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World Press Photo 2011: torna al PAN il fotogiornalismo mondiale

di Margherita K. Budillon

Il fotogiornalismo, con la sua capacità di legare mente ed emozione, pone davanti allo sguardo del mondo storie altrimenti riservate a pochi. La forza delle immagini, spesso brutali, commuove, indigna, emoziona.
Lo spettatore è invitato a guardare le fotografie come gettando uno sguardo attraverso finestre aperte su mondi altri, che riscopre però vicini, al livello emotivo.
Questo invito viene proposto anche ai cittadini di Napoli, con il ritorno in città del World Press Photo, la più importante mostra itinerante del fotogiornalismo mondiale. Per il secondo anno consecutivo, infatti, l’evento è ospitato dal PAN, il Palazzo delle Arti di Napoli, che per questa 54esima edizione della mostra scommette su una rinascita, aprendosi alla città e al territorio. Il PAN, infatti, non si propone solo come Museo, come intoccabile luogo sacro alle muse, ma come laboratorio civico della città. Proprio per questo, la seconda edizione del WPP si è sviluppata rispetto all’anno scorso, offrendo un ricco calendario di eventi per inventare un ambiente fotografico nella città di Napoli: durante le quattro settimane della rassegna (8 Dicembre 2010 – 4 Gennaio 2012), l’Associazione Culturale Neapolis Art, che sostiene e cura l’evento, offre agli appassionati di fotografia una serie di workshop e lecture a cura dei fotografi vincitori che contribuiscano a rendere il Palazzo di via dei Mille un luogo dinamico, vivo per i cittadini.
I 60 vincitori, provenienti da 124 paesi diversi, sono uomini e donne che hanno dedicato la loro vita alla costruzione di una memoria collettiva mondiale raccontata per immagini. È certo vero che i giornalisti devono ormai avere chiaro come la fotografia possa supportare la parola scritta. Ma le fotografie presenti dimostrano come alcune immagini non abbiano bisogno di parole per raccontare la propria storia.
La realtà contemporanea si delinea così attraverso le nove categorie in cui è divisa la rassegna, senza bisogno di ulteriori parole. Sono presenti i grandi protagonisti dell’attualità, da Julian Assange, al leader nord-coreano Kim Jong II, ai fenomeni virtuali di Couchsurfing e MySpace. Così come gli eventi che hanno segnato l’anno 2010: su tutti, il terremoto di Haiti.
Ci sono fotografie dure, realtà difficili, disastri. Nella categoria Spot News, una sequenza impressionante di una sparatoria tra le vie di Rio de Janeiro emerge nel suo crudo realismo.
Ma anche fotografie positive, fatte di visi, di storie, di speranze.
Eppure, sempre, anche nel rappresentare le situazioni più difficili, si mantiene una certa poeticità, un voler non rinunciare all’arte anche nelle storie di denuncia.
Emblema di questa scelta è lo scatto vincitore del premio “Photo of the Year”, molto diverso da quelli degli anni passati. La fotografa americana Jodi Bieber ha infatti presentato il ritratto di una ragazza afghana di 18 anni, Bibi Aisha. La fotografia si apre ad un dialogo emozionale in cui lo spettatore può cogliere il rapporto che vi è stato tra la fotografa e la ragazza, lo studio della personalità che è avvenuto. Gli occhi di Bibi Aisha dominano l’immagine, ma per poco, perché non si può ignorare il vuoto lasciato nel mezzo del viso, dopo che il marito, un combattente talebano, le ha sfigurato il volto tagliandole il naso come punizione per una fuga dovuta ai numerosi maltrattamenti subiti. Nella cultura locale si dice, infatti, che un uomo disonorato dalla moglie “ha perso il naso”, e applicando la dura legge della Sharia il naso di Aisha è stato tagliato perché anche lei subisca la sua perdita.
Quello di una donna molestata dal suo uomo per motivi culturali è un ritratto molto forte, che spinge anche l’Occidente a porsi delle domande sul ruolo della donna, sulla cultura della violenza.
Mondi lontani. Eppure vicini, come dicevamo.
Un tema femminile ugualmente universale è quello narrato dal reportage di Darcy Padilla, fotografa presente all’anteprima per la stampa, che ha seguito Julie, una donna sieropositiva e dal passato difficile, per diciotto anni, fino alla morte.
Con “The Julie Project”, la fotografa statunitense ha espresso il desiderio di far comprendere allo spettatore come Julie non sia stato un caso unico, nel suo paese come nel mondo. Ma attraverso la complessa storia di Julie, fatta di case sempre diverse, AIDS, dipendenza, povertà, nascite e morti, perdite e ritrovi, e raccontata attraverso un bianco e nero granuloso e toccante, possiamo prendere coscienza delle tante Julie, delle tante donne sieropositive che spesso non vediamo e non vogliamo vedere.
Ed è così che ogni foto esposta non diventa solo cronaca estranea della realtà, ma percezione profonda e umana della vita stessa.

CALENDARIO APPUNTAMENTI
Workshop
15/16 Dicembre: Gustavo Cuevas
16/18 Dicembre: Ivo Saglietti
21/23 Dicembre: Riccardo Venturi

Lecture
16 dicembre, ore 18.30: Gustavo Cuevas
17 dicembre, ore 17.30: Pietro Masturzo (vincitore del “Photo of the Year” 2010)
21 dicembre, ore 18.00: Fabio Cuttica

Photoaperitivi in mostra
Giovedì e Venerdì ore 18.00

La mostra è visitabile da lunedì a sabato, dalle ore 9.30 alle ore 19.30. La domenica e i festivi dalle ore 9.30 alle ore 14.30. Martedi chiuso.