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“Delirio Creativo”: il teatro contro la società che annulla la creatività

Il laboratorio teatrale "Delirio Creativo"

di Giulia Battinelli

Quante volte ci si presenta, anche solo per un istante, il desiderio di esprimere quanto di più naturale c’è in noi, senza badare a limiti di buon costume o etichette dettate da un’ipocrita “società mangiacreatività”? Raffaele Bruno ci ha provato e, stando all’ipercitato detto “tentar non nuoce”, ci è anche riuscito. Il suo e quello del suo gruppo di attori, fedeli seguaci del progetto, è un “delirio creativo”. Delirio è parola forte: perdita del senno, vaneggiamento, mancanza di razionalità. Se, però, il delirio entra a far parte di un binomio in cui l’apparente perdita della ragione lascia posto alla creatività, ecco che allora viene fuori l’assurdo mix di “Delirio Creativo”.
Lo spettacolo preparato è forse piuttosto definibile un antispettacolo. Nessuno sfarzoso costume teatrale, ma semplici e comodi abiti improvvisati; nessuna scarpetta di danza, ma piedi nudi; nessun sorprendente scenario, ma un pavimento, un paio di sedie e poche luci. Ma soprattutto quello che fa di “Delirio Creativo” uno spettacolo “altro” rispetto agli stereotipi a cui si è abituati, è la presenza di un pubblico non passivo, non muto, ma a gran richiesta rumoroso, partecipe e – appunto – creativo.
Nato come esperimento, passato per licei, piazze e, recentemente, all’Asilo della conoscenza e della creatività, è approdato inoltre allo Spazio di Massa, l’aula al primo piano della sede di Lettere e Filosofia in Via Porta di Massa e qui, ogni venerdì dalle 15:00 alle 19:00, s’impossessa dello spazio e degli animi del pubblico. L’obiettivo è quello di avere avanti a sé una platea vuota, con schiere di sedie circondate da gruppi sparsi di scarpe, quelle che il pubblico ha tolto per diventare attore. La trasformazione del pubblico non finisce qui. Non è solo invitato a recitare, prestando gesti e voci, ma gli è anche chiesto di partecipare attivamente alla trama, la cui ossatura diventa l’insieme di storie raccolte, rubate più o meno furtivamente agli spettatori. A pensarci, si basa sullo stesso principio che alimenta soap opera, telenovele, reality show e via dicendo: il principio che fa di ogni banalità un pretesto per raccontare e di ogni uomo un possibile narratore. Non si ferma però a questo primo step, ma va oltre. Ciò che si vuole raccontare al pubblico non è la solita storia infarcita di aridi e antichi clichè che muove il più delle telenovele, non è la pura finzione scenica mascherata da fittizia veridicità, come nel caso dei reality show, né tantomeno la storia è fatta veicolo di ideologie putride e malsane. Il messaggio che “Delirio Creativo” manda al pubblico è piuttosto: la storia siete voi. Ed è la più bella e tenera idea ad impossessare chi assiste e a dire sottovoce che la comunicazione è libertà e la libertà è arte.
“Delirio Creativo”, così, s’impone con la sua genuinità, mostrandosi come una meravigliosa esperienza di condivisione non dettata da regole economiche, ma solo dal bisogno innato nell’uomo di creare arte.