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Viviamo nel periodo migliore per l’essere umano medio

lead_960di Bruno Formicola

La mente umana è costantemente vittima di bias cognitivi, interpretazioni soggettive ma distorte di fenomeni o eventi che impediscono agli esseri umani di giungere a conclusioni logiche e razionali più aderenti alla realtà.
Come nota l’umanista e scienziato cognitivo Steven Pinker, i titoli di giornale e le immagini che appaiono di fronte ai nostri occhi sui telegiornali o sulle homepage di Internet ci fanno pensare ad un mondo in rovina sempre più violento, più pericoloso e meno sano, ma come vedremo tra poco, si tratta di un giudizio errato. Ad alimentare questa percezione è l’euristica delle disponibilità, un meccanismo che distorce il modo in cui avvertiamo il pericolo assegnando ad immagini più impressionanti un’importanza maggiore, “ecco perché abbiamo più paura di essere mangiati da uno squalo che di cadere dalle scale, nonostante ci siano più probabilità che a ucciderci siano queste ultime“, ha detto il professore di Harvard. Ma torniamo al nostro pianeta: secondo le statistiche, questa potrebbe essere l’età dell’oro dell’umanità. I progressi maggiori sono stati fatti nel campo della salute, in particolare grazie ai benefici della scienza: negli ultimi sedici anni la percentuale di popolazione mondiale denutrita è passata dal 19% all’11% e malattie come la poliomielite e il morbillo mietono sempre meno vittime: la prima condizione sembra essere stata del tutto eradicata dal continente africano e persiste praticamente solo in Afghanistan e Pakistan (nel 1998 si registravano 350mila casi in tutto il mondo, mentre oggi sono poche decine), invece il numero di persone affette da morbillo si è ridotto di oltre due terzi rispetto al 2000, si pensa siano state salvate 17 milioni di vite, in particolar modo grazie alle vaccinazioni. Grandi successi sono stati conseguiti anche con l’aiuto delle Nazioni Unite e dei suoi Obiettivi di Sviluppo del Millennio fissati nel 2000: la mortalità infantile si è più che dimezzata dal 1990, e tra lo stesso anno e il 2013 il tasso di mortalità materna è diminuito del 45%, inoltre provvedimenti presi per trattare e prevenire malattie come malaria, tubercolosi e AIDS hanno salvato milioni di vite.
Questo sembra essere un buon periodo anche per quanto riguarda le libertà politiche e civili: secondo l’ONG Freedom House il numero di democrazie parlamentari nel mondo non è mai stato così alto (125 rispetto alle 69 del 1989), anche se molte di queste sono democrazie procedurali e limitano fortemente diverse libertà fondamentali. Stanno migliorando anche le condizioni della popolazione omosessuale, infatti secondo i dati dell’Associazione Internazionale LGBTI il numero di paesi che nel 2006 proibivano atti sessuali fra persone dello stesso sesso si attestava a 92, oggi quel numero è sceso a 75.
Dal punto di vista economico, l’uomo medio è più ricco: secondo il Fondo Monetario Internazionale nei paesi emergenti e in via di sviluppo, dove vive buona parte dell’umanità, il PIL è ancora in crescita e la Banca Mondiale ha dichiarato che la percentuale di persone che vive in condizioni di povertà estrema a livello globale è ai minimi storici, il 10% contro il 37% del 1990. Il limite oltre il quale si stabilisce il superamento della condizione di povertà estrema è ovviamente arbitrario e se un aumento di pochi centesimi del reddito percepito quotidianamente modifica radicalmente le statistiche, non è così per le vite delle persone oggetto dell’analisi, ma i dati comunque indicano un miglioramento delle condizioni economiche.
Anche gli atti di violenza stanno diminuendo. La continua e morbosa attenzione dei media dedicata alle sparatorie di massa negli Stati Uniti potrebbe farci pensare che questi siano in aumento, ma non c’è nulla di più sbagliato: rispetto al 1995 il numero dei reati violenti negli USA è diminuito del 35%. Le Nazioni Unite hanno inoltre segnalato che i casi di omicidio a livello mondiale sono diminuiti del 6%.
Le cose stanno diversamente per quanto riguarda i conflitti militari e gli attentati terroristici, che nel 2013 e nel 2014 hanno causato più morti rispetto agli anni precedenti (soprattutto a causa della guerra civile siriana), anche se queste incidono meno dell’1% sui tassi di mortalità globale. Quest’ultimo dato ci ricorda che il progresso umano morale e materiale non segue un percorso retto ed in salita, ma una strada piena di deviazioni, colma di ostacoli e soprattutto molto fragile. Sono innumerevoli le variabili che, in un modo o nell’altro, possono determinare scenari quasi dimenticati come quello di una guerra mondiale, un evento che quasi certamente vanificherebbe e annullerebbe la moltitudine di progressi conseguiti negli anni precedenti. Le lezioni della storia quindi possono purtroppo rivelarsi insufficienti, come ci ha insegnato la storia stessa.