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I comunisti che non ci sono più

di Enrico Massa

E’ sconcertante notare come negli strati più ingenui (e non ignoranti, in quanto ritengo che il loro essere ignari non sia sempre loro colpa) della popolazione che supporta il nostro presidente del Consiglio, uno dei motti più comuni è “Altrimenti saremmo in balia dei comunisti”. Poco conta, per questi italiani, che Berlusconi sia uomo corrotto, senza morale, senza alcun progetto politico preciso se non quello della propaganda continua e che metta in imbarazzo tutta la nazione con le sue azioni. Ciò che è importante per loro è che egli non sia “un comunista”.
Suppongo che siano noti i suoi metodi populisti – tra i quali la promessa “Abbasserò le tasse” – gli permettono di accaparrarsi molti dei suoi voti. Che poi le tasse, invece di abbassarle, le alza, questo è un altro discorso. Ma quello su cui voglio far focalizzare la vostra concentrazione è altro: il fatto che la gente abbia così tanta e inspiegabile paura verso questi “comunisti”.
Prima di tutto, mi sembra evidente che, di coloro che si professano ancora comunisti, nello scenario politico italiano attuale, ce ne siano ben pochi. E questo, a mio parere, è una grossa perdita per la nostra cultura politica. Che la sinistra si sia ridotta ad una vuota posizione centrista che, più che moderata, chiamerei vuota di ideali, mi pare altrettanto evidente. Ma, dopotutto, siamo sicuri che il nostro sistema capitalista- consumista-privatista-campanilista sia poi quello giusto? Io penso proprio di no. E gli effetti del capitalismo attuale sono visibili a tutti, su scala mondiale come su scala nazionale: vi è sempre uno sfruttato e uno sfruttatore. I veri effetti del capitalismo si possono notare in Africa, dove l’intera popolazione è sfruttata da ricchi industriali europei, ma anche a casa nostra, dove i poveri sono sempre di più ed i ricchi sempre di meno. Ma questa idea, purtroppo, la sinistra attuale sembra averla persa e, quasi come una copia dei più accaniti capitalisti, si sta appiattendo su posizioni che favoriscono sempre più il privato a discapito del pubblico. Si ha la convinzione che il pubblico sia qualcosa di mostruoso e di ingestibile, ma non ci si rende conto che il privato pensi soltanto ai propri interessi.
Ce ne sarebbero di argomenti da trattare – da quello relativo all’acqua pubblica, passando dai trasporti pubblici, fino ad arrivare alla sempre più massiccia intrusione dell’imprenditoria nella politica- ma probabilmente sarebbe inutile dilungarsi ora in un lungo elenco. Credo basterebbe pensare che in fondo, se il pubblico non funziona, è colpa di chi ci governa. Ed è in un periodo di crisi come questo che forse uno Stato può capire quanto sia importante non delegare i propri servizi ai privati, ma gestirli personalmente. Perché alcune cose appartengono a noi tutti e non al primo imprenditore di turno.