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L’etica oltre la crisi

di Gianmarco Botti

Crisi. Una parola che si sente pronunciare sempre più di frequente in quest’epoca tanto travagliata sotto ogni profilo. Si parla di crisi economica, quella che affligge i mercati da due anni e che si considera la più dura dal 1929; in Italia c’è poi la crisi politica che incombe su questo governo e sullo stesso sistema bipolare, di cui tutti parlano, ma che si stenta ad affrontare; il termine è poi spesso associato a quello di “emergenza” e così parliamo di crisi dei rifiuti a Napoli, solo per citarne una che, col suo frequente ripresentarsi, assume i tratti di una “crisi permanente”. Ma crisi non è solo questo. Lo sapevano bene gli antichi, che con il termine krìsis indicavano una “scelta”, se è vero che il verbo greco krìnein significa “scegliere”, come anche “distinguere” e “giudicare”. Dunque crisi è un momento di rottura, che genera “distinzione” fra un prima e un poi, una trasformazione di assetto, una rivoluzione degli equilibri che ci mette in condizione di dare un “giudizio” su ciò che c’è stato prima, per “scegliere” poi come orientare il futuro. E l’esempio più significativo che l’antichità ci offre è quel periodo che la storiografia da Droysen in poi conosce sotto il nome di “Ellenismo” e fa cominciare tradizionalmente con la morte di Alessandro Magno. Ma che cos’era entrato in crisi? Solitamente si risponde che l’età ellenistica prende le mosse dalla crisi della pólis, la città-stato in cui l’uomo greco era abituato a riconoscersi e nella quale (come dimostra anche l’omologia platonica anima-città) proiettava la propria interiorità. Ad essa si sostituì il più ampio orizzonte del regno, o meglio, dei regni ellenistici governati dai successori del condottiero macedone, uno scenario dunque cosmopolitico. Al cittadino, quindi, subentra il suddito e l’uomo, libero dal peso della vita politica, si ripiega dentro di sé. A livello filosofico, l’universo finito e perfetto viene scalzato dalla visione di una realtà infinita da scoprire, esplorare, conoscere e questo sarà l’obiettivo delle scienze che in età ellenistica avranno un grande sviluppo. Ma allo stesso tempo la riflessione filosofica dalla ricerca dell’essenza delle cose, del senso intellegibile della realtà, si sposta sull’uomo. L’etica, come ricerca della giusta via da intraprendere nella vita di tutti i giorni, detronizza non solo l’indagine metafisica e ontologica che finora è stata al centro del filosofare, ma prende anche il posto di quella scienza del vivere sociale che chiamiamo politica. Il problema non è più come l’uomo possa vivere con i suoi simili, ma innanzitutto come possa vivere con se stesso, regolando le passioni e ricercando la felicità. È a questi grandi interrogativi che le diverse scuole, la scettica, l’epicurea e la stoica, daranno ognuna la propria personalissima risposta. Sono le domande di sempre, quelle che si ripropongono con nuova incisività nella crisi in cui ci troviamo adesso. Anche nella nostra epoca la tendenza generale è quella a rinchiudersi in se stessi, in fuga dal fallimento di una politica che sentiamo estranea. Mentre l’individualismo si diffonde sempre più, la tentazione è quella di rifugiarsi nel mondo interiore, oppure di lasciarsi andare a fantastici voli in mondi nuovi, teatri del nostro vagheggiare. Qui termina però la nostra analogia. Infatti se è vero che, come l’età ellenistica, la nostra è caratterizzata da un’acuta crisi della politica, non mi sembra però che l’etica goda di una salute migliore. Anzi, e con questo dico quanto ormai si sente ripetere tutti i giorni, vi è una crisi etica alla base di quella politica. Ecco cos’ha da offrirci l’Ellenismo: uno straordinario esempio di come dal crollo di una civiltà possa scaturirne una nuova, fondata su basi che hanno la solidità dell’antico, ma sono in tensione verso il futuro. Sono i capolavori dell’etica epicurea e di quella stoica che, dalla Lettera a Meneceo di Epicuro alle Epistole morali di Seneca, rivelano una nuova attenzione alla persona nella sua sete di felicità e nella sua ricerca interiore. Vale la pena di accogliere le suggestioni di questo periodo straordinario della storia umana perché dalla presente crisi si esca nel modo migliore. Ci sono le condizioni per un “nuovo Ellenismo”. Specie ora che il regno sta per rimanere senza il condottiero e si apre la lotta per la successione.