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Cronologia eventi Rivoluzione Ucraina

Euromaidan

Euromaidan

a cura di Stefano Santos

  • 21 Novembre – Viktor Janukovyč sospende con decreto i preparativi per la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea:
    • Convergenza delle regolamentazioni e della normativa con quelli dell’Unione Europea; adeguamento ai standard tecnici e sul trattamento dei consumatori
    • Supporto finanziario, accesso alla ricerca e alla tecnologia, accesso preferenziale ai mercati dell’Unione Europea e accesso alla Banca d’Investimento Europea
      • Risultato: Aumento dei legami con l’Unione Europea
    • Questioni e problemi preesistenti:
      • Prigionia dell’ex primo ministro Tymošenko criticata dall’Europa
        • Trattamento medico all’estero richiesto per la prosecuzione delle trattative
      • Coesistenza con l’Unione Doganale Euroasiatica (composta ad oggi dalla Russia, Bielorussia e Kazakhstan)
        • Barroso: non può essere possibile che un paese mantenga accordi di libero scambio con uno e nello stesso tempo abbia accordi doganali con un altro
        • Pressioni russe perché l’Ucraina rimanga nella sfera delle ex repubbliche sovietiche
      • Soluzione di Janukovyč quella di sospendere i preparativi e di proporre la creazione di una Commissione Commerciale Trilaterale Ucraina-Russia-Ue che possa dirimere la controversia.
        • Nello stesso giorno, alla Rada non passano le 6 mozioni riguardo il trattamento medico della Tymoš
  • Immediatamente le forze politiche all’opposizione si mobilitano ricevuta la notizia della sospensione dei preparativi. Arseniy Jacenjuk attraverso un tweet chiama gli ucraini a protestare a Piazza Indipendenza a Kyiv (Majdan Nezaležnosti), tradizionale punto di partenza delle grandi proteste popolari del paese (da Ucraina senza Kučma! del 2000 alla Rivoluzione Arancione del 2004). Nella sera del 22 Novembre si contano duemila manifestanti alla piazza.
  • La mobilitazione cresce nel numero a partire dal 24 Novembre, quando si contano dalle cinquantamila alle duecentomila persone manifestare in piazza, sventolando bandiere dell’Ucraina e dell’Unione Europea, cantando l’inno nazionale ucraino e scandendo slogan del registro “l’Ucraina è Europa”. Gas lacrimogeno viene impiegato dalla polizia per disperdere un gruppo di manifestanti che tentano di raggiungere il Palazzo del Governo.
  • 25 Novembre – Julija Tymošenko inizia dal carcere uno sciopero della fame in protesta della riluttanza di Janukovyč di firmare l’accordo comprensivo sull’area di libero scambio.
  • 26 Novembre – Il Primo Ministro Mykola Azarov, nel tentativo di calmare le proteste, assicura che il processo sull’accordo di associazione non si è fermato e neanche il lavoro di convergenza verso gli standard normativi dell’Unione Europea
    • La città di Kyiv installa a Majdan Nezaležnosti una tenda riscaldata per la distribuzione di bevande calde e sandwich ai manifestanti e ai duemila studenti che si sono raccolti.
    • La parlamentare lituana Loreta Graužiniene e il membro del Sejm polacco Marcin Swieciciki si rivolgono ai manifestanti.
Caduta della Statua di Lenin

Caduta della Statua di Lenin

  • 27 Novembre – Viene riportato che il Politecnico di Kharkiv, assieme ad altre università del paese, abbia adottato politiche minacciose, verso quegli studenti che supportino in concreto o attraverso i social network le proteste Pro-UE a Kyiv. Per chi viene accusato di aver partecipato in prima persona al Majdan si arriva fino all’espulsione dall’università.
  • 29 Novembre – Viktor Janukovyč non firma l’accordo di associazione al terzo summit del Partenariato Orientale (a cui hanno partecipato paesi come l’Armenia, l’Azerbaijan, la Bielorussia, la Georgia e la Moldavia), lamentando “grosse difficoltà” con la Russia, con cui è rimasto “da solo per tre anni e mezzo a condizioni molto inique”.
    • La protesta a Kyiv cresce alla diffusione della notizia. Vengono diffusi report di catene umane nella capitale ucraina e ai Lviv a simboleggiare il legame dell’Unione Europea con l’Ucraina, financo al confine con la Polonia.
  • 30 Novembre – Durante la notte le forze speciali Berkut caricano facendo disperdere i manifestanti dal Majdan, mentre la comunicazione cellulare viene soppressa temporaneamente – come risultato 35 persone vengono ferite, tra cui un cameraman e un fotografo Reuters, Gleb Garanich. In seguito viene assediato il Monastero di San Michele dalle Cupole d’Oro, scelto dai manifestanti in rotta come luogo in cui riparare.
    • Sia il presidente Janukovyč che il ministro degli interni Vitalij Zacharčenko condannano le violenze di Berkut, promettendo investigazioni sulle brutalità commesse dalle forze speciali.
Novembre 2013. Scontri tra manifestanti e polizia.

Novembre 2013. Scontri tra manifestanti e polizia.

  • 1° Dicembre – La corte distrettuale amministrativa di Kyiv vieta ulteriori manifestazioni nell’area intorno a Majdan Nezaležnosti, quella davanti all’Amministrazione Presidenziale e quella davanti agli edifici del Ministero degli Interni.
    • Con l’obiettivo di aggirare i divieti imposti dall’autorità giudiziaria, vengono organizzate marce a partire da Piazza San Michele verso il Majdan. La partecipazione è cospicua: secondo Baktivščina, il partito di Julija Tymošenko, a partecipare sono oltre cinquecentomila persone; secondo Petro Porošenko, leader di Solidarietà, sono la metà.
      • Il tutto è una risposta alle vituperate violenze del giorno precedente.
    • Sale la tensione quando un gruppo di manifestanti prendono il controllo di un bulldozer e tentano di abbattere i recinti che circondano l’amministrazione presidenziale. L’AFP riporta che la polizia ha usato granate stordenti e gas fumogeni contro i manifestanti che a loro volta lanciavano pietre e molotov. La violenza viene attribuita dall’opposizione a dei provocatori, mischiati tra pacifici manifestanti. Viene occupato il Municipio di Kiev e il Palazzo dei Sindacati. Un folla attacca una pattuglia di agenti Berkut che fanno la guardia a una statuta di Lenin nel centro di Kyiv.
    • Diverse le dichiarazioni dei leader delle proteste:
      • Vitalij Klyčko rimarca il carattere pacifico della protesta e invita alle dimissioni Janukovyc.
      • Oleh Tyahnybok (Svoboda) e Jurij Lucenko (Patria) parlano entrambi di Rivoluzione.
  • 3 Dicembre – Non passa il voto di sfiducia al Governo del Primo Ministro Mykola Azarov: 186 voti favorevoli non sono sufficienti per la caduta dell’esecutivo. Necessaria la maggioranza assoluta, cioè 225+1 membri del parlamento ucraino.
  • 6 Dicembre – Si tiene a Soči un meeting informale tra Vladimir Putin e Viktor Janukovyč, per discutere sui campi dello spazio e della aeronautica e di dispute commerciali.
    • Edward Lucas del The Economist riporta, citando fonti interne, che accanto ai temi ufficiali siano stati discussi aiuti economici sostanziosi e il prezzo del gas russo in cambio della stipulazione a partecipare all’Unione Doganale Euroasiatica
    • Dopo iniziali smentite del governo russo, il portavoce del Cremlino Dmitrij Peškov conferma la discussione di crediti e aiuti all’Ucraina.
  • 8 Dicembre – Viene abbattuta la statua di Lenin prima sorvegliata dagli agenti Berkut, in via Chreščatyk, all’incrocio con viale Ševč
    • Il partito politico di estrema destra Svoboda rivendica l’azione, con la presenza dei parlamentare Ihor Mirosničenko e altri tra la folla durante il gesto. Sui resti della statua divelta viene affissa la bandiera rosso-nera.
      • Simbolo dell’Esercito Insurrezionale Ucraino, formazione militare nazionalista operante durante la Seconda Guerra Mondiale, che nelle prime fasi dell’Operazione Barbarossa collaborò con i Nazisti visti come liberatori salvo poi scoprirne le vere intenzioni. In seguito alla controffensiva sovietica, volse la propria azione di guerriglia contro i Sovietici. La questione sulla loro collocazione storiografica è molto vissuta nel dibattito politico ucraino.
11 Dicembre. Catherine Ashton a Kiev

11 Dicembre. Catherine Ashton a Kiev

  • 11 Dicembre – Attacco coordinato di migliaia di agenti Berkut contro le barricate erette a Majdan Nezaležnosti a Kyiv, in una notte tra le più fredde dell’anno (-13°C), dopo l’una. Impiegati municipali usano motoseghe e bulldozer per sgomberare le barriere e tagliare i fili spinati. La piazza viene liberata anche dalle tende, ma il municipio rimane in mano ai manifestanti.
    • La coincidenza con la visita dell’alto rappresentente per la politica estera europea Catherine Ashton fa sospettare molti, primo tra tutti il leader di UDAR Vitalij Klyčko, che lo sgombero forzato del Majdan sia stata una mossa per rendere più presentabile la situazione alla funzionaria europea. Una mossa che ha bollato come ‘stupida’.
  • 17 Dicembre – Janukovyč vola a Mosca con un aereo privato del magnate dell’acciaio e oligarca Rinat Akhmetov per siglare un Piano di Azione con il Presidente russo Putin.
    • L’accordo, non soggetto ad alcuna condizione secondo il portavoce di Putin Dmitrij Peškov, prevede:
      • Che la Russia si impegna ad acquistare 15 miliardi di dollari di Eurobond ucraini attraverso il Fondo statale per la ricchezza nazionale, a condizioni da disciplinare in seguito.
      • Un taglio del costo del gas – da 400 dollari per mille metri cubi a 268 dollari. Una stipulazione soggetta a una revisione trimestrale e con il diritto della Russia a rescindere dal contratto.
      • La concessione della penisola di Kerč alla Marina russa, che acquisisce così un porto fondamentale da cui proiettarsi per i propri interessi sul Mar Nero e sul Mediterraneo.
    • Il Primo Ministro Mykola Azarov parla di un rischio di bancarotta e collasso sociale senza il Trattato – inserito un contesto di preesistenti difficoltà economiche che hanno reso più difficoltoso il processo di adeguamento delle finanze ai criteri del Fondo Monetario Internazionale, gettando i presupposti dell’interruzione del processo di integrazione europea.
      • Il 23 Dicembre il Ministro delle Finanze russo Siluanov richiede il pagamento del prestito.
      • Il Primo Ministro Medvedev riporta che l’insolvenza ucraina rimane anche con il prezzo più basso fissato dagli accordi.
      • Con la caduta di Janukovyč il 23 Febbraio, viene interrotto l’acquisto russo di eurobond ucraini. Il 1° Aprile Gazprom interrompe lo sconto sul gas, denunciando che il debito sia salito a 1,7 miliardi di dollari dal 2013.
    • Le opposizioni annunciano che le proteste non si interromperanno. Se necessario, saranno prolungate fino all’anno nuovo o fino al Natale ortodosso (che ricorre il 7 Gennaio.
  • 25 Dicembre – Nei pressi dell’Aeroporto Internazionale di Boryspil viene pestata la giornalista investigativa dell’Ukrayinska Pravda e volto di primo piano delle proteste di Euromajdan Tetiana Chornovil.
    1° Gennaio 2014. Marcia in supporto di Stepan Bandera.

    1° Gennaio 2014. Marcia in supporto di Stepan Bandera.

  • 1° Gennaio 2014 – Quindicimila persone sfilano in occasione dei centocinque anni dalla nascita di Stepan Bandera, nazionalista ucraino leader del movimento insurrezionalista UPA durante la Seconda Guerra Mondiale.

    • Internato in un campo di concentramento nazista fino al 1944, fu poi liberato nella speranza di contribuire al contrasto della controffensiva sovietica. A questo scopo gli fu concesso ogni tipo di supporto e dei quartieri generali da Berlino da cui organizzare la lotta anti-sovietica. Dopo la guerra e la sconfitta nazista rimase in Germania. Fu ucciso nel 1959 a Monaco di Baviera dall’agente del KGB Bohdan Stašins’kij.
  • 3 Gennaio – Il deputato di Svoboda Andriy Illenko e il suo avvocato vengono pestati in una stazione di polizia a Kyiv.
  • 16 Gennaio – In una giornata che poi verrà etichettata come il Giovedì Nero, vengono approvate leggi tendenti a restringere la libertà di parola e assemblea, definite dalla stampa internazionale come ‘draconiane’ e dall’opposizione come ‘dittatoriali’.
    • Vengono commesse diverse violazioni procedurali durante l’approvazione, condotta in modo sbrigativo dai deputati del parlamento. La più evidente violazione è rinvenuta nell’uso del metodo dell’alzata di mani, autorizzata solo quando non sia possibile ricorrere al voto elettronico o al voto palese tramite sfilata dei deputati. Mani che poi sono state contate “in pochi secondi” senza che l’attività di una commissione parlamentare potesse mediare nella discussione delle norme.
    • Tra le disposizioni approvate:
      • Criminalizzazione delle cosiddette ‘attività estremiste’
      • Semplificazione del processo di rimozione dell’immunità parlamentare
      • Amnistie a favore delle forze di polizia che commisero crimini contro i manifestanti
      • Introdotta la possibilità di procedere in absentia dell’imputato
      • Pene per il blocco all’acceso di palazzi residenziali; contro i cortei di macchine che causino ingorghi stradali (puniti con il ritiro della patente e la confisca dell’auto)
      • 2 anni di prigione per chi raccolga e diffonda informazioni su agenti Berkut, giudici e le rispettive famiglie – norme simili sulla diffamazione
      • 15 giorni di prigione per chi installa tende, palchi e impianti sonori non autorizzati e per chi nasconde il proprio volto con qualsiasi mezzo durante manifestazioni pacifiche – che comunque devono essere autorizzate dalle autorità giudiziarie
      • Le NGO che accettano fondi stranieri devono registrarsi come ‘agenti stranieri’, oltre a essere soggette a serrati controlli e a misure fiscali aggiuntive
      • Censura governativa della Rete
      • Autorizzazioni obbligatorie per i provider di internet
    • Nell’annunciare le elezioni parlamentari a Ottobre, l’obiettivo di Porošenko sarà quello di ‘purificare’ il parlamento da chi supportò le ‘leggi dittatoriali’ che tolsero le vite dei ‘Cento Celesti’ (i manifestanti che morirono durante la Rivoluzione Ucraina).
  • 19 Gennaio – In risposta alla promulgazione delle leggi dittatoriali vengono segnalate rivolte a via Hruševskoho, davanti allo Stadio della Dinamo Kyiv.
    • Vengono lanciati diversi appelli delle opposizioni ai militari perché facciano una solenne dichiarazione di fedeltà al popolo ucraino piuttosto che a un ‘regime dittatoriale’
    • Per chi fosse stato licenziato per aver rifiutato ordini a commettere violenze viene promessa la reintegrazione dopo la costituzione del nuovo governo.
    • Viene incendiata l’intera linea di vetture delle forze di polizia davanti allo Stadio.
  • 21 Gennaio – In due diversi comunicati, Janukovyč e Zacharčenko danno l’autorizzazione alle forze di polizia di usare la forza fisica, congegni speciali e armi da fuoco per sedare le manifestazioni.
    • I manifestanti ricevono un SMS che li avvertono di essere stati registrati come partecipanti in disordini di massa. I provider telefonici negano il loro coinvolgimento nei fatti, sostenendo un’intrusione governativa nella rete cellulare.
    • Impiego di centinaia di Tituški – energumeni spesso impiegati in sostituzione delle forze di polizia – assunti per vandalizzare la città.
    18 Febbraio. Scontri violenti con la polizia

    18 Febbraio. Scontri violenti con la polizia.

  • 22 Gennaio – Nell’escalation di violenza, quattro manifestanti vengono uccisi con armi da fuoco. Viene autorizzato il blocco delle strade per impedirne l’accesso e l’uso degli idranti a prescindere dalla temperatura (-10°C in media)

    • Diverse segnalazioni di uso di proiettili regolari e di gomma e molotov contro giornalisti e cameramen.
  • 23 Gennaio – Testimonianze di casi di sadismo e brutalità tra le forze di polizia – un manifestante viene costretto a spogliarsi, venendo poi pestato e fotografato dagli agenti, in un episodo condannato dal Ministero dell’Interno.
    • Incontri tra Janukovyč, Klyčko e Tyahnybok per discutere di una tregua col governo.
  • 28 Gennaio – Mykola Azarov si dimette da Primo Ministro prima di un voto di fiducia che avrebbe potuto privare dei potere. In un tentativo di calmare gli animi, la Rada approva l’abrogazione di gran parte delle norme ‘dittatoriali, assieme ad altre concessioni da parte del Presidente Janukovyč, tra cui l’amnistia per i manifestanti arrestati e una commissione incaricata di revisionare la Costituzione in modo da assegnare poteri minori al presidente.
  • 6 Febbraio – Una bomba esplode al Palazzo dei Sindacati a Kyiv, nella sede di Praviy Sektor al sesto piano dell’edificio. L’esplosivo, contenuto in un pacco etichettato come ‘medicina’, ferisce due attivisti provenienti da Lviv: il ventenne Roman Džvinivskij e il sedicenne Nazar Deržilo, che perde un occhio.
    • La prima vittime riferisce di un uomo ucraino dall’accento russo che gli dà il pacco con l’esplosivo, complimentandosi con lui per il suo eroismo.
      • Zacharčenko riporta che la bomba sia esplosa durante la sua fabbricazione.
      • La deputata di ‘Patria’ Olesya Orobets riferisce invece che per l’entità dell’esplosione l’ordigno non sia di fattura artigianale, piuttosto sia proveniente da un arsenale militare. Denuncia poi come l’episodio sia stato costruito per dipingere Praviy Sektor come un’organizzazione terroristica.
  • 14-16 Febbraio – In accordo con la legge sull’amnistia (prevista per i manifestanti arrestati tra il 27 Dicembre 2013 e il 2 Febbraio 2014), Praviy Sektor accetta prima di ripristinare il traffico a via Hrusevskoho (epicentro della rivolta contro le leggi anti-protesta) e poi di liberare gli edifici amministrativi occupati.
    • Annuncio interno di preparsi per una ‘offensiva di pace’ il 18 Febbraio.
    22 Febbraio. Tymoshenko parla alla folla dopo la liberazione.

    22 Febbraio. Tymoshenko parla alla folla dopo la liberazione.

  • 18 Febbraio – Marcia di duemila manifestanti verso la Verchovna Rada con la richiesta di ripristinare la Costituzione del 2004 e un cambio di governo.

    • La modifica del 2004, concepita nei giorni turbolenti della Rivoluzione Arancione, esautorò il Presidente di diversi poteri, tra cui quello di nominare il Primo Ministro in favore del Parlamento, potendo solo nominare il Ministro della Difesa e quello degli Esteri; quello di rimuovere i membri del Gabinetto di Governo; il Presidente acquisì nel frattempo il potere di sciogliere il parlamento e di indire nuove elezioni parlamentari se questi non fosse riuscito a nominare un nuovo primo ministro. Con l’avvento di Janukovyč, essa fu dichiarata, in una decisione controversa, incostituzionale. La manifestazione ha la sua origine nella perdurante situazione di stasi del Presidente sulla formazione di un governo di tecnici oppure nella modifica in peius delle sue prerogative presidenziali.
    • Vengono segnalate diverse istanze in cui le forze di polizia fanno uso di lacrimogeni e di granate stordenti ‘adulterate’ con schegge di metallo che feriscono e in alcuni casi ‘smembrano’ i corpi dei manifestanti che vengono coinvolti dalle esplosioni.
    • Nel crescere della violenza, gruppi di manifestanti assaltano la sede del Partito delle Regioni – la formazione politica di cui è leader Viktor Janukovyč – la saccheggiano e poi la danno alle fiamme. Anche la Verchovna Rada viene circondata dai manifestanti nel tentativo di assaltarla.
    • I servizi di sicurezza riportano di “estremisti che stanno uccidendo innocenti nelle strade della capitale, bruciando macchine e edifici”. E a meno che i disordini non cessino, “dovremo ripristinare l’ordine con ogni mezzo previsto dalla legge”.
      • Il ministero degli Interni avvisa le donne e i bambini di lasciare Majdan Nezaležnosti
    • L’assalto delle forze di sicurezza parte alle ore 20, con armi da fuoco, idranti e una stazione mobile corazzata – la tendopoli viene incendiata.
  • La giornata del 18 Febbraio, con il suo bilancio finale di 26 morti tra i manifestanti e tra le forze di polizia, verrà ricordata come la più sanguinosa da quando il paese si è separato dall’Unione Sovietica. Da parte di tutte le forze politiche in campo, la percezione è quella di una tragedia nazionale. Il lutto nazionale sarà proclamato per il 20 Febbraio.
    • Nella tarda serata, verso le 23, un incontro d’emergenza tra Janukovyč e Klyčko non ha alcun esito.
  • 19 Febbraio – Il dislocamento di checkpoint della polizia a presidio di vie d’accesso strategiche, il blocco dei trasporti pubblici – in particolare quello della metropolitana di Kyiv – e la chiusura delle scuole, fanno pensare all’implementazione di uno stato di emergenza nazionale, confermato anche da un membro del parlamento.
  • 21 Febbraio – Citando la propria salute cagionevole, si dimette il Presidente della Verchovna Rada Volodymyr Rybak.
    • Nel frattempo, si rendono irreperibili molti ministri del Gabinetto di Governo, il presidente Janukovyč (viene segnalato che sia volato a Kharkiv) e il ministro degli interni Zacharčenko (fuggito in Russia).
    • Oleksander Turčynov – compagno politico di Julija Tymošenko – viene eletto all’unanimità Presidente del Parlamento Ucraino e Primo Ministro ad interim da un Parlamento rimasto l’”ultimo organo legittimo rimasto” dopo la fuga dell’esecutivo.
  • Viktor Janukovyč viene cacciato con voto favorevole di 328 su 447 membri del parlamento con l’accusa di essersi sotratto ai doveri in maniera incostituzionale per circostanze di estrema urgenza.
    • La grande rapidità con cui il provvedimento viene adottato fa sì che non vengano rispettate le procedure previste per la messa in stato di accusa del presidente, come un esame preliminare del caso da parte della Corte Costituzionale e il voto di almeno ¾ del parlamento – il che avrebbe richiesto il voto di almeno 338 deputati, dieci in più rispetto a quelli riportati.
    • L’ormai ex-presidente viene disconosciuto dal suo Partito delle Regioni, che esprime una ferma condanna verso gli ordini criminali che hanno portato a vittime, casse statali vuote, un debito gigantesco, vergogna agli occhi del Popolo ucraino e del mondo intero.
    • Lo stesso provvedimento prevede anche la fissazione di elezioni presidenziali anticipate per il 25 maggio.
  • Il Procuratore Generale dello Stato Viktor Pšonka e il Ministro delle Finanze Oleksandr Klymenko vengono fermati al confine russo. Janukovyč e Zacharčenko vengono entrambi fermati separatamente mentre cercano di scappare via aereo da Donec’k.
    SMS ai manifestanti che avverte loro di essere stati schedati

    SMS ai manifestanti che avverte loro di essere stati schedati

  • 22 Febbraio – Julija Tymošenko viene rilasciata della prigione. Nella sera tiene un discorso davanti ai manifestanti del Majdan. Da quel giorno è ricoverata in Germania per la cura di un disturbo ai dischi intervertebrali che l’ha costretta alla sedia a rotelle.
  • 23 Febbraio – Oleh Ljaško riporta di avvistamenti di Janukovyč a Sebastopoli in procinto di riparare in Russia a bordo di una nave militare russa.
    • Il Presidente, il Ministro degli Interni, il capo dell’Amministrazione Presidenziale Andriy Kljuev, il capo dell’SBU (il Servizio di Sicurezza ucraino) Oleksandr Jakymenko, il capo delle truppe del Ministero degli Interni Stanislav Šuliak vengono dichiarati ricercati internazionali per le uccisioni dei dimostranti di Euromajdan.
    • Vengono rimossi il ministro degli esteri Leonid Kožara, quello della salute Raisa Bogatyrova, dell’educazione Dmytro Tabač Viene nazionalizzata la residenza di Janukovyc Mežyhirya.
  • 24 Febbraio – Rimossi Natalia Korolevska (ministro alle Politiche Sociali), Leonid Novočatko (alla Cultura), Ihor Sorkin presidente della Banca Nazionale sostituito da Stepan Kubin. Nominato Valentyn Nalyvačenko a capo dell’SBU.
    • Oleksandr Efremov dichiara il passaggio del Partito delle Regioni all’Opposizione – 27 deputati lasciano il partito.
  • 25 Febbario – Il nuovo ministro degli interni Arsen Avakov dissolve il Berkut con il decreto 114. La denominazione ‘Berkut’ rimarrà all’unità della Crimea annessa alla Russia e assorbita nel Ministro degli Interni russo.
  • 27 Febbraio – Una coalizione formata da Batkivščina, UDAR, Svoboda, Sviluppo Economico (formato dai fuoriusciti del Partito delle Regioni), Ucraina Europea Sovrana e deputati indipendenti vota con 371 voti il nuovo governo Jacenjuk.
    • 24 Luglio – A seguito dell’uscita di UDAR e Svoboda dalla coalizione al fine di facilitare l’indizione di nuove elezioni parlamentari. Arsen Jacenjuk annuncia le proprie dimissioni, rifiutate il seguente 31 Luglio dalla Rada con solo 16 voti a favore.