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Cinema e finanziamenti: il sistema che battezza i film di interesse culturale

mibacdi Brando Improta

“Attribuire la qualifica di ‘interesse culturale‘ all’ultimo film di Neri Parenti rappresenta un vero sabotaggio dell’attuale sistema”. Queste furono le parole di Mario Lorini, presidente della Fice, quando nel 2009 era stata avanzata la proposta di contribuire con contributi fiscali a “Natale a Beverly Hills” diretto da Parenti. Parole sante, santissime: perchè il ministero (e di rimando gli italiani) dovrebbe contribuire a finanziare una pellicola che sicuramente non può definirsi d’essai e che ha dalla sua uno dei produttori più potenti della storia del cinema, Aurelio De Laurentiis? Il grosso dei contributi, infatti, è destinato ai giovani registi che, alle prese con un’opera prima o seconda per il cinema, hanno bisogno di fondi per iniziare, completare o distribuire la propria opera.
È giusto che la legge tuteli chi voglia cimentarsi nel circuito cinematografico invece di beneficiare i soliti noti.

Eppure i conti non sembrano tornare lo stesso. Nonostante la ferma decisione della commissione di mantenere ben saldi i principi che dovrebbero regolare l’attribuzione di fondi e/o del bollino ‘d’interesse culturale nazionale’, tra i film scelti per il 2013/2014 si ritrovano: “Il ragazzo invisibile” di Gabriele Salvatores (16esimo film da regista, senza contare corti e documentari); “L’intrepido” di Gianni Amelio (decimo film, senza contare la miriade di progetti televisivi); “Che strano chiamarsi Federico” di Ettore Scola (la sua filmografia è infinita, ha esordito come regista nel 1964); “Benvenuto, Presidente” di Riccardo Milani (quinto film). Tutti i sopracitati titoli sono diretti da registi esperti ma non solo, essi infatti sono frequentemente spalleggiati da case di produzione ricche e senza bisogno di ulteriori fondi statali, senza voler dire che in un paio di casi si potrebbe tranquillamente affermare che “Natale a Beverly Hills” non avrebbe sfigurato a confronto.

638-0-28047_cinema-romaQuest’anno la commissione si è spinta oltre: è di pochi giorni fa la notizia che il nuovo film che avrà per protagonista Belen Rodriguez, dal titolo “Non c’è due senza te”, ha ottenunto un finanziamento di 200mila euro, a fronte dei 400mila richiesti. Il film è il terzo del regista Massimo Cappelli.
Ma funziona il meccanismo che regola l’accesso ai fondi pubblici per la produzione di un’opera cinematografica? 
I soldi vengono erogati principalmente da due commissioni: il Ministero dei Beni Culturali e la Film Commission. Per ottenere l’aiuto della Film Commission della propria regione è d’obbligo che ci sia un 150% di spesa sul territorio durante la produzione del film (in pratica dev’essere girato in loco); per quanto riguarda il Ministero, invece, il film dev’essere riconosciuto di interesse culturale nazionale.
Il grosso degli stanziamenti dovrebbe ricadere su opere prime e seconde, peccato che nella realtà dei fatti non sia così. Nel 2013, il ministero ha deciso che l’ammontare dei fondi sarebbe stato di 13,8 milioni di euro. Di questi, 6 erano a disposizione delle opere prime e seconde. Ma non tutti sono stati assegnati: evidentemente erano pochi i film meritevoli. I fondi per gli autori navigati, al contrario, sono stati spesi fino all’ultimo centesimo.
Tra le produzioni sovvenzionate spiccano i titoli di Rai Cinema. E a voler pensar male, si potrebbe ipotizzare che il motivo risieda nella clausola che prevede, una volta prodotto il film con soldi ministeriali, l’obbligo da parte della Rai di comprarlo per inserirlo nel bouquet delle proprie trasmissioni.

I lungometraggi finanziati e riconosciuti di interesse culturale nella delibera del Novembre 2014

I lungometraggi finanziati e riconosciuti di interesse culturale nella delibera del Novembre 2014 (clicca per ingrandire)

Se i contributi delle Film Commission regionali tornano, più o meno, girando in loco e adoperando maestranze locali, quelli ministeriali sono quasi a fondo perduto. Lo Stato infatti recupera con percentuali sull’incasso del film, quale esso sia stato.
Negli anni dal 1994 al 2006, lo stato ha speso 817 milioni destinati a 544 film, per un importo medio di 1.524.000 a film.
Di questi 544 film, 155 (il 28%) non sono mai stati realizzati e soltanto 25 sono riusciti a restituire in toto il finanziamento ricevuto.
Considerando questi dati, praticamente, una volta su quattro viene finanziato un film che non vedrà mai il buio della sala.
Tra i beneficiari, in questi dodici anni analizzati, troviamo più autori affermati che giovani bisognosi di affermazione: Michelangelo Antonioni con 3 milioni per un film mai realizzato; Lina Wertmuller con quattro sovvenzioni, una delle quali per un film mai girato e un’altra per “Peperoni ripieni e pesci in faccia”, girato con un contributo di oltre 3 milioni a fronte di un incasso di seimila euro; Pupi Avati, finanziato cinque volte in tre anni, e anche sua figlia Mariantonia.
Il risultato è che i soldi a disposizioni delle opere prime sono sempre meno e risulta difficile arrivarci per chi non ha i giusti agganci.
Infatti, tra le opere prime finanziate negli ultimi anni spiccano i debutti registici di: Alessandro Gassman, Valerio Mastandrea e Asia Argento. Registi esordienti sicuramente, ma personaggi molto affermati nel mondo dello spettacolo.

Rimane infine la questione del dubbio interesse culturale di alcuni film. Ci sono titoli che, infatti, possono pregiarsi del titolo di film indispensabile per la cultura italiana, senza necessariamente ricevere fondi. La qual cosa aiuta molto il titolo in questione in termini pubblicitari. Tra i film riconosciuti tali negli ultimi anni dal ministero troviamo: “E fuori nevica” di Vincenzo Salemme, “Sapore di te” di Carlo Vanzina, “Soap Opera” di Alessandro Genovesi, “Tutta colpa di Freud” di Paolo Genovese, “Un boss in salotto” di Luca Miniero, “Un matrimonio da favola” di Carlo Vanzina, “Indovina chi viene a Natale” di Fausto Brizzi, “Una donna per amico” di Giovanni Veronesi. 
Sono questi gli italiani film d’essai? Nella maggior parte dei casi si tratta di pellicole infelici (anche per il contesto comico al quale appartengono).
E così si torna all’inizio. E’ sacrosanto che film come “Natale a Beverly Hills”, cioè esclusivamente ludici e commerciali, vengano esclusi dai finanziamenti statali e regionali o dall’etichetta di film d’interesse culturale. Ma parliamo della punta di un icerbeg. Sarebbe forse il caso di iniziare a sradicare il sistema dalle fondamenta.

Le opere prime e seconde riconosciute di interesse culturale nella delibera dell'Ottobre 2014

Le opere prime e seconde riconosciute di interesse culturale nella delibera dell’Ottobre 2014 (clicca per ingrandire)

  • lupo66

    giusto, se non c’è il BOLLINO ROSSO i finanziamenti sono uno scandalo 😉