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Il tipo strano che per tremila lire vendette sua madre a un nano/2

A-brilliant-surrealism-painting-by-Jacek-Yerka-of-a-steam-engine-train-exiting-the-mouth-of-a-dragon-made-of-landdi Stefano Santos

Fui colpito dalle qualità completamente opposte che questo ambiente rifletteva rispetto alla luminosa, allegra e musicale convivialità che avevo lasciato. Le tende chiuse creavano uno stato di semioscurità mitigato solo da torce che puntellavano a vari intervalli le pareti cremisi della carrozza. Nessuna musica risuonava: si poteva udire solo un sommesso brusio, emesso dagli occupanti del vagone. Osservandoli mentre mi avvicinavo a loro mi permise di ricavare molte informazioni. Prima cosa, erano enormi, sdraiati su divanetti simili a quelli che si trovano nei triclini latini, davano l’impressione di masse pallide e informi in cui si poteva riconoscere il bozzo che fungeva da testa e da quattro tentacoli terminanti in dita. Il fatto che fossero nudi mi scioccò quando lo constatai, ma in seguito non ci diedi tanto peso, dato che i rotoli di ciccia coprivano i gioielli per i gentiluomini e quasi camuffavano il seno per le damigelle, e tutto l’insieme offriva una protezione invidiabile dalle intemperie e dalla temperature rigide. Erano tutti indaffarati a rafforzare la propria condizione, mangiando e piluccando le cibarie disposte sui tavolini immediatamente davanti a loro; i piatti erano vuoti e lindi e i bicchieri e le caraffe asciutti, ma essi non se ne preoccupavano. Masticavano l’aria come se stessero sgranocchiando un crostino e bevevano l’etere come se fosse aranciata ghiacciata. Attingevano alle stoviglie a piene mani e con enormi mestoli. Sembravano esserne soddisfatti, se non addirittura deliziati. Si leccavano i baffi, ruttavano in libertà, facevano risuonare con manate gli stomaci da loro considerati pieni, alcuni si esibivano in sonore flatulenze: l’odore infatti non era esattamente dei migliori. Non mi avevano notato sebbene fossi entrato da un po’ di tempo, quindi non avevano interrotto i loro discorsi, di cui riuscii a ricavare degli stralci.
“Ma quanto sono buone queste costolette? Mm, mm! Spero di non ingrassare, ho già preso quattro porzioni. Mi fanno letteralmente impazzire, soprattutto se innaffiate con quest’ottimo Chianti. Sento già che mi stanno andando tutti sui fianchi! Annuccia cara, fammi un piacere, dimmi se sto ingrassando poiché non posso constatarlo da sola!”; “Tinuccia, sei proprio un figurino! Quelle costolette sono andate proprio dove serviva: sembri una modella anoressica! Ma dimmi, come mi vedi? Mi preoccupo sempre, quando mangio queste splendide bistecche, (che meraviglia!) di non esagerare.”; “Uh, pure tu non scherzi con la magrezza! Tonica e perfetta. Continua così!”. Entrambe risero stridulamente, e tornarono a ingozzarsi di carne suina e insaccati. “Tonino, c’è un sole da spaccare le pietre! Sto sudando come un matto, spero almeno dopo di avere una bellissima doratura. Sai, alle donne piace l’uomo abbronzato”; ”Eh già. Io, figurati, mi sono dimenticato persino di mettermi la crema: diventerò scuro come il carbone, stanne certo. Non farmi stare in tensione, dimmi, come ti sembro?”; ”Stare al sole senza protezione è pericoloso, sciocchino, guarda come sei diventato! Ci vorrà una settimana in ammollo in candeggina per farti ritornare come prima”; ”Che lusinghe, che lusinghe! E che buono questo hamburger, sai, ho fatto mettere una fetta di carota. Dicono che favorisca l’abbronzatura e nel contempo è molto sana. Dovresti provarlo anche tu, Peppino”; ”Sì, credo che ci proverò. Domani comprerò una carota, per fare scorta”; ”Prendine una anche per me”. Peppino addentò una salsiccia al niente e si distese per prendere meglio l’ombra, mentre Tonino ritornò al suo pasto ipocalorico.
roadtonowhere_large“Quant’è bella questa musica, ti mette un tale allegria addosso che potresti ballare per ore! Da-da-da! Uh, mi sto mettendo a scuotere questo coscione di tacchino come un maracas, fermami Johnny!”; ”Vorrei, ma non potrei, sai com’è Slim…mi posso solo mettere a ballare con te al ritmo di questa melodia! Uh là là, maracaibo!”. Continuarono a scuotersi come gelatine al ritmo sudamericano del mestre Josè, ribattezzato da me ‘L’inesistente’. Ancora meglio della tenzone navale di Tommasini e Gentilini! Credevo che mi sarei divertito meno in questo scomparto, ma ebbi da ricredermi. In barba a ogni regola di educazione, non resistetti, dovevo ridere. Sganasciarmi, slogarmi la mandibola, mancare il fiato, lo feci. Il suono sgraziato della mia risata attirò gli sguardi misti fra il languido e l’infastidito delle signore, disturbò la seduta abbronzante di Peppino, complicò la digestione della dieta salutista di Tonino, ruppe il ritmo latino ballato da Johnny e Slim. Tutti focalizzarono a fatica l’attenzione su di me, cosa che non notai finché non smisi ridere, arrossato sia per lo sforzo che per la figura appena fatta. Mi composi subito, per mettermi sull’attenti e per introdurmi alla loro attenzione. “Ehm, salve. Mi chiamo *******, e sono di passaggio. Sapete, mi annoiavo e volevo dare uno sguardo al treno. Spero di non essere stato troppo maleducato.”
Annuccia: “Ma no ma no, caruccio! Vieni, vieni, unisciti a noi, io e la mia amica Tinuccia saremo liete di mangiare con te”. Tinuccia: “Proprio vero…che bel bocconcino che sei! Ti divorerei in un sol morso. Ihih!”. A. e T.: “Ihihihihi!!”
Peppino: “Ma quanto sei pallido! Da dove vieni deve far sempre nuvoloso, sembra che tu non abbia mai preso del sole in vita tua. E sembri anche poco sano: guarda come sei sciupato, sei scheletrico! Non è vero Tonino?”; ”Peppe ha ragione, vieni qua e prendi il sole con noi, anche se sei stato un po’ indelicato a ridere così”.
Johnny e Slim: “La vita è fatta per ballare, non per stare lì fermi, mogi mogi! Non senti il ritmo caliente, ascolta gli altri e unisciti a noi! Carramba!”.
Baby2_525“Beh, grazie”. La loro giovialità mi aveva spiazzato. Rimasi per un po’ sulle mie posizioni, poi mi decisi e mi diressi verso di loro, presi uno sgabello appoggiato alla parete e con esso mi sedetti tra di loro, venendo circondato da tre paia di imponenti corpi. Rimaneva ancora quella ritrosia, che cessò quando affiorò una sensazione di sicurezza, di protezione. Potevano schermare ogni minaccia dall’esterno, e in caso di deragliamento del treno, costituire un soffice airbag che mi avrebbe salvato. Accettai dunque di unirmi al banchetto immaginario, sebbene avessi fame. Dell’abbronzatura non mi curai, perché proprio una settimana prima ero andato al mare. Per quanto riguarda il ballo al ritmo latino, immaginai il quartetto che avevo sentito prima: tamburellai le mani al ritmo del moog. Osservai i sei tavolini, domandandomi cosa contenessero. Per fugare i dubbi, chiesi agli interessati: “Non ho mai visto piatti tanto esotici, mi potreste indicare cosa contengono i piatti? Ho qualche difficoltà a distinguerli…”.
Per la coppia di donne parlò Tinuccia, la più tonica delle due: “Certo caro, allora…nel mio piatto principale ci sono le costolette di maiale, come contorno ci sono le patatine fritte e il bacon, c’è il sale, l’olio e il pepe per condire, c’è la bottiglia di chianti. Questo per quanto riguarda il mio pasto morigerato. Per Annuccia, la mia amica, la conosci c’è…vediamo: le bistecche, l’agnello (quello per fare il kebab), il pane da inzuppare nel lardo puro e la soda. Sembra tutto!”.
Per la coppia di patiti per la tintarella parlò Tonino, il vegetariano: “Vediamo un po’: io sto mangiando un hamburger salutare (ci ho messo una fetta di carota), insalatona condita con burro e margarina. Il mio amico invece sta mangiando salsicce tedesche, crauti con aceto, speck altoatesino e in più sorseggia una pinta di birra ghiacciata. Niente più!”.
I ballerini sudamericani, invece, risposero all’unisono: “Piatti latini, oh sì. Burritos, Tacos, Empanadas, Feijoada, Churrasco, non si sbaglia, oh no. Condimenti, chili, tabasco, guacamole, oh yeah! Bevande: Succo di guaranà per Johnny, sano rum per Slim. E’ tutto amico!”.
Di certo erano tante belle pietanze, c’era solo l’imbarazzo della scelta. Rimasi per un po’ di minuti a girare con lo sguardo i piatti gentilmente mostratimi dai miei nuovi amici, dimenticandomi quali pietanze fossero. Loro, nel frattempo mi osservarono, curiosi di conoscere il mio responso. Mi decisi a mangiare delle patatine, con gran delizia di Tinuccia che subito mi invitò a prenderne a piene mani. La guardai con l’espressione indulgente che si ha con i matti, e allungai la mani, aspettandomi di fendere l’aria. E invece…afferrai qualcosa di molto simile a delle patatine, untuose, lunghe, sottili, giallognole. Contemporaneamente, una potente miscela di odori si mischiò nelle mie narici. Tutto quello che mi avevano descritto si materializzò completamente ai sensi, fatta ancora eccezione per la vista. Ogni remora scomparve, avendo io molta fame. Una frenesia pappatoria mi colse: divorai, per prima cosa, le patatine. Quant’erano buone! Passai dunque agli altri piatti. I miei compagni mi osservavano compiaciuti, con un espressione quasi materna. Un vortice di sapori, un esplosione di gusti. Mi avventavo senza pietà sulle carni, ingollavo interi pugni di insalata al burro, provai per la prima volta piatti sudamericani, bevvi bevande a galloni. Quella roba sembrava inesauribile, non finiva mai. Non ci facevo caso, per me era una benedizione venuta dal cielo. Solo quando lo stomaco non poté più contenere quello che facevo entrare cessò la mia voglia. Crollai a terra, dolorante e con una pancia paragonabile a quella di una donna incinta. Avevo bisogno di un secchio di bicarbonato. Chiesi allora ai miei commensali dove fosse il vagone ristorante del bar. E’ il prossimo, mi risposero. Li ringraziai e uscì dalla stanza strisciando, perché a ogni passo sembrava che quello che avevo mangiato scalciasse e non se ne parlava di camminare.

 

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