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“Captain Fantastic”: i paradossi dell’anticonformismo in un tipico indie on the road

locandinadi Marco Chiappetta

TRAMA: A seguito del suicidio della moglie, da tempo malata, Ben (Viggo Mortensen), che ha cresciuto ed educato i sei figli di età varia nella natura selvaggia, lontano dalle tentazioni della società capitalistica e immersi piuttosto nella lettura, nella caccia, e nella cultura autodidattica, li porta con sé nel lungo viaggio per assistere al funerale della genitrice. A contatto con un mondo sconosciuto e diverso, le identità dei figli vacillano e iniziano gradualmente a ribellarsi al padre che a lungo, seppur con fini nobili, li ha isolati.
GIUDIZIO: Con un tocco delicato, graffiante e scanzonato, il film di Matt Ross racconta un tipico viaggio on the road, di formazione o metamorfosi, per un’America dai forti contrasti, con al centro una famiglia disfunzionale e sciroccata altrettanto tipiche del cinema indie americano. Se sulle prime i personaggi di questa famiglia sui generis sembrano soffrire di un certo schematismo, di un’irritante saccenza e di una psicologia superficiale, asservita da battute talvolta pretenziose, gradualmente vengono riscattati nell’evoluzione drammatica della storia, nel conflittuale incontro/scontro con la società da cui sono stati esiliati e isolati, nella scoperta di sé e degli altri, che manda in frantumi l’equilibrio e l’armonia del nucleo familiare. Solo allora l’assurda seppur profonda educazione culturale imbastita dal padre, dopotutto più autoritario che liberale, ai figli, vittime impotenti e indottrinate, può essere riscattata da un confronto, da una catarsi e da un esame di coscienza collettivo, salvo poi ritornare consapevolmente e volontariamente al punto di partenza in un atto finale, quello sì, carico di emozione, con un’eccellente versione acustica di “Sweet Child O’ Mine” dei Guns N’ Roses suonata e cantata dalla famiglia in omaggio alla madre morta. Non esente da provocazioni incredibili (la famiglia festeggia il compleanno di Noam Chomsky invece del Natale) e da furberie inevitabili, il film vale soprattutto per l’ottima prova dell’intenso Viggo Mortensen, che sa dare colore e umanità a un personaggio controverso e vulnerabile.
VOTO: 3/5