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“Sognando s’impara” – PROLOGO

di Brando Improta

“I limiti esistono soltanto nell’anima
di chi è a corto di sogni”
Philippe Petit

Avete mai sognato? Io si, mi capita spesso. Ma non quei sogni inutili e fugaci che si dimenticano al mattino: sogni vividi, quasi fossero reali. Tanto che al mio risveglio faccio fatica a dover pensare che ciò che ho visto nel mio sonno non sia accaduto davvero.
Mi chiamo Fabio e tra un anno e qualcosa salterò il fosso dei trenta. Non posso dirmi insoddisfatto della vita che conduco, ma certamente non posso dirmi nemmeno appagato. Certo, non ho malattie gravi che mi accompagnano, non vivo nella miseria, ma quella che è la routine delle mie giornate proprio non mi soddisfa. Affatto.
Sono vignettista per un quotidiano a Napoli, un lavoro mal pagato e sottovalutato: ogni settimana sono i capoccioni a decidere su quale avvenimento importante io debba fare satire, e guarda caso non si tratta quasi mai di politica; e seppure si trattasse di questa, mi farebbero mille raccomandazioni di andarci giù leggero: “Giusto una gag scatologica, magari su quel vecchio ministro, che ormai non dà più fastidio a nessuno”, mi direbbe il dott. Tamburella, il direttore.

Ho anche una ragazza, si chiama Arianna ed è insopportabile. Bella si, ma insopportabile. Passa le sue giornate a “dirigere” una rivista di alta moda. Il dirigere l’ho incastrato fra le virgolette perché nella sua accezione significa sbraitare dentro un telefono per tutta la mattinata, facendo venire i capelli bianchi alle sue povere sottoposte. E quando torna a casa, non trova di meglio da fare che chiamare me per dare altri ordini; sono il suo rifornitore di capelli per la sera. In una settimana ne ho contati ben diciassette bianchi. In poche parole, ho scelto per compagna un dottor Tamburella al femminile.
Vi chiederete: “Ma perché non la lasci ?”. Anch’io me lo domando spesso e la risposta l’ho trovata solo recentemente: ho paura di perdere l’abitudine. Quando una persona si è abituata ad un certo stile di vita, ha quasi il timore di uscirne. Io so che probabilmente avrei bisogno di una figura diversa al mio fianco, ma nel mio inconscio qualcosa si blocca non appena sto per esploderle la mia rabbia sul viso.
Ed è per questo motivo, questa mia insana voglia di farmi del male, che ho accettato di sposarla. Dico accettato perché glielo ho chiesto io, ma è stato come se lei mi avesse imposto di farlo: avevo comprato un anello per il nostro anniversario (cinque anni insieme, potrei ricevere una medaglia!), senza secondi fini, giusto un regalo di un certo valore. Lei lo ha preso, lo ha guardato e mi ha detto “Sì, lo voglio”. Che persona cattiva! Sapeva benissimo che non volevo condurla all’altare, si leggeva nel mio volto, ma mi aveva preso in contropiede e a me non restava che fare la faccia dell’ebete sorridente.
Arianna è una persona pignola, maniaca dell’ordine e della pulizia. È talmente fissata con la polvere che mentre facciamo sesso (perché d’amore proprio non si può parlare), passa con le dita sul comodino affianco al mio letto, disapprovando con smorfie ben costruite il mio simpatico lerciume.
Così ho imparato a sognare anche ad occhi aperti, anche mentre sono dentro di lei, immagino un viso più sorridente e meno severo, un viso d’una donna innamorata del mio carattere e non del mio servilismo.

Spesso, nelle preghiere che faccio ogni notte, ho chiesto ad una qualche divinità non specificata di poter materializzare i miei sogni. Ho sempre pensato che sarebbe stata una cosa bellissima. Questo almeno fino a quando non mi è successo davvero. Vi sembrerà strano ma la storia che vi sto raccontando potrebbe tranquillamente ascriversi al genere della fantascienza.
Tutto è cominciato in una notte ‘erotica’, o meglio di erotico c’era solo il sogno che stavo facendo: dormivo a pieno ritmo e sognavo di una bella biondina che mi entrava in casa e, come accade spesso in questo tipo di fantasie, senza alcun motivo ci ritrovavamo nel letto a dar fondo alla mia conoscenza del Kamasutra.
Questo sarebbe niente, quanti di voi hanno fatto un sogno così, soprattutto con una ragazza frigida e glaciale al proprio fianco nella realtà. E sarebbe stato tutto normale se al mio risveglio, quella bella biondina fosse scomparsa, come scompaiono tutte le belle allucinazioni che popolano la notte.
Invece non andò così.
Mi svegliai, guardai la sveglia: ancora le sei, potevo permettermi un’altra ora di dormiveglia prima di dovermi alzare e prepararmi, per poi uscire in tutta fretta. Mi giro come un orso pigro per assaporare ben bene il calduccio delle coperte, apro appena le palpebre e vedo la biondina, nuda, che dorme vicino a me, con un sorriso soddisfatto stampato sul volto.
A questo punto sono tanti i condomini che raccontano di aver sentito un urlo lacerante attraversare di getto le loro persiane.

“Capitolo 1”

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“Capitolo 3”

“Capitolo 4”

“Capitolo 5”

“EPILOGO”