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“La conoscenza umana” – Capitolo 4 ‘Deduzioni da ragionamenti costituiti da proposizioni fondate sull’esperienza collettiva, riguardo la natura umana e la società’

di Ferruccio De Prisco

Se nel capitolo precedente è stata fornita una prova pratica di come lavorerebbero i ragionamenti logico-razionali, arrivando alla deduzione necessariamente oggettiva secondo cui qualsiasi forma di caratterizzazione di persone, animali ed oggetti deriverebbe dalla presenza dell’altro, è opportuno ora andare ad estrapolare tutto ciò che è deducibile dai ragionamenti costituiti da più di una proposizione, tutte fondate sull’esperienza collettiva. Va a tal fine ricordata, così come già introdotto nel primo capitolo, la presenza alla base di questa tipologia di ragionamenti di una prima proposizione fondata sul principio secondo cui il simile si comporterebbe in modo analogo al simile, qualora i due termini di paragone presi in considerazione dimostrassero di avere la stessa natura (A è uguale a B se A ha la stessa natura di B). Per meglio chiarire questo concetto, è bene iniziare a dedurre. Fin dall’inizio della società civile, l’uomo ha sempre creduto che fosse altro dall’animale selvaggio. Compiendo questa netta scissione, che troverebbe la sua origine nell’erronea deduzione secondo cui l’uomo presenterebbe la ragione rispetto all’animale e che quindi sarebbe diverso da esso,non ha fatto altro che introdurre un dato falso nella conoscenza collettiva umana. Infatti,non dovendomi sforzare di dimostrare con ulteriori ragionamenti come ciò che dico sia vero, mi basta semplicemente ricordare come la scienza sia concorde nell’annoverare l’uomo come mammifero e, conseguentemente a ciò, animale. La prima proposizione oggettiva di questo tipo di ragionamento sarebbe dunque: “L’uomo è un animale e, come tale, si comporta alla sua stessa maniera” (se A ha un comportamento e B ne ha un altro e A è uguale a B, il comportamento di A sì identificherà, seppur con diverse manifestazioni, nel comportamento di B. Tutte le altre proposizioni che seguiranno saranno fondate sull’esperienza collettiva che si fa del mondo animale, attraverso cui, traslando il tutto nella realtà propriamente umana, sarà possibile continuare ad annoverare dati oggettivi .La prima cosa che va chiarita è, dunque, cosa sia la ragione umana. Così come le altre specie hanno ricevuto caratteri (zanne, velocità, ecc.) per il conseguimento dei propri obbiettivi, l’uomo, per mezzo di una graduale selezione della specie, ha ricevuto la ragione per portare a termine i propri fini. Questo aspetto non è posseduto dagli altri animali, così come l’uomo non possiede né artigli né particolari doti fisiche. Osservando gli animali, è possibile poi notare come il loro istinto li porti a perseguire unicamente il proprio utile, qualsiasi esso sia. Infatti, come constatiamo per esperienza, i due grandi fini degli animali selvaggi non ancora riuniti in comunità sono la riproduzione ed l’appagamento dei propri bisogni alimentari. Il fine è dunque ciò che muove tutti gli esseri viventi e ciò è costatabile facendo esperienza di come la natura agisca per selezione naturale, ossia per “consegnare” ai propri “figli” determinati caratteri per il raggiungimento dei loro fini di adattamento. E’ possibile, così, constatare come tali obbiettivi siano finalizzati solo alla sopravvivenza, indipendentemente dal reale desiderio di vita o morte. Essi, esistendo per una decisione -non propria del sistema- che implica la legge della giungla del “tutti contro tutti”, si troverebbero a dover necessariamente provvedere alla loro sopravvivenza, unicamente per potersi perpetuare nel tempo fino alla morte. Questo impulso irrefrenabile, essendo tipico degli animali ed essendo desunto in modo oggettivo dalle loro priorità vitali, è proprio perfino degli uomini. Infatti, seppur anche gli uomini vengono generati per decisioni non proprie, presentano un grado di ragione superiore che li porterebbe a comprendere il meccanismo della vita e, talvolta, a desiderare di abbandonare tali regole che li accompagnerebbero fino alla fine, essendo questo carattere selezionato come primario dalla natura e connaturato con la vita stessa di tutti gli esseri viventi, affinché la specie non si estingua. Se gli animali seguiranno solo il proprio obbiettivo, questo verrà fatto anche dagli uomini. Gli uomini allo stato primitivo, di fatto, essendo veri animali selvaggi prima di divenire animali di società, avevano gli stessi obbiettivi degli attuali animali selvaggi. Affermare, però, che l’avvento della società abbia nell’uomo abolito le antiche propensioni primitive è del tutto sbagliato, essendo la società un ente in grado di soddisfare un bisogno umano, ma non certo in grado di modificarne la sua natura. A dimostrazione di ciò, è possibile fare esperienza delle comunità di animali che,pur non essendo così sviluppate come quella umana, non hanno di certo eliminato le leggi naturali che regolerebbero il loro essere. E’ interessante notare come negli animali quella piccola dose di ragione li abbia portati, evidentemente, alla forma più razionale per poter perseguire l’obbiettivo della sopravvivenza che è nella società, che scaturirebbe dalla non convenienza della legge della giungla. Infatti, è logico pensare che convenga maggiormente far gruppo contro i pochi, affinché la propria stirpe venga preservata maggiormente. Ciononostante, è innegabile come la società di qualsiasi animale, dal momento che implica l’abbandono del principio di lotta per la sopravvivenza del singolo, trasli questa legge (la lotta di tutti contro tutti)nell’interesse del singolo animale a prevalere sull’altro, cosa che si può manifestare tanto nella competizione per l’individuo femmina, tanto nella lotta per il comando del gruppo. Si può intuire come la stessa società umana preservi indirettamente la legge della giungla, che si manifesterebbe con altre accezioni ma con il medesimo fine (il prevalere sull’altro). Il motivo dell’invenzione della società umana, sarebbe proprio lo stesso di quella della società delle altre specie animali. I due obbiettivi propri dello stato primitivo per il raggiungimento del proprio utile (conservazione), così come si preserverebbero nelle comunità delle altre specie animali, sarebbero rimasti invariati anche in quella dell’animale uomo, senza che esso se ne accorgesse .Nel prossimo capitolo, dedurrò altri dati oggettivi, riguardo il tema dell’avvento della società, con lo stesso mezzo che ho utilizzato fin ora. Inoltre, inizierò a spiegare cosa sia l’intelligenza, la bellezza e come esse influiscano sul conseguimento, in due modi diversi, dell’obbiettivo del raggiungimento della superiorità sull’altro,desiderio nato in tutti gli esseri viventi con l’avvento delle varie forme di società.

Per comprendere meglio

Uso dei ragionamenti che si fondano sulle proposizioni a loro volta fondate sull’esperienza collettiva:
1)Gli uomini sono mammiferi,quindi sono animali: prima proposizione fondata sul principio secondo cui il simile sarebbe uguale al simile.
2)Prima della formazione delle prime forme di comunità animali (non umane), gli animali per potersi conservare seguono le finalità della “riproduzione” e della “ricerca di cibo”. In questo tipo di fase vige la lotta di tutti contro tutti: il medesimo processo avviene nell’uomo.
3)Con la formazione delle prime forme di comunità animali (non umane), i due fini per la conservazione si sono mantenuti, ma, poiché la forma comunitaria ha eliminato la legge della guerra del singolo individuo contro tutti, nell’uomo tale principio si è trasformato nel desiderio di prevalere sull’altro in due modi: o tramite una superiorità riproduttiva o tramite una superiorità nel comando del gruppo: il medesimo processo avviene nell’uomo.