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“Un gelido inverno”, pellicola non all’altezza. Immeritate le nomination all’Oscar

di Marco Chiappetta

TRAMA: Nel desolato altopiano d’Ozark, nel Missouri, la povera diciassettenne Ree Dolly (Jennifer Lawrence), costretta a occuparsi dei fratellini e di una madre catatonica, viene a sapere che il padre, latitante spacciatore, ha impegnato la fattoria di famiglia come cauzione alla scarcerazione e che, se non si presenterà all’udienza, il loro unico bene sarà confiscato. Così, con tenacia, Ree si mette sulle tracce del genitore per convincerlo a collaborare con la giustizia, ma trova solo l’ostilità e l’omertà della comunità locale, che ha qualche conto in sospeso segreto con l’uomo.
GIUDIZIO: Tratto dal romanzo di Daniel Woodrell, “Un gelido inverno” (titolo originale: “Winter’s Bone”), è un piccolo film indipendente dal genere e dal valore inclassificabili, narrativamente nullo, oscuro, piattissimo: le ambizioni di thriller sono negate da un ritmo prolisso, un asfissiante rigore formale, l’attesa inutile di una suspense, un colpo di scena, un intreccio latitanti e invisibili come il padre della protagonista, nucleo di una storia che gira a vuoto. Certo, è chiaro che alla regista, Debra Granik, l’aspetto narrativo e psicologico interessa meno che il ritratto neorealistico della brutalità e dello squallore dell’America rurale, ma non ha scuse sufficienti per giustificare un lavoro così arido e insulso. Il cinema deve raccontare storie, dire qualcosa: in caso contrario, è inutile.
Ciononostante, grande successo di critica in USA e 4 importanti nomination all’Oscar (film, sceneggiatura, attrice protagonista Jennifer Lawrence, attore non protagonista John Hawkes), tutte immeritate.
VOTO: 2/5