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“Il domatore di farfalle. Dialogo sull’immaginazione” – Capitolo 4

di Riccardo Pulcini

“L’immaginazione è più importante della conoscenza.
La conoscenza è limitata,
l’immaginazione abbraccia il mondo,
stimolando il progresso,
facendo nascere l’evoluzione”
(Albert Einstein)

Un Cielo dall’azzurro eterno troneggiava sopra la campagna fruttificata che circondava la villa, mentre Richard attendeva con impazienza il parere del suo amico che aveva tanta premura di tenerselo per sé, fino a quando, perlomeno, si fosse divertito a veder Richard diventare sempre più impaziente. Come si conviene ad una conversazione interessante, d’altronde.
Archibald: In verità, io ritengo che credere in qualcosa renda anche estremamente potenti.
Richard: Che vuoi dire?
Archibald: Voglio dire che un uomo che crede in qualcosa è potente nella misura in cui è disposto a fare tutto il necessario per ciò in cui crede. Non sono gli uomini a muovere il Mondo, ma le idee.
Richard: Un uomo è potente nella misura in cui lo è l’idea in cui crede. Sono le idee ad essere potenti, ricorda, mai gli uomini. Gli uomini sono esseri fondamentalmente fragili, se non lo fossero, non sarebbero uomini. Per il resto ciò che dici è sostanzialmente vero: non sono gli uomini a muovere il Mondo, ma le idee. Devo confessarti però, che reputo che un uomo con un’idea, sia potente nei confronti del Mondo, ma debole verso se stesso. Come ti ho detto prima, un’idea è una sostanza difficile da gestire per un individuo, se non la si controlla bene, si finisce per lasciarsi distruggere dall’idea stessa.
Archibald: Prima, mentre discorrevi appassionatamente riguardo ciò che tu sei ormai solito chiamare le ‘siècle de les choses’, accennavi a Dio.
Richard: In realtà noi tutti, e quindi anch’io, nominiamo Dio innumerevoli volte senza rendercene minimamente conto. Ma ad ogni modo, Archie caro, chiedimi pure tutto ciò che ritieni giusto.
Archibald: Sono curioso di capire cosa c’entra Dio con questo ‘siècle de les choses’.
Richard: Nobile amico mio, è proprio questo il punto: Dio non dovrebbe avere assolutamente niente a che fare con il secolo delle cose. Il fatto, piuttosto, è che questo è il secolo che ha annunciato a gran voce il trionfo della materia sullo spirito, del tangibile sull’invisibile, delle illusioni sulle speranze. Gli uomini tutti, hanno cessato di cercare Dio con gli occhi dello spirito, ed hanno preso a materializzarlo. Lo hanno sostituito con le cose. Hanno provato a rendere umano ciò che era divino, invece di provare ad elevare se stessi oltre l’umano. Un uomo può sentirsi vicino a Dio nel momento in cui eleva la sua particella di umano a livelli sovrumani. Nel momento in cui smette di pensare, e intuisce. Intuire. Immaginare. D’altronde Dio stesso non è che il primo fra tutti gli artisti.
Archibald: Questa, caro amico mio, mi suona non dissimile ad un’eresia.
Richard: Mi sei diventato bigotto tutto a un tratto, Archie caro?
Archibald: Non mi sono mai considerato un ortodosso, ma dire, o addirittura pensare, che Dio sia un artista mi sembra davvero impossibile e improponibile.
Richard: Non porre limiti al possibile. Non conviene mai a nessuno. Potresti rimanere enormemente sorpreso.
Archibald: D’accordo. Ma ugualmente non comprendo né condivido ciò che dici riguardo Dio.
Richard: Mio caro amico, Dio è il primo fra tutti i poeti. Se ‘poiew’ in greco significa creare, allora Dio dev’essere considerato a buon diritto il primo fra tutti i creatori, il primo fra tutti i poeti. Poiché Lui per primo ha creato qualcosa, nel nostro caso, il Mondo nella sua interezza, esattamente dal nulla. E quando si crea qualcosa dal nulla, cosa si fa, Archie caro?
Archibald: La si immagina.
Richard: Esattamente, Archie. La si immagina. Dio ha creato la più bella fra tutte le opere d’arte.
Archibald: Quale?
Richard: La vita umana.
Archibald: La vita umana?
Richard: Sì, esatto. La vita umana.
Archibald: E’ un’opera d’arte? Ma come può mai essere un’opera d’arte? Non vi trovo alcun senso.
Richard: Cercare il senso nelle cose è tanto scabro quanto inutile. Lo si deve intuire, amico mio.
Archibald: Ti confesso che in tal caso, caro Richard, credo che le mie facoltà intuitive si siano un po’ arrugginite. Ti prego, amico mio, spiegami in che modo la vita umana è un’opera d’arte.
Richard: Vedi, Archie caro, noi tutti siamo entrambi commedia e commediante, tragedia e tragediografo, marmo e scultore, poeta e poesia, destino e fortuna, dipinto e pittore. Siamo la causa e la conseguenza di noi stessi. Siamo noi tutti la più perfetta e riuscita opera d’arte. Perché è la vita in sé, ad essere un’opera d’arte. D’altronde è l’Arte in quanto tale, ad essere un binomio creato dall’artista e da ciò che l’artista crea. Ognuno di questi due termini vive in virtù dell’altro, ed è solo quando si vengono a verificare queste due condizioni, che abbiamo un vero esempio d’Arte. Noi siamo l’Arte di Dio. Lui c’ha resi un’opera d’arte, e ciò fa di lui un artista a tutti gli effetti.
Archibald: Credo di capire. Ma adesso dimmi, Richard, se ogni pittore ha un pennello per dipingere, se ogni scultore uno scalpello da martellare per plasmare, se ogni poeta ha le parole per poter creare, attraverso cosa crea, allora, Dio?
Richard: Innumerevoli secoli fa, Aristotele rispose a questa domanda affermando che Dio, primo motore immobile, crea per attrazione. Pur stando fermo, egli attrae a sé la materia dell’universo, come fosse un movimento di puro amore. Perché in fondo, sappiamo fin troppo bene sia io che te, che l’amore non è che questo: pura attrazione. Ma in tal caso, Dio dovrebbe attrarre qualcosa che già esiste, e, d’altronde, non si può attrarre il nulla. Solo alcune anime della più nobile décadence, hanno lo sventurato e più volte maledetto potere di attrarre a sé il nulla, l’oblio, il silenzio.
Archibald: E, se non per attrazione, per cosa crea?
Richard: Per immaginazione.
Archibald: Credo di aver capito cosa intendi.
Richard: Non mi sorprende, l’hai intuito. Dimmi pure.
Archibald: Dio crea per immaginazione perché quando si crea qualcosa che prima non esisteva, attingendo unicamente al proprio patrimonio spirituale, in quel caso, si sta immaginando. E’ esatto?
Richard: Precisamente, mio caro amico. Precisamente.

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