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Se cade il diritto allo studio. Quando nell’università prevale il disegno di emarginazione tra le classi sociali

universitàdi Mattia Papa

Sul chiudersi del 2014, tra la vigilia di Natale e la vigilia di Capodanno, le A.Di.S.U. della Federico II e l’Orientale di Napoli – le più antiche e celebri università campane – hanno pubblicato le graduatorie per gli aventi diritto alle borse di studio per l’anno accademico 2014/15. Metà degli idonei non riceveranno il rimborso. Perché?
“Questo è il risultato delle manovre politiche degli ultimi anni – commenta in una nota il Coordinamento universitario Link Napoli – atte a finanziare sempre meno i fondi per il diritto allo studio, mettendo in campo il chiaro disegno di allargamento delle distanze sociali tra i cittadini partendo dall’emarginazione dei soggetti in formazione dai processi formativi stessi. Infatti, così come da tempo avviene nella nostra Regione e come anche i numeri di quest’anno dimostrano, non tutti gli studenti risultati idonei per conseguire la borsa di studio, possono usufruire di questo beneficio, essenziale per coloro i quali, altrimenti, non potrebbero accedere all’università o proseguire gli studi”.
Presso la Federico II i dati non sono ancora certi, ma, secondo calcoli ufficiosi, sarebbero meno della metà a ricevere il rimborso universitario per quest’anno accademico. All’Orientale, invece, saranno solo 419 gli studenti che, su 1806 idonei, verranno ripagati con la borsa di studio. Incerto il numero dei richiedenti che, esclusi per un esame mancante o un voto inferiore al 28 in media, sono stati esclusi direttamente dall’idoneità. È una questione di merito, dicono. Eppure le borse di studio sono (o dovrebbero essere) assegnate in base al reddito, per permettere a tutti coloro i quali vivono disagi economici, di studiare e di formarsi, senza che questi disagi influiscano nel loro percorso di formazione e di emancipazione culturale.
Si potrebbe obiettare che è per la carenza di risorse economiche che i governi che si susseguono impongono regole così serrate e introducono il merito per rendere oggettive le valutazioni degli studenti così da non assegnare agli – appunto – non meritevoli borse che potrebbero andare ai più ‘bravi’.
Eppure nessun governo ha realmente attuato reali contromisure all’evasione fiscale andando a toccare così anche quei richiedenti che in realtà hanno un reddito molto più alto di quello dichiarato alle università durante l’iscrizione, ad esempio. Tutti i governi, invece, si sono preoccupati di creare sistemi di divisione sociale affinché ogni singolo potesse puntare il dito contro il suo vicino, instillando lentamente in ogni istante quelle logiche meritocratiche basate su una bugia di fondo quale il merito è, poiché basato su valutazioni soggettive quali quelle dei singoli docenti.
Perché creare sistemi di distinzione sociale? Perché se non per giustificare e deviare l’attenzione dai grandi tagli che i vari Ministri dell’Istruzione avallano, sottolineando sempre più quanto il Pubblico sia stato deturpato nel corso degli anni per assenza di reale meritocrazie ed ora è il momento di stringere la cinghia per non permettere più che nessuno approfitti di status di casta quale quello degli ordinari universitari, ad esempio?
Perché nessuno invece dice che con il DL Sblocca Italia si trasferiscono 150 milioni prima investiti nel diritto allo studio universitario, nel patto di stabilità interno?
“Inoltre, insieme al decreto di riparto delle borse per l’anno 2014 – continua la nota del Coordinamento universitario – che con soltanto 162 milioni di euro stanziati non soddisfa le richieste per la copertura totale dei rimborsi agli studenti, in Campania la questione assume tratti drammatici, essendo che la Regione non impegna nessuna risorsa economica per garantire la copertura totale delle borse di studio”. Resta infatti a €0 la voce Diritto allo Studio nel bilancio regionale.
Il diritto allo studio è uno di quei diritti inalienabili per la democrazia i ogni paese. Anche in Italia una volta ci si credeva, pensando che l’emancipazione culturale permettesse ai popoli e alle persone di prendere coscienza di sé e agire in maniera più consapevole. Forse era vero, e quindi meglio correre ai ripari. In Italia, il diritto allo studio era un diritto. Appunto, era.