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“I Mercenari 3”, gli Expendables di Stallone e il cinema action che resiste al declino

i_mercenari_3di Brando Improta

“Avete con voi oro o argento ?”, “No…solo piombo”. Così John Wayne rispondeva ad alcuni pistoleri che volevano rivendergli la stessa mandria che gli avevano rubato. Il film era Chisum, uno degli ultimi western di successo, prima che il genere conoscesse il suo lento declino a partire dalla prima metà degli anni Settanta.
Ma se il western in quanto genere moriva, i suoi personaggi, eroi senza macchia e senza paura dalla battuta facile almeno quanto la pistola, si sarebbero reincarnati nell’action anni Ottanta e Novanta. 
Action che in questi anni, dopo un periodo di crisi, sta conoscendo una nuova giovinezza grazie a una saga che è stata in grado di rilanciarne le icone e gli stilemi.
Si tratta della saga degli Expendables, da noi I Mercenari, di cui sta per uscire in Italia il terzo capitolo.

Fortemente voluta da Sylvester Stallone, che ne ha diretto il primo capitolo nel 2010, la serie cerca di essere il canto del cigno di un cinema fatto di spacconate, battute fulminanti, violenti corpo a corpo e stunt esagerati, radunando quante più stelle possibili di quel periodo d’oro, oggi sempre più lontano.
Ecco quindi lottare insieme sullo schermo, oltre allo stesso Stallone, personaggi del calibro di Arnold Schwarzenegger, Harrison Ford, Dolph Lundgren, Wesley Snipes, Antonio Banderas, Jet Li, Jason Statham e Kelsey Grammer contro un villain interpretato eccezionalmente da Mel Gibson.
Personaggi e non attori, tant’è che gli stessi protagonisti della vicenda filmica vivono del passato cinematrografico dei loro interpreti, più che avere caratteri sfaccettati ex-novo. Stallone è indistruttibile come Rambo, Schwarzenegger cita il Dutch di Predator, Ford lavora per la CIA come Jack Ryan e pilota elicotteri alla Han Solo, Lundgren ha la stessa freddezza di Ivan Drago e la psicopatia di Andrew Scott.
La storia, molto basilare, vede infatti il gruppo di mercenari capeggiati da Barney Ross (Stallone) e composto da Lee Christmas (Statham), Toll Road (Randy Couture), Hall Caesar (Terry Crews) e Gunnar Jansen (Dolph Lundgren) iniziare la loro avventura liberando l’ex compagno Doc (Wesley Snipes) da un treno carcerario blindato. Tutti insieme si imbarcheranno per una missione in Somalia, commissionata da Max Drummer (Ford), dove troveranno ad aspettarli Conrad Stonebanks (Gibson), un vecchio nemico che credevano di aver ucciso e che li attende per consumare la sua vendetta. 
Una festa per gli appassionati, nata come tale, e arrivata al terzo capitolo grazie al grande affetto del pubblico per questi divi (ai quali si aggiungevano, nelle pellicole precedenti, anche Bruce Willis, Chuck Norris, Mickey Rourke, Eric Roberts e Jean-Claude Van Damme), tutti ormai tra i cinquanta e i settanta anni d’età ma ancora con tanta voglia di divertirsi e divertire.
Come già John Wayne prima di loro (che non a caso Stallone cita come il suo attore preferito) che a 69 anni ancora interpretava il pistolero nell’omonimo film di Don Siegel, anche loro incarnano un cinema fatto di eroi intramontabili, che possono essere feriti, momentaneamente abbattuti, ma risorgono sempre ogni volta più combattivi che mai.

Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger

Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger

Il terzo film, già uscito nel resto del mondo, è già riuscito in dieci giorni di programmazione a recuperare il budget di 90 milioni di dollari, nonostante fosse uscito online in versione pirata ben tre settimane prima della première americana (accumulando un totale di oltre 2 milioni di download).
Così Stallone ha già promesso un quarto e, probabilmente, ultimo capitolo al quale aggiungere ancora più star dal passato glorioso; nelle ultime settimane si sono fatti i nomi di Christopher Lambert, Jackie Chan e Robert De Niro e si è parlato di una probabile ambientazione ad Hong Kong.
Non si tratta certo di film d’essai, non c’è Woody Allen in cabina di regia e la gran dose di machismo e violenza potrebbe non accontentare tutti i palati. Si tratta di film indirizzati a un pubblico ben preciso, nato o cresciuto all’ombra dei vari Rocky o Terminator, che fin da ragazzino sognava di poter vedere un giorno tutti gli eroi della sua infanzia in un unico film. E l’avverarsi di quel sogno, oltre a un’ottima conoscenza delle coreografie e della costruzione di epiche scene d’azione, basta a quel pubblico scelto che, pur avendo dato una sbirciatina alla versione pirata del film, non potrà fare a meno di tornare a goderselo in sala. I mercenari è anche questo: un film da godere al buio di una sala cinematografica, in compagnia degli amici e di un pubblico rumoroso ed emozionato per ogni battuta o battibecco che i suoi idoli possono inscenare.

L’uscita del primo film della serie ha anche ridato fiato alle carriere singole dei suoi protagonisti, generando pellicole dall’impensabile risultato al botteghino: Stallone e Schwarzenegger hanno duettato in Escape Plan realizzando quasi 140 milioni d’incasso complessivo; Bruce Willis ha sfornato in rapida successione Looper, Die Hard 5 e G.I. Joe – La vendetta, tutti ottimi successi commerciali; Jason Statham è stato reclutato tra le file del cast di Fast & Furious per un sesto capitolo che ha incassato oltre 800 milioni ed un settimo di prossima uscita. Ancora per i prossimi due anni sono previsti i ritorni di storici franchise come Rambo, Indiana Jones e Terminator.
Sono gli ultimi fuochi di una generazione d’eroi che, una volta scomparsi, non lasceranno probabilmente nessun erede, vista la quasi totale mancanza di pellicole di questo tipo con attori under 40. L’epoca attuale, infatti, sembra essere sempre più abituata a lustrarsi gli occhi con action-videogame, con supereroi per protagonisti, infarciti di effetti digitali e per nulla realistici negli stunt, quasi sempre realizzati al computer.
Film che spesso avallano una visione distorta e nociva della violenza, vista la totale mancanza di sangue nelle scene cruente (per evitare di incorrere in divieti di censura e assottigliare il pubblico pagante). Ma la mancanza di sangue in film comunque abbondanti di morti, sparatorie e crudeltà varie, potrebbe quasi far credere che la violenza sia un gioco dove nessuno si fa male, un gioco in cui sfuma la divisione netta tra buoni e cattivi e in cui la giustizia non sempre trionfa.
Ed è in questo stato delle cose che giungono gli eroi cinematografici de I Mercenari. Eroi che hanno visto sempre trionfare la bontà e la giustizia alla fine delle loro missioni e che ora si stanno riunendo, con tantissima allegria e insieme professionalità, per gli ultimi fuochi.
Un ultimo urrà che contrappone tutti i miti di un glorioso passato (e ne evoca di ancora più antichi) nel nome dello spettacolo puro, delle emozioni violente e della battuta liberatoria.
Un’auto-celebrazione, certo. Ma anche uno straordinario modo di dire grazie a più generazioni di spettatori.