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Renzi, la Brexit e la febbre da teleschermo

Matteo-Renzidi Mattia Papa

Dopo il voto del 23 giugno in cui i cittadini britannici hanno deciso di lasciare l’Europa, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dichiarato di voler concedere la cittadinanza italiana agli studenti universitari britannici che svolgono nel nostro paese il loro percorso formativo. Eppure qualcosa non convince.
È infatti consuetudine per il Premier cogliere la palla al balzo per rimanere sulla superficiale cresta dell’informazione, mettersi in mostra, fare notizia, ma mai costruire qualcosa di realmente nuovo. Al massimo, decostruire.
Se infatti il Premier fosse davvero interessato all’estensione del diritto alla cittadinanza, dovrebbe esserlo non solo nei confronti degli studenti britannici, ma verso tutti quegli studenti provenienti da contesti extra-europei che risiedono nel nostro paese per compiere gli studi universitari.
Inoltre, la sua attenzione potrebbe focalizzarsi, invece di investire tutto in vanagloria da schermo e rumori nelle stanze dell’UE, sull’assenza diffusa di Diritto allo Studio nel Paese, individuando e ascoltando le realtà studentesche, ricercatori, dottorandi, sindacati, costruendo così basi solide per una crescita che non si conta con l’indice di gradimento o con gli hashtag più usati, ma con il lungo lavoro di ristrutturazione culturale all’interno della nostra società.
In qualunque caso, il Governo sta vagliando l’ipotesi di garantire l’esonero degli studenti stranieri dalle tasse universitarie qualora esista una condizione di reciprocità nel paese di provenienza e sta proprio facendo una ricognizione dei paesi che presentano tale condizione.
“Riteniamo ciò – scrivono gli studenti di Link Coordinamento Universitario – un’apertura rispetto alle iniziali dichiarazioni esclusivamente sugli studenti britannici, ma questa soluzione è ancora insufficiente e presenta delle gravi criticità. Infatti noi riteniamo che la condizione di reciprocità debba saltare poiché risulterebbe una discriminazione nei confronti degli studenti che provengono da paesi non disposti a questo tipo di accordi ma che si trovano nelle condizioni economiche che rendono necessario per loro uno sgravio delle tasse. Crediamo – continuano gli studenti – che le università debbano rappresentare luoghi di integrazione e contaminazione di culture. Essi, e le città in cui sono inseriti, devono costituire una sperimentazione anche di estensione dei diritti di cittadinanza a chi proviene da paesi extra UE. Quindi chiediamo che il ragionamento parta dalle esigenze degli studenti prima che dalle possibilità che offrono i loro paesi di origine”.