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“Fortunata”, melodramma borgataro firmato dalla coppia Castellitto-Mazzantini

locandinadi Marco Chiappetta

TRAMA: A Torpignattara (Roma), Fortunata (Jasmine Trinca), di nome ma non di fatto, sogna di aprire un salone di parrucchiera per assicurare un futuro alla figlioletta Barbara (Nicole Centanni), che l’ex marito Franco (Edoardo Pesce), violento e meschino, cerca in tutti i modi di riprendersi. La piccola, intanto, per superare il trauma della separazione dei genitori, va in visita da uno psicoterapeuta, Patrizio (Stefano Accorsi), che si innamorerà, ricambiato, di Fortunata. Parallelamente, Chicano (Alessandro Borghi), amico bipolare di Fortunata, che vive con la madre ex attrice ormai ammattita (Hanna Schygulla), dà anche lui segni di squilibrio problematici.
GIUDIZIO: Sesto film da regista di Sergio Castellitto, scritto come sempre dalla moglie Margaret Mazzantini che ha allungato in sceneggiatura un suo racconto mai pubblicato, è un melodramma di ovvie ascendenze pasoliniane, per il racconto di una giovane donna madre nella squallida borgata romana, privo sia di originalità che di emozione. Costruito per accumulo di scene, perlopiù madri e gonfiate da canzoni pop stranote sempre fuori luogo (vedasi l’utilizzo di “Vivere” di Vasco Rossi nel retorico finale), secondo un linguaggio visivo che strizza l’occhio al videoclip, il film non funziona né sul piano narrativo, con un abbecedario di conflitti banali e luoghi comuni, né sul piano psicologico, rifiutando di spiegare i personaggi, le loro relazioni e le loro identità. L’assurda liaison tra Jasmine Trinca e Stefano Accorsi (con un’imbarazzante scena sul lungotevere e un’ingiustificata scappata a Genova), il manicheismo dell’ex marito (cattivo, meschino e impotente a tesi, come vuole il copione dei femminicidi da prima pagina), la mai approfondita fragilità della bambina (peraltro interpretata da una piccola attrice rivelazione), il superficiale personaggio di un sacrificatissimo Alessandro Borghi,  l’ambientazione multietnica e perlopiù cinese della periferia romana (una scenografia piatta più che un’esigenza narrativa) sono solo alcune delle fosse in cui il film, peraltro lento e sfilacciato, inciampa a più riprese, fino a un epilogo frettoloso che non solo non conclude una storia mai iniziata, ma non chiarisce nessuna delle tante trame tessute e incompiute dalla maldestra scrittura.
VOTO: 2/5