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“La conoscenza umana” – Capitolo 3 ‘Derivazione della caratterizzazione degli uomini, animali ed oggetti’

di Ferruccio De Prisco

Avendo alla fine del capitolo precedente introdotto i tre metodi attraverso cui l’uomo può ricavare i dati oggettivi della sua conoscenza, è opportuno fare un esempio della terza tipologia di ragionamento (quello logico-razionalistico), spiegando quel concetto lasciato sospeso secondo cui, la dimensione soggettiva sarebbe una dimensione imputata alla nostra coscienza e soprattutto all’esistenza di un minimo di due individui o due oggetti o due animali. La dimensione relativa, in definitiva, si concretizza nel semplice atto dell’attribuire aggettivi alle persone, alle cose o agli animali e nel fare comparazioni non che si fondino su dati oggettivi. Infatti, volendo prendere in esame la frase “Il piatto è gustoso”, si comprende come un individuo, nel suo pensiero soggettivo, non abbia fatto altro che attribuire un aggettivo ad un sostantivo. Nel periodo altrettanto soggettivo “E’ più bella la matematica che l’italiano”, è possibile invece cogliere una comparazione. I discorsi puramente relativi, dunque, saranno ricchi unicamente di queste due tipologie di periodi, non essendo la dimensione soggettiva costituita da altri elementi se non gli aggettivi e le comparazioni. Sulla base di quanto detto, per poter comprendere perché la dimensione soggettiva esisterebbe in virtù di un minimo di due individui o due oggetti o due animali, bisognerebbe considerare l’esistenza sul nostro pianeta di un unico individuo, di un unico animale o di un unico sasso (ipotesi assurda). Tale individuo, seppur potrà sollevare facilmente quel sasso, non potrà dire se leggero o no, dal momento che non avrà come riferimento la pesantezza di un altro sasso. Cosicché, è chiaro come l’attribuzione degli aggettivi e le conseguenti comparazioni tra le cose, siano fattori la cui esistenza deve essere imputata alla presenza di un minimo di due corpi della stessa “specie”: due sassi, due foglie, due penne e così via, per qualsiasi carattere preso in esame. Tale principio varrà anche per gli animali e per gli uomini. Non si potrà attribuire il carattere di bellezza ad un altro individuo o animale, senza avere come riferimento un altro uomo o un altro animale, per quanto concerne il carattere della bellezza. Si comprende come le comparazioni siano il diretto prodotto dell’attribuzione degli aggettivi secondo gusti personali. E’ interessante a tal proposito notare come un individuo acquisisca la propria intelligenza e tutti i propri caratteri solo in presenza ed in comparazione con un altro individuo della stessa specie. Se ne deduce che tutte le caratteristiche proprie di ogni individuo son tali non perché l’individuo realmente le possegga, ma semplicemente perché gli vengano addossate dal parere dei più in relazione ai medesimi caratteri presi in esame di ogni altro individuo esistente. Se dunque esistesse un uomo intelligentissimo, questi sarebbe tale non per una sua effettiva capacità, ma semplicemente per un deficit altrui. Così, se tutti diventassero improvvisamente intelligenti, la super intelligenza dell’individuo iniziale tenderebbe a ridimensionarsi e questi diverrebbe una persona dall’intelligenza assolutamente normale. Questo discorso è applicabile per ogni carattere umano e non solo per la specie umana. L’ultima precisazione è quella secondo cui la dimensione soggettiva può speculare unicamente sulle comparazioni non di natura scientifica. Infatti, pur potendo dire che un individuo è più bello di un altro per gusto personale, sarebbe impossibile affermare che un individuo sia più alto di un altro quando non è così. Va comunque detto che anche tali caratteri, propriamente legati al mondo della scientificità, sussistono come tutti gli aggettivi per merito dell’altrui individuo. E’ chiaro come per l’azione utilitaristica umana, sempre tenuta presente dall’individuo, tesi che verrà spiegata successivamente, convenga sperare nella stupidità altrui affinché, il proprio intelletto tenda ad assumere un’estensione maggiore. Ciononostante, qualcuno potrebbe criticarmi pensando come abbia fatto derivare il ragionamento logico-razionale dalla scienza, quando invece sarebbe un artificio retorico di mia invenzione per avvalorare le mie tesi. Per dimostrare che, piuttosto che inventare, ho semplicemente desunto da una forma del procedere scientifico, potrei riportare una dimostrazione geometrica che seguirebbe il “ragionamento logico-razionale”, secondo cui due rette, perpendicolari ad una terza, sarebbero parallele tra loro. Ciò che dobbiamo dimostrare è, dunque, il parallelismo delle rette. Supponiamo per assurdo che non lo siano. Se non sono parallele allora dovranno incontrarsi in un punto. Se però si incontrano in un punto, se le si prova a disegnare su un foglio, si vedrà che devono delimitare un triangolo. In questo triangolo ci si ritroverebbe con due angoli retti. Visto che le due rette sono entrambe perpendicolari alla terza, e questo è assurdo, le due rette devono essere parallele. E’ opportuno ora far vedere come le leggi, che da me sono state desunte dall’analisi del ragionamento logico-razionale, siano effettivamente presenti nella teoria geometrica del parallelismo dalla comunità scientifica condivisa. Quest’operazione, logicamente, andrà a convalidare non solo la mia tesi circa la caratterizzazione delle cose, ma anche quelle che farò in seguito, servendomi sempre del ragionamento logico-razionale con le medesime leggi strutturali.

Prima di tutto, supponiamo per assurdo che le rette non siano parallele: ipotesi assurda (prima proposizione assurda che prende in considerazione l’opposto di qualcosa di cui noi possiamo fare esperienza osservando, ossia il fatto che due rette sono parallele). Se non sono parallele allora dovranno incontrarsi in un punto (prima proposizione fondata sull’esperienza indiretta). Ma se si incontrano in un punto, se provassimo a disegnarle su un foglio, si vedrebbe che devono delimitare un triangolo, ma in questo triangolo ci si troverebbe con due angoli retti (seconda proposizione fondata sull’esperienza indiretta). Visto che le due rette sono entrambe perpendicolari alla terza, e questo è
assurdo,le due rette devono essere parallele: conclusione e ritorno nella nostra dimensione, immettendo un dato oggettivo nella nostra conoscenza, attraverso una deduzione logica.

Quest’operazione, logicamente, va a convalidare non solo la mia tesi circa la caratterizzazione delle cose, dal momento che ho utilizzato le stesse regole strutturali, ma anche quelle che farò in seguito, servendomi sempre del ragionamento logico-razionale.