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‪ L’Arabia Saudita e il vento del cambiamento: nel 2015 diritto di voto alle donne

di Claudia Massarelli

Nel conservatore regno saudita, si è aperta finalmente una breccia: lo scorso 25 settembre il re Abdullah bin Abdul Aziz  al Saud ha annunciato una decisione di portata storica: sarà concesso il diritto di voto alle donne per le elezioni del 2015 nonché la possibilità di sedere nella Shura, il Consiglio consultivo.
Svolta importante, guastata forse dal suo essere stata procrastinata al 2015, dato che il sovrano ha respinto le istanze dei riformisti che chiedevano la posticipazione delle elezioni, che si sono regolarmente tenute il 29 settembre, affinché fosse possibile per le donne adempiere e godere da subito di questo diritto-dovere.
Ma quello di questi giorni è comunque da considerarsi un piccolo grande passo nel lungo cammino che l’Arabia Saudita deve portare a compimento: portavoce di questa battaglia è Basma bint Saud Abd al-Aziz al-Saud, nipote del sovrano, da anni in lotta con l’Ente per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio, una vera e propria polizia religiosa incaricata di “controllare”, letteralmente, il comportamento della popolazione; in realtà deve assicurarsi che uomini e donne non si trovino mai nello stesso posto, non a caso, quindi, è stato definito un ente di terrorismo religioso. Fra gli obbiettivi da raggiungere vi è la libertà e la parità dei diritti, punti comuni alle proposte dei riformisti che chiedono, inoltre, vere elezioni, una Costituzione, divisione dei poteri ed istituzioni rappresentative che vadano oltre quello che è il misero potere consultivo della Shura, i cui 150 membri sono anche di nomina regia.
Eppure la paura è tanta, molti gli scettici, che ne parlano come di un “contentino”, frutto di un sovrano ottantasettenne malato e spaventato dalla primavera araba: sfocia la polemica, a che fine concedere il voto a donne cui non è permesso nemmeno guidare? Ma il cambiamento sembra davvero essere nell’aria: il sovrano ha revocato la fustigazione di Sheima Jastaniah, condannata per aver guidato una macchina, nonostante però la stessa accusa pesi ancora sulla testa di altre donne temerarie, colpevoli di aver violato un così esplicito divieto.
Sebbene la battaglia per il diritto di voto alle donne sembri essere quasi vicina alla conclusione (tenendo conto che, in Libano, vi è il suffragio universale da cui sono escluse le donne che non abbiano conseguito almeno il diploma elementare e nel sultanato del Burnei il diritto di voto non è concesso praticamente a nessuno) sono ancora tante le rivendicazioni da fare e troppe sono le questioni rimaste in sospeso: la più importante, forse, primo gradino di una scala che si prospetta decisamente molto lunga, è il passaggio, una volta conseguita, da una uguaglianza di tipo “legale”, ad una di tipo “reale”.