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“Potevo far fuori la Merkel, ma non l’ho fatto”: Cerlino in scena al NTFI tra attualità e dramma grottesco

di Stefano Santos

“Potevo far fuori la Merkel, ma non l’ho fatto”, messo in scena lunedì e martedì nella Piazza d’Armi del Castel Sant’Elmo di Napoli, segna il secondo contributo consecutivo di Fortunato Cerlino al Napoli Teatro Festival Italia. Diversamente da “Making Babies”, adattamento dell’omonimo romanzo della scrittrice irlandese Anne Enright, Cerlino presenta quest’anno un testo originale, immerso nell’attualità, avvalendosi della co-regia di Marcello Cotugno. Il sottotitolo Stay Hungry. Stay Foolish. ricorda i dieci anni dal famoso discorso di Steve Jobs ai laureandi di Stanford.

La vicenda ruota attorno a quattro personaggi che vivono e si animano in un condominio. Modesto (Francesco Montanari) ha trentotto anni, è mantenuto dalla madre e passa le giornate a guardare porno e il discorso di Steve Jobs a Stanford. Nel suo appartamento, in cui la porta è sempre aperta, irrompe Yvonne (Roberta Spagnuolo) e la sua crisi matrimoniale. La scintilla che fa scoppiare il litigio con Michele (Cesare Bocci) – famoso psicanalista, noto sia in Italia che all’estero – è il tentato soffocamento della figlia, culminato dopo un doloroso percorso di rifiuto della sua condizione di moglie e di madre – di tre bambini, ritenuti rispettivamente un “disadattato”, una “psicotica” e un “mostro. Nel frattempo Gloria (Claudia Potenza), paziente di Michele e amica di Yvonne, coltiva il sogno di andare a Berlino – là dove si sta consumando la storia – e il culto di Steve Jobs, considerato uno degli ultimi grandi geni.

Ognuno dei personaggi avverte con forza il divario ideale esistente tra un’Italia definita con aggettivi come melma, cancro, mediocrità e una Germania che dopo la caduta del Muro – evento ripetuto più volte nel corso della rappresentazione – è riuscita a riacquistare il ruolo egemone in Europa venuto meno con le due guerre mondiali. Un contrasto che vuole essere risolto con una fuga che non lo vuole essere: soprattutto riguardo Gloria, la sensazione è quella di ritornare nella propria Urheimat, e si è in Italia come migranti. Questo sforzo porterà i protagonisti, tranne Modesto che si rifugia nella sua condizione di spettatore, a tramare per raggiungere la Germania: Gloria come cassiera in un supermercato, Yvonne a scappare dalla maternità e Michele a starci con i figli. Ma il tutto si risolve con un nulla di fatto, ognuno rimane a propri posti. Come Modesto, che ebbe l’occasione di uccidere la Merkel mentre era in vacanza a Ischia, con un grosso vaso di fiori, e non lo fece.

Come scrivono Cerlino e Cotugno “un disegno che, tra comicità involontaria, dramma annunciato e meteteatro, analizza senza giudizi il tempo della crisi, la sottile linea che separa un’esistenza normale, da quella in cui un’azione decisiva e definitiva, possa sconvolgere e cambiare il senso di una intera vita”. E su cui sovrastano le figure ideali di Steve Jobs e il suo motto “stay hungry, stay foolish” (elevato a sottotitolo della rappresentazione) e della Germania, un pezzo del Muro sul palco e la sua idea di Sonderweg, sulle note dell’inno della Repubblica Democratica Tedesca.