che raccontano i “Poeti africani anti-apartheid” (Edizione Dell’arco, euro 6,90), un volumetto di cento pagine, nel quale sono raccolte le maggiori poesie anti-apartheid di poeti africani poco conosciuti, affiancati ad alcuni di fama internazionale. La raccolta è composta da una serie di volumi, tutti suddivisi per paese africano, per ognuno dei quali sono presentati i poeti natii, seguiti dalle loro poesie. Molte di queste qui raccolte provengono dai testi personali dei singoli poeti e si tratta di versi composti quando il Sud Africa era ancora in pieno regime di segregazione razziale, esprimono dunque sentimenti e ragioni aspri, duri ad essere superati. Frequente nelle poesie è la figura di Aloise Moloise, un poeta africano “giustiziato dal potere bianco”, ma ancora di più lo è quella di Nelson Mandela, per molti un manifesto vivente, simbolo di una lotta solo apparentemente vinta. È per questo, quindi, che molti di quei versi, sembrano parlare del mondo odierno, di quell’apartheid che oggi, sotto un altro nome, ancora non è terminato. Ecco quindi spiegato il perché del progetto editoriale: riproporre testi che fanno emergere tensioni in realtà mai terminate, riporta in superficie quei concetti a poco a poco dimenticati del rispetto e della validità dello scambio culturale, intesi entrambi come scambio reciproco.
Perché nero è solo il colore esterno della pigmentazione della pelle, ma quello interno, quello del sangue, è rosso, ed è uguale per tutti.

“Sì! Quattro secoli di lotta
non hanno potuto far di noi
che dei poveri dannati
che passano di costrizione in costrizione
e mai una volta
che la giustizia ci abbia mostrato
la sua faccia imparziale”.
(Notte bianca- Abdoulaye Fanye Toure).