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Telenovela italiana

di Enrico Massa

Caro direttore,
inizio col porle una domanda: quante volte negli ultimi anni la politica italiana ha saputo dare risposte concrete ai suoi cittadini? Immagino che queste siano ben poche. I governi degli ultimi anni, più che cercare di risolvere le già troppe problematiche che affliggono il bel paese, hanno fatto di tutto tranne ciò che la situazione reale richiedeva. Sì, ho parlato di situazione reale, perché i politici, più che preoccuparsi della realtà, sembrano vivere in un mondo tutto loro, quasi fossero in una squallida telenovela brasiliana, fatta di gossip, frivolezze e mille litigi, il tutto esageratamente pompato, ma senza nessun riscontro sulla società. Ma cosa ha portato a tutto ciò? Cosa ha reso la politica italiana una barzelletta? Le cause, credo, siano molteplici, e certo non pretendo di tracciarle tutte, ma le colpe vanno divise per entrambe le parti: sempre meno persone vanno a votare, e ciò ha reso le elezioni un gioco il cui vincitore è colui il quale ha più iscritti al partito, o paga per essere eletto; i mass media che, invece di rendere partecipi i cittadini delle politiche del paese, parlano di politica quasi come se fosse un reality show; i crescenti conflitti di interessi fra la classe dirigente. E così il divario si fa sempre più grande, ma, d’altronde, cosa può importare ad un disoccupato che non sa come arrivare a fine mese di case a Montecarlo, lodi Alfano o inutili federalismi fiscali? Gli argomenti trattati dai nostri politici si allontanano sempre di più da quelli della vita di tutti giorni, a scapito delle reali problematiche del paese. Del resto, Berlusconi annuncia che “la crisi è finita” mentre migliaia di persone ogni giorno si ritrovano in cassa integrazione, e il ministro dell’istruzione Gelmini congeda come “vecchi slogan” le manifestazioni di disappunto di centinaia di migliaia di studenti alla sua riforma della scuola. I politici hanno altre cose per la testa, devono parlare di cose importanti, loro. Non siamo più negli anni sessanta, questo si dice, negli anni sessanta le manifestazioni di piazza portavano a qualcosa di concreto, ora, paradossalmente, ai politici non importa più nulla di ciò che succede al di fuori del loro mondo incantato. I due mondi si stanno progressivamente allontanando e non mi stupirei di questo passo i soli a votare saranno gli stessi candidati. L’unico modo per evitare che questo fenomeno diventi sempre più importante è prendere coscienza dei propri diritti e dei propri doveri, e rendersi non più pupazzi imboccati dalle televisioni, ma cittadini attivi e consapevoli che, dopotutto, anche se oggi può sembrare strano, la politica serve proprio a questo. Per quanto riguarda i politici di oggi, bhè, che si tengano le loro frivolezze, la loro telenovela. Il paese ha altre necessità.

Caro Enrico,
i punti che vai a trattare nella tua analisi sono, probabilmente, alcune delle colonne della democrazia che non funzionano più tanto bene nel nostro Paese.
La questione dell’astensionismo alle elezioni è un problema di grossissime dimensioni, che tutta la politica, da ogni fronte, dovrebbe impegnarsi a risolvere, tentando di allargare le proprie reti di comunicazione tra i cittadini e provando ad accogliere un numero maggio di nuove forze nelle giovanili di partito.
A chi rifiuta di recarsi alle urne “per scelta”, ricordo che l’articolo 48 della Costituzione italiana disegna il voto come un diritto e un dovere civico del cittadino.
Hai accennato ai mass media e alle televisioni,e credo che questo sia un argomento amaro da trattare. La tv l’ho spenta da tempo (fatta eccezione per quel paio di programmi ancora stimolanti) e il giornalismo sta assumendo, sempre più, caratteri cortigiani che abbassano i professionisti del mestiere al ruolo di “impiegato”.
Per quanto riguarda le manifestazioni, il discorso è complesso e necessita sempre di nuove analisi. Tralascio la poca considerazione che il governo – e in generale, di solito, i governanti – riserva alla voce dei cittadini. Ma credo che i movimenti delle proteste debbano essere osservati con attenzione. Spesso, infatti, risultano essere più marci ed inquinati di quanto possano sembrare. Il paradosso, però, c’è ed è evidente. Chi è al potere rigira le frasi a seconda della circostanza. Quando è necessario, “è il popolo che ha deciso i propri rappresentanti”. Quando è scomodo, “il popolo non può pretendere di prendere decisioni”.
Infine, quello che tu dici lo ha sostenuto anche l’Associazione Nazionale Partigiano d’Italia, quando diceva “Ma che ci frega a noi della casa a Montecarlo? A noi interessa chi la cosa non ce l’ha!”.
Si tratta di questo. Il reale problema è che il popolo ha bisogno di specifiche cose, ma i politici hanno altre priorità. La memoria ormai sembra dirci che è sempre stato così. Loro recitano la loro felice telenovela, mentre i cittadini piangono ancora la propria vita.
Roberto P. Ormanni