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La poesia del presente contro quella del passato: il cinema di Allen torna a Parigi, in equilibrio tra sogno e realtà

di Marco Chiappetta

TRAMA: Gil Pender (Owen Wilson), sceneggiatore di successo, romanziere insicuro e infelice promesso sposo di Inez (Rachel McAdams), tipica wasp snob, durante una vacanza romantica a Parigi con questa e i suoi genitori, approfondisce il senso della sua crisi esistenziale e creativa. Nostalgico dell’epoca d’oro degli anni ’20 parigini, Gil, scoccata la mezzanotte, si ritrova come per magia in quel contesto brillante, tra salotti, café e auto d’epoca, con artisti come Ernest Hemingway (Corey Stoll), Francis Scott Fitzgerald (Tom Hiddleston) e sua moglie Zelda (Alison Pill), Gertrude Stein (Kathy Bates), Pablo Picasso (Marcial Di Fonzo Bo), Salvador Dalì (Adrien Brody), riscopre l’amore per la vita, l’ispirazione artistica, il fascino di una città immortale, e s’invaghisce perdutamente della bellissima e colta Adriana (Marion Cotillard), musa e dama d’altri tempi.
GIUDIZIO: Dopo le trasferte di Londra e Barcellona, Woody Allen torna a Parigi a quindici anni dall’exploit di “Tutti dicono I love you”, con una commedia brillante, originalissima, dolceamara, romantica, piena di poesia e fitta di citazioni di cultura alta, che aggiorna la sua filosofia sulla vita e il potere delle illusioni, e offre alla gloriosa Ville Lumiére il miglior omaggio possibile: le strade, le luci, le musiche, la pioggia, gli echi di un passato glorioso e immortale, in cui lo spettatore, come il protagonista, è letteralmente trasportato. E sembra quasi un peccato, alla fine di questo sogno, tornare alla realtà. “Che Parigi esista e qualcuno scelga di vivere in un altro posto nel mondo sarà sempre un mistero per me” dice a un certo punto Marion Cotillard: bella, stupenda, vera anima del film, che buca lo schermo e accende il cuore, è lei Parigi, è la vita, è l’arte. La Parigi nella notte stellata, sotto la pioggia, sul lungo Senna, ecco la speranza: la vita è davvero meravigliosa. Cameo di oggi (Carla Bruni come guida turistica) e di ieri (tra i tanti ancora Luis Buñuel, Man Ray, Cole Porter, T.S. Eliot, Henri de Toulouse-Lautrec, Edgar Degas, Paul Gauguin), in un viaggio meraviglioso e onirico, in cui l’alone di fiaba cela e ottenebra le paure, le angosce, le delusioni del suo autore, il suo pessimismo e in fin dei conti il suo intramontabile amore per la vita. La poetica anacronistica del film, ovvero la nostalgia di un’epoca mai vissuta come antidoto per un presente infelice, è rifiutata poi nel finale: Gil rinnega gli anni zero e sogna i ruggenti anni ‘20, che Adriana rimpiange per la Belle Èpoque, a cui Gauguin preferirebbe mille volte più il Rinascimento. E alla fine, sembra dirci questo grande grandissimo artista, il presente vivo vale più di un passato morto, la realtà è meglio di un’illusione, e ogni epoca, pur insoddisfacente (poiché la vita è sempre insoddisfacente), ha i suoi peccati e difettucci e malanni, ma ognuna è unica come la vita stessa, ha una sua aria, una sua moda, una sua unica, irripetibile bellezza, e una sua arte meravigliosa. La nostra epoca, atroce, orribile, asfissiante, ha pure qualcosa di unico e immortale: è il cinema, è Woody Allen. E in futuro rimpiangeremo questi giorni di grande arte.
VOTO: 4/5