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Il Nobel che sfida la Cina

di Roberto P. Ormanni

Liu Xiaobo non lo sa, ma ieri il Comitato di Oslo gli ha conferito il premio Nobel per la pace.
Liu è in carcere, a Jinzouh, la città-prefettura situata sotto la Manciuria. E’ recluso dal dicembre 2008 e ieri notte, nella sua branda in cella, è andato a dormire con il suo solito spirito tranquillo, inconsapevole di essere festeggiato in tutto il mondo. Eppure il riconoscimento assegnato al dissidente cinese è il segno che qualcosa di profondo sta cambiando per sempre. La moglie, Liu Xia, alla quale è stato concesso solo un commento su Twitter, dice “Questo non è un premio per Liu ma per tutti quelli che continuano a lottare per la democrazia, per la libertà e per la pace in Cina. E’ un premio a chi è in prigione per le proprie idee”. Ed è esattamente questo il punto. Xiaobo è bollato dal governo cinese come “criminale condannato dai giudici per aver violato le leggi cinesi”, ma la verità è che si è macchiato del ‘reato di opinione’.
Xiaobo nel 2008 promuove, insieme ad altri 300 attivisti, la ‘Charta08’, un manifesto che sostiene riforme democratiche in Cina fondate sulla libertà del cittadino, sulla tutela dei diritti umani, sull’equilibrata divisione dei poteri governativi. Sembra essere un gesto rivoluzionario, ma l’articolo 45 della Costituzione della Repubblica popolare cinese recita “I cittadini godono della libertà di parola, corrispondenza, stampa, riunione, associazione, corteo, manifestazione…ed hanno diritto di esprimersi liberamente, esternare pienamente le loro opinioni, tenere vesti dibattiti e compilare manifesti a grandi caratteri”.
Eppure Liu è direttamente colpito e viene messo in cella. E il reale motivo è semplice. La Cina si sente assediata, teme che il dissenso possa destabilizzarla e, quindi, cerca di arginare e archiviare la pratica dei diritti umani attraverso repressioni forti. Nonostante il mondo si limiti a tacere, i metodi polizieschi in Cina non sono tanto cambiati da Tienanmen 1989.
Con questo Nobel, ora, il governo cinese è più che mai preoccupato. Vuole evitare ogni attenzione internazionale. Attacca Oslo definendo il premio “un’oscenità” e considera la scelta “un atto ostile, ordito dall’Occidente per arginare la nostra espansione economica”. Il dissenso insinua dubbi, nella classe dirigente e in quella cittadina, e questo il Potere cinese non può permetterlo.
La giuria norvegese ha premiato Liu con il Nobel per la pace nella convinzione che esista “una connessione tra diritti civili e la pace nel mondo”.
Liu Xiaobo non sa del premio, ma ha vinto. Dopo vent’anni di lotte, che lo hanno visto passare dalla piazza Tienanmen alle carceri cinesi, ha vinto davvero. E da oggi, fino a quando Liu resterà in carcere, nessuno al mondo potrà avere un giorno di pace. E’ stata una lotta di tutti. Ora deve diventare premio di tutti.