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La speranza del futuro persa tra le fiamme e i passamontagna

Roma - 15 Ottobre 2011


foto di Eugenio Fabiani

di Ilaria Giugni

ROMA – Abbiamo macinato kilometri a bordo di pullman e treni per raggiungere la capitale. Ci siamo radunati, dalla Sicilia alla Lombardia, per gridare la nostra indignazione per la crisi che schiaccia l’Europa.
Con la ferma convinzione che la manifestazione sia un momento in cui si marcia, assieme, per esprimere il proprio malcontento, ma anche per dimostrare che c’è voglia di cambiamento.
Manifestazione significa empatia di dimostranti. Portare avanti le proprie battaglie sentendosi meno soli: il tuo vicino – pensionato, studente o lavoratore – è al tuo fianco non solo fisicamente. La manifestazione è sorrisi, pacche sulla spalla e riempirsi gli occhi dei mille colori delle bandiere. Tornare a casa rincuorati, perché forse c’è ancora una forza propulsiva e non tutto è perduto in questo Paese.
Questo ci aspettavamo, macinando i kilometri che ci separavano da Roma.
Invece è stata una giornata di violenza perpetrata da “coloro che hanno la forza ma non la ragione”, fumo di lacrimogeni e volti coperti da passamontagna neri, di cariche della polizia e tricolori bruciati.
Sui loro striscioni campeggiava: “Non ci interessa il futuro, ci prendiamo il presente”. Eppure, noi eravamo lì per costruirlo il futuro.