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“Il domatore di farfalle. Dialogo sull’immaginazione” – Capitolo 3.1

di Riccardo Pulcini

“Pazzo, amante, poeta:
tutti e tre sono composti sol di fantasia”
(‘Sogno di una notte di mezza estate’, W. Shakespeare. Teseo: atto V, scena I)

Mentre ascoltava con attenzione il discorso del suo amico, Archibald non poteva fare a meno di pensare quanto egli fosse una persona in una certa misura affascinante, capace di convogliare l’interesse di chiunque gli stesse attorno sui suoi pensieri, un po’ per la sua arroganza ma soprattutto per la sua sicurezza. A maggior ragione se finta.
Archibald: Tu dici, nobile amico mio, che immaginare è allo stesso tempo creare. Ma non è forse viva, voglio dire, reale, qualcosa che si può toccare con mano, qualcosa di materiale?
Richard: Caro Archibald, ora mi stupisci. Non è forse reale, o come dici tu, ugualmente viva una melodia, una poesia? Ciò che viene creato dallo spirito è più vivo della materia. Perché ciò che è materiale è fondamentalmente corrotto, e la corruzione è morte. La stessa mancanza di incivilimento della nostra società è causa di una corruzione che si porta addosso i segni vaticinanti di una morte non troppo futura. L’immaginazione è di gran lunga più reale della ragione, fidati.
Archibald: E la fantasia?
Richard: La fantasia?
Archibald: Sì, voglio dire, la fantasia non ha nessun posto in questa tua, non nego interessante, teoria? Cos’è per te la fantasia?
Richard: Non ci avevo ancora pensato, a dire il vero. Ma suppongo che la fantasia sia una sorta di immaginazione sterile, per così dire, irreale.
Archibald: E l’immaginazione reale sarebbe quella di cui hai parlato fino ad ora, giusto? Un’immaginazione che è al contempo creazione?
Richard: La fantasia non porta alla creazione materiale di qualcosa, ma crea qualcosa che rimane nella mente di un uomo. Sia l’immaginazione reale che quella irreale (fantasia) sono entrambe creazione di qualcosa. La differenza sta nel fatto che la fantasia materialmente non crea niente, l’immaginazione reale sì.
Archibald: Mi pare d’aver capito quindi, caro Richard, che esista a tuo parere una connessione di non poco conto tra immaginazione e vita. Non sono due elementi in antitesi, né lontani tra di loro, ma mi chiedo di che natura sia il rapporto tra queste due realtà. Chi è ad influenzare di più l’altro? Chi a deciderne il destino o la storia?
Richard: E’ per certo l’immaginazione, amico mio. E’ lei e lei solamente ad influenzare la vita e a plasmarla secondo le sue disposizioni. Noi tutti cerchiamo di condurre le nostre esistenze su dei binari tracciati nelle nostre menti dall’immaginazione stessa. Non è la vita a decidere cosa o come dobbiamo immaginare.
Archibald: Ma la Ragione funge da inibitore per le facoltà immaginative, non credi? Noi tutti siamo stretti al giogo della razionalità, dopotutto.
Richard: Non v’è dubbio, Archie caro. E’ la Società in cui da sempre viviamo ad imporci di secondare la nostra Ragione come fosse la nostra unica via di salvezza in questo Mondo. Ma credo che raramente l’uomo sia stato tanto lontano dal vero, ti dico. La Ragione è fallace e ha portato a innumerevoli disastri, così come a considerevoli cambiamenti positivi. Ma essa è imperfetta, e l’uomo ha ben presto capito che non vi si può fare cieco affidamento. Nelle cose più materiali, la Ragione va benissimo, è perfetta perché si fonda essa stessa su rapporti causa effetto che vivono solo un’esistenza materiale. I più grandi fallimenti del genere umano sono avvenuti nel momento in cui un qualunque individuo decise di fare con la Ragione, ciò che andava fatto con l’immaginazione. Ed appena si discosta da quell’universo immoto e silente che è la materia, la Ragione cessa di essere per noi utile e diventa limite. Non è la materia a mettere in moto altra materia. E’ l’energia che muove ogni cosa. E che cosa è lo spirito, se non pura energia che mette in moto sentimenti come astri nascenti nell’universo?
Kant nelle sue Critiche espose chiaramente i limiti della Ragione umana. Capì che essa poteva giungere sino a determinati limiti. Non oltre. Si doveva attenere ad una conoscenza fenomenica e mai noumenica. Il rischio era quello di cadere altrimenti nelle cosiddette antinomie o paralogismi. Ma nella Critica del Giudizio, il filosofo prussiano, comprese che l’essere umano non era condannato ad una sterile incomprensione delle sfere più alte e nobili di questa vita e di chissà quale altra. Egli comprese che l’unica via di cui l’uomo disponeva per giungere alla sostanza noumenica, era l’immaginazione.
Il problema che però tuttora sussiste, è di capire come abbassare i filtri posti dalla Ragione alle nostre menti. Colui che vi riesce, ha buon diritto di essere chiamato il Genio, il Santo o il Folle.
Genio, santità e follia hanno molto in comune tra di loro.
Archibald: E chi trovi tu più adatto all’uso dell’immaginazione?
Richard: Il Folle, senz’alcun dubbio.
Archibald: Per quale ragione?
Richard: Vedi, Archibald, il Genio è capace di sfruttare tutta la sua immaginazione come un mare, fino a prosciugarlo, poiché gli deriva da un’indole connaturata alla sua persona, gli appartiene così come gli appartiene la facoltà di pensare. Non se l’è guadagnata quella fonte inesauribile d’immaginazione; è stata più che altro un dono del Cielo. Il Santo, a suo modo, usa la sua immaginazione per volere di Dio, ed è per volere e grazia di entrambi che può compiere i suoi miracoli. Può considerarsi quindi, anche questo a buon diritto, un dono. Ma il Folle, egli è l’unico che abbia deciso di utilizzare la sua immaginazione, di distruggere, di annientare la sua Ragione. Un motivo c’è sempre. Ma quel motivo non ci interessa. Ciò che importa realmente, è che egli è l’unico ad essere arrivato a liberare la sua facoltà immaginativa dalle catene della razionalità per puro istinto della sua volontà. E non c’è cosa più nobile in questo Mondo, della volontà di un uomo. Ed essa è nondimeno la cosa più potente che noi tutti possediamo, parimenti all’immaginazione. La Volontà è in grado di muovere l’universo intero.
Archibald: E volontà ed immaginazione in che misura sono correlati fra di loro? Oppure non lo sono affatto, mi chiedo?
Richard: Sono legati tra di loro molto più di quanto tu possa credere, caro Archie. Devi sapere che l’immaginazione è la prima forma d’espressione che trova la nostra volontà, e la volontà è a sua volta l’espressione più profonda e pura del nostro spirito. Hai detto poco fa che la Musica è la quintessenza dell’anima, non a caso. La Musica è la Volontà che si fa suono.
Archibald: Ma allora il poeta non fa mai uso della materia che lo circonda? Non trae ispirazione dalle sue esperienze personali?
Richard: Le esperienze più nobili e giovevoli sono quelle che non passano per la materia. La materia corrompe. Ciò che è artisticamente nobile è tutto ciò che viene costruito nello spirito, lontano dalle influenze negative della vita. Hai bisogno di accettare questo, per poter comprendere che un poeta non ha bisogno di vivere determinate esperienze per poterle utilizzare, a vantaggio proprio, nella sua poesia.
Archibald: Che intendi?
Richard: Amico mio, è proprio quello che ho detto. Ti pare che un poeta vero, uno di quelli che ha l’animo legato imprescindibilmente all’infinito, debba per forza aver vissuto un’esperienza, per poterne cantare? No! Assolutamente no! Lui la immagina, vi arriva per intuizione! Lì è il Genio, lì il Santo, e sempre lì il Folle! E lo stesso vale per l’amore, ovviamente.

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