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“Big Eyes”: quando il vero incontra il falso diventa arte, o un film di Tim Burton

Big_Eyes_Tim_Burton_posterdi Marco Chiappetta

TRAMA: 1958 – Margaret (Amy Adams), donna emancipata con un divorzio alle spalle, una bambina a carico e un talento artistico inespresso, incontra a San Francisco il carismatico affabulatore Walter Keane (Christoph Waltz), sedicente pittore di strada, e insieme nasce prima l’amore, poi una complicità artistica: i quadri di lei, ritratti di bambini infelici con grandi occhi, riscuotono un enorme successo mondiale, con la fallace firma di lui. Emarginata nella sua condizione di donna in un mondo maschilista, Margaret accetta di prestare il suo talento al marito, assetato di successo e denaro, finché non decide di ribellarsi a una vita ingrata e menzognera.
GIUDIZIO: Apparentemente lontano dall’universo gotico e fantastico a cui ci ha abituati, il nuovo film di Tim Burton è in realtà più che mai personale e autentico, referenziale e unico: per il ritratto di un’artista a lui congeniale, dallo stile dark, grottesco ed espressionista (gli occhi grandi, proprio come i personaggi dei suoi film d’animazione), per l’iconografia vintage e pop di un’America coloratissima dalle case a schiera già spesse volte sfondo geografico e cronologico dei suoi film, per il discorso sulla verità (la vita) e la menzogna (l’arte, il sogno), per i conflitti interni (la famiglia) e esterni (la società) di un individuo, meglio se artista (proprio come il cantastorie di “Big Fish” e il registucolo Ed Wood). Sobrio, semplice, ironico, iconico, leggero ma non frivolo, conferma l’abilità del geniale regista americano non solo nel cambiare continuamente materia mantenendo l’impronta, ma anche nel creare una sospensione del giudizio dei personaggi, finanche i più meschini, caricandoli di ironia e mistero, e rendendo l’ossatura della storia sempre affascinante e intrigante, laddove un regista qualunque qui avrebbe pigiato i tasti rotti e consumati del buonismo, della cronaca, dell’impegno civile e della questione femminista, con pathos e spettacolo ed enfasi. Interessato da sempre a storie di nicchia e a personaggi marginali, a ciò che la vita nasconde e l’arte rivela, Tim Burton offre un film che solo apparentemente e mediaticamente appare come minore, e che invece aggiunge, complice anche la bella prova dei due migliori attori del momento, un altro tassello importante alla sua arte unica e ricchissima.
VOTO: 3,5/5