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La filosofia che non muore

di Gianmarco Botti

Capodanno. Tempo di bilanci e propositi. “Anno nuovo, vita nuova” è lo slogan ufficiale. Ed in effetti nessuno vuole che l’anno che viene sia uguale a quello appena trascorso. Si sente l’ansia di rinnovarsi, fare passi avanti, un salto di qualità. Vorrei far mio un simile auspicio anche per quanto riguarda questo piccolo spazio, il cui scopo primario sarebbe quello di dare voce alla filosofia in un’epoca che sembra si sia stufata di ascoltarla. E non ha tutti i torti, d’altronde. “A che servirà questo insieme di idee senza né capo né coda, che si confutano e contraddicono a vicenda, arrovellandosi sugli stessi problemi senza approdare ad alcunchè?” si chiede stizzito il liceale d’oggi che, mentre si aspettava una materia diversa dalle altre, fatta di ragionamento e libero pensiero, in cui dare sfogo alla propria capacità critica e creatività, si è trovato di fronte, ancora una volta, un barboso manuale denso di nozioni da memorizzare. Questa è la filosofia con cui spesso si viene a contatto a scuola. E, esclusi quei pochi temerari che scelgono di proseguirne lo studio anche nelle aule universitarie, quasi sempre il rapporto termina qui. Con un divorzio. Ma, come accade sempre, anche in quello fra la filosofia e l’uomo contemporaneo la colpa è da ambo le parti. Non ci si può arroccare nell’aristocratica posa di chi accusa la società globalizzata, il mercato e la tecnologia dello stato di emarginazione in cui vive il pensiero ai giorni nostri. Anzi, a mio avviso la colpa maggiore è da ravvisare proprio in un simile atteggiamento. Sono i filosofi innanzitutto che hanno voltato le spalle al mondo, rinchiudendosi, per buona parte del Novecento, nelle loro speculazioni che poco hanno a che fare con la concretezza della vita. Dice bene Donald Nicholl che “la filosofia è divenuta un gioco per il quale i filosofi stessi non provano un grande interesse, dacché non lo giocano più; semplicemente redigono definizioni e passano la loro vita a rivederle”.
Così facendo essi hanno tradito la Musa che pure veneravano. Perché, come rileva Galimberti, in origine “la filosofia significava andare in piazza e insegnare alla gente come si fa il buon governo, come si conduce bene l’anima, come si rispetta la natura […] Socrate faceva così, andava in piazza e parlava con la gente. Poi dopo si è arroccata, è diventata una cosa accademica, autoreferenziale, una dottrina”. Infatti “in Occidente la filosofia si è strutturata come una logica che formalizza il reale, sottraendosi al mondo della vita, per rinchiudersi nelle università dove tra iniziati si trasmette da maestro a discepolo un sapere che non ha nessun impatto sull’esistenza”. Le cose non stanno forse così? Perdendosi nell’astrattezza cavillosa di certi ragionamenti e nell’esaltazione fanatica dell’“ipse dixit”, essa ha rinnegato la sua natura di esercizio dello spirito umano finalizzato alla vita. L’identificazione della filosofia con la storia della filosofia come materia per specialisti le è stata fatale. Ma siamo sicuri che a morire sia stata la filosofia in quanto tale? Forse non tutto è perduto. Già nel secolo scorso, Popper affermava che è rimasto ormai “un solo argomento a difesa dell’esistenza della filosofia. È questo: lo sappiano o no, tutti gli uomini hanno una filosofia”. E questa filosofia, quella che ogni persona pratica quando semplicemente pensa e ragiona, non morirà mai, almeno finchè l’uomo resterà sulla terra. Essa vive con noi, è “pensiero vivente”, per riprendere il titolo dell’ultimo libro del filosofo napoletano Roberto Esposito. Calata nelle cose umane, nella quotidianità della nostra esistenza, secondo Seneca la filosofia “non respinge né preferisce nessuno: splende a tutti”. Non più una roba da iniziati, dunque; e sembra che qualcuno se ne sia accorto anche nel mondo accademico, a giudicare dai titoli di recenti pubblicazioni di giovani studiosi: “Pornosofia”, “I Simpson e la filosofia”, “Platone è meglio del Prozac”, per citare solo alcuni grandi successi editoriali degli ultimi tempi. Consapevoli della massima di Pascal, per cui anche “prendersi gioco della filosofia è fare davvero filosofia”, hanno aperto al pensiero le porte del Terzo Millennio. Non vorrei esagerare dicendo che, se è vero che fin dai suoi primordi la filosofia si è interessata al Tutto, trascendendo i confini epistemici delle singole discipline, allora la filosofia davvero è tutto. Ed è per questo che non ci si stupirà se anche questa rubrica si aprirà, in misura maggiore che in passato, a 360° sul mondo, analizzando i temi più svariati, con l’unica condizione che questo sia fatto con il metro del pensiero. Non mi resta che augurare a tutti un buon Capodanno, perché sicuramente anche nel 2011 troveremo qualche motivo per prenderla con filosofia.