Home » Editoriali ed elzeviri, News » Quando i libri abbandonano i “piccoli eroi”: storie dimenticate in 150 anni di Italia

Quando i libri abbandonano i “piccoli eroi”: storie dimenticate in 150 anni di Italia

di Francesco Maselli

Avere vent’anni e contribuire alla realizzazione di un sogno, durato più di mille anni, da Giustiniano a Dante.
Avere vent’anni e riuscire a scrivere la storia, consapevoli di poter determinare gli eventi, e di avere la possibilità di camminare affianco a giganti come Mazzini, Garibaldi, Cavour.
L’unità d’Italia è nata dai sacrifici e dalle lotte di una generazione di ventenni, una generazione che ha donato lacrime e sangue alla causa al grido “Qui si fa l’Italia o si muore”!
Come Goffredo Mameli, inconsapevole autore del nostro inno, morto a poco più di vent’anni difendendo la repubblica romana a causa di una ferita alla gamba. O come i fratelli Francesco ed Alessandro Archibugi, studenti universitari alla Sapienza di Roma, arruolatisi nel battaglione universitario della Repubblica Romana e rimasti uccisi in prossimità del Ponte Mollo nel corso di uno scontro a fuoco con le milizie francesi.
Gli eroi, cantava Guccini, “son tutti giovani e belli”, e così ci si immagina Giovan Battista Falcone, ventunenne, che partecipò al fallito sbarco di Sapri, finendo trucidato il 2 luglio 1857 a Sanza insieme all’amico Carlo Pisacane. O come dimenticare Ippolito Nievo, garibaldino, filosofo ed attento cronista della spedizione, sventurato protagonista di quello che possiamo definire il “primo mistero italiano”. Egli, infatti, morì durante la navigazione da Palermo a Napoli, nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1861, essendo stato incaricato di riportare dalla Sicilia i dispacci amministrativi della spedizione. Il mare non restituì né i resti della nave né i cadaveri.
Non tutti però, nell’inseguire il grande sogno han trovato la morte. Tra questi, è sempre vivo il ricordo di Giovanni Nicotera: anch’egli partecipò alla spedizione di Sapri del ’57, riuscendo, però, a sopravvivere. E negli anni successivi, così, fu spesso impiegato da Garibaldi a capo delle sue brigate. Esponente della sinistra storica, divenne ministro dell’interno nel primo governo Depretis.
Un altro giovane patriota, diventato poi illustre, è Benedetto Cairoli: partecipò a 23 anni alle Cinque giornate di Milano, garibaldino, nel 1870 condusse i negoziati informali con Bismarck. Eletto in Parlamento nelle file della sinistra storica, ricoprì la carica di presidente della Camera e fu per tre volte presidente del Consiglio. Doveroso, però, menzionare tra questi Luigi Torelli, il quale diede avvio alle Cinque giornate di Milano arrampicandosi per primo sul Duomo con la bandiera tricolore.
Ognuno di loro, insieme a tantissimi altri, ha posato una pietra nella costruzione della nostra nazione. E noi, nel costruire il Risorgimento del futuro dobbiamo onorare la loro memoria ed il loro sacrificio, sempre. E dobbiamo farlo tutti assieme, perché solo se staremo assieme potremo determinare gli eventi. O come direbbe Mameli: “Uniti per Dio Chi vincer ci può”?