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Il dopoguerra ed i trattati di pace

di Bruno M. Criscuolo

L’Italia neorepubblicana era in una situazione di stallo: non aveva più un Re e non aveva un Presidente di pieno diritto, mancando la Costituzione. Capo provvisorio dello Stato era il napoletano Enrico de Nicola, scelto come Presidente della Repubblica ad interim. Trattandosi di una carica temporanea, de Nicola sembrava molto tentennante ad assumersi tale responsabilità in un momento così difficile. Il cronista Manlio Rubinacci, di fronte al tentennamento dell’onorevole, lo apostrofò con una frase passata poi alla storia: “Onorevole, decida di decidere se accetta di accettare”.Il napoletano finalmente accettò.
Il governo era guidato da un trentino 60enne emerso dalle polveri delle Biblioteche Vaticane: Alcide de Gasperi. Da molti considerato un grandissimo statista, fu uomo dotato di uno straordinario senso delle Istituzioni, formatosi politicamente in Austria (membro del Parlamento austriaco per il Trentino) in epoca pre-fascista. Durante il Ventennio ebbe vita difficilissima, ignorato costantemente da Papa Ratti, seguace filofascista del regime,che lo tenne per anni impiegato con uno stipendio da fame. Celeberrima la sua frase dichiarata al tavolo degli accordi di Pace, a cui si presentò in veste di rappresentate di un Paese sconfitto: “So bene che qui è tutto contro di me, tranne la vostra personale cortesia”.Espose la situazione dell’Italia, paese vinto ed ex nemico agli occhi dei presenti, con chiarezza, precisione e dignità.
Accanto a de Gasperi, emerse la figura di Luigi Einaudi, altra personalità dotata di profondissimo senso dello Stato, indottrinatogli dalle regie scuole sabaude,dove si formò culturalmente e politicamente.
Ministro degli Interni fu Mario Scelba, politico accortissimo e capo della Polizia, che in periodi di enormi difficoltà organizzative per le forze dell’Ordine, riuscì, non senza contraddizioni e attacchi da parte della stampa (fu definito “Scelba il manganellatore”), a mantenere l’ordine nelle turbolenti piazze italiane. A seconda dei punti di vista è stato considerato “o l’uomo che, riorganizzando le forze dell’ordine, ha salvato lo Stato democratico dal presunto sovversivismo attribuito al Partito Comunista Italiano e dal revanscismo neofascista” (sua fu la legge del 1952 che classificava l’apologia del regime e del partito fascista come “reati”), oppure l’uomo simbolo della repressione poliziesca del dissenso negli anni ‘50”.
Il ministero di Grazia e Giustizia venne affidato alle capacità del comunista Palmiro Togliatti, autore contemporaneamente di misure “draconiane” contro la criminalità comune postbellica e di un’amnistia politica che cancellò le precedenti sanguinose violente. Da alcuni considerato un fedele esecutore degli ordini di Stalin, fu un grandissimo diplomatico, sopravvissuto a trent’anni di scuola di Madre Russia. Nelle sue vene scorreva il sangue del Partito sovietico, intriso dall’imprinting di Stalin, di cui fu convinto portatore di ideali anche in patria.
Altro discusso personaggio, protagonista del dopoguerra italiano, fu Papa Pacelli, passato alla storia come Pio XII, filotedesco (e da alcuni considerato filonazista) fu favorevole al regime fascista in quanto ordine costituito, cercò di opporre una struttura molto anacronistica della Chiesa agli ormai crescenti potentati laici.
Con il diktat dei Trattati di Pace del ’47, l’Italia si vide imporre, nonostante le capacità di abile negoziatore di de Gasperi, condizioni durissime: perse le colonie, perso il Dodecaneso, persa in parte Trieste. La nostra posizione di ex alleati dei nazisti era e fu indifendibile, nonostante le attività del CLN e delle varie formazioni partigiane. La strage di Portella della Ginestra, dove sette contadini rimasero sotto il fuoco della banda Giuliano, fu il primo degli episodi della cosiddetta strategia della tensione, con il quale si aprì una nuova stagione di sangue destinata a durare per molti, moltissimi anni, con vicende spesso poco chiare e ai limiti dell’ inimmaginabile.
La storia però ha riabilitato i tre Paesi sconfitti. Germania, Italia e Giappone furono tra i paesi che con maggior vigore e veemenza si sono economicamente distinti nel dopoguerra, dimostrando che le mutilazioni dei trattati di pace non avrebbero pregiudicato il loro avvenire ed il loro futuro.