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Alla ricerca di un mondo perduto

di Giacomo Palombino

Tutti quelli che hanno la possibilità (e spero anche il piacere) di leggere questo articolo, stanno utilizzando una connessione internet. Per usare questa connessione si possono adoperare ormai diversi strumenti, ma prendiamo in considerazione quello più “tradizionale”, cioè un computer. Avere una connessione internet significa avere un contratto telefonico, e quindi, nella maggior parte dei casi, possedere anche un telefono. Ma per utilizzare il computer e il telefono c’è bisogno anche di corrente elettrica. Ecco, grazie a queste poche cose, e forse anche ad altre, ora più persone stanno leggendo le mie parole. Questo è ciò che rende il mondo facile da vivere e veloce da scoprire; questo è il progresso, ciò che ci consente di comunicare, vedere ed ascoltare qualunque cosa in qualunque momento.
Potremmo vivere senza? Certo che no. Qualcuno vorrebbe farne a meno? Difficile. È così perfetto e utile come sembra? In parte sì ed in parte no. Per valutare dobbiamo vedere non solo quello che il progresso ci permette di fare, ma anche tutto quello che il progresso ci porta via, o almeno ci sta facendo dimenticare.
Non allarmatevi, questa è la solita rubrica di riflessione musicale; ma la realtà è che la tecnologia e l’innovazione influenzano anche l’arte, in maniera direi inevitabile. Ma non voglio parlarvi di elementi tecnici, come la sempre più invadente presenza di suoni digitali nella musica moderna, bensì di un oggetto che sempre meno si utilizza e si tende a rimpiazzare con surrogati che a mio parere non hanno le caratteristiche idonee per sostituirlo. Sto parlando del disco, strumento che d’altra parte ha avuto anche lui la sua lunga storia tecnologica, passando dal 33giri fino al più recente Compact Disc.
Spero di non fare infondate supposizioni, ma sono sempre di più le persone che grazie ai loro mp3, i loro iPod e i loro Smartphone, preferiscono evitare l’acquisto di quello che sembra un aggeggio antico, o per lo meno comincia a diventare tale. Ascoltare la musica scaricata sul pc è molto più comodo rispetto all’utilizzo dello stereo. Acquistare canzoni su iTunes è molto più veloce rispetto al vestirsi e scendere di casa per andare in negozio. Attenzione, non sto accusando nessuno, anche perché sarei ipocrita e bugiardo se lo facessi. Ma la realtà è questa: si è dimenticata la bellezza di comprare un disco.
Questo non è solo il mezzo attraverso il quale un artista divulga la sua opera, ma parte stessa dell’opera. Avere in mano quelle piccole scatole, poter conservare con affetto le copertine più belle, leggere la storia e i nomi di chi ha partecipato al progetto dal quale è venuto fuori un album, penso siano cose estremamente affascinanti.
Ma non si scorda il disco per un semplice capriccio tecnologico, bensì c’è qualcosa di più. Il fenomeno a mio parere realmente “triste” è che le persone non dedicano più tempo alla musica; questa è diventata un semplice accompagnamento, da ascoltare quando si passeggia soli, quando si fa sport, quando si naviga in internet o si legge un libro. Insomma, tutti ascoltano musica per fare qualcos’altro che con la musica non ha nulla a che vedere. E la tecnologia di cui vi parlavo prima è proprio la componente più viva di questo fenomeno, perché senza di essa, a mio parere, le persone dedicherebbero più tempo all’ascolto.
Non dico di rifiutare il progresso, non dico di rinunciare alla nostra amata tecnologia: vi chiedo di ritrovare quel pizzico di nostalgia indispensabile per riscoprire la bellezza di un mondo quasi dimenticato, quello dei suoni.